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La FIAT stacca dividendi a se stessa e mette in ginocchio gli operai

di Giovanni Petrosillo - 23/02/2010

 

Nessun pudore in casa Fiat, nemmeno in una fase critica come questa con le vendite a picco e con le drammatiche previsioni per prossimi mesi che non lasciano grandi speranze di recupero: la contrazione dei mercati sarà generale e si andrà dal -5% della Germania al -10% della Francia.

La situazione di debacle economica ha “costretto” il gruppo di Torino a ricorrere alla Cig per due settimane in tutti i suoi impianti italiani ma non a rinunciare ad elargire il divedendo ai suoi azionisti.

Così mentre per 14 giorni gli operai di Mirafiori, Termini, Sevel, Melfi Cassino e Pomigliano dovranno restare a casa al fine di garantire al Lingotto il riallineamento della produzione alla domanda effettiva (si parla di un calo del 50% nell’ultimo trimestre), il Consiglio di Amministrazione dell’Azienda ha deciso lo stacco di cedole agli azionisti (che poi sono sempre loro, la Ifil da sola detiene infatti il 30,5% delle stesse) per un totale di 244 mln di euro.

Un ennesimo schiaffone in faccia ad un Paese che si dimena sotto i colpi della crisi sistemica globale e che vede addensarsi nubi plumbee all’orizzonte senza accenni di diradamento.

Per Marchionne si è trattato di un dovere verso gli investitori che hanno continuato a credere nella casa automobilistica. Al contempo però a Torino non ritengono di avere obblighi anche verso il resto dell’Italia dove fermano 30 mila lavoratori e altrettante famiglie che subiranno una riduzione di stipendio in una congiuntura già di per sé deprimente.

Eppure, nel resto d’ Europa i vincoli nei confronti degli azionisti possono essere momentaneamente derubricati e rimandati a tempi migliori. E’ quanto sta accadendo alla tedesca Daimler, la compagnia che produce la Mercedes, come riporta Massimo Giannini su Repubblica, dove si è stabilito di procrastinare il taglio delle cedole per raccogliere le forze ed approntare un “piano di guerra” per l’anno in corso.

Questi segnali di arroganza e di egoismo di Fiat rafforzano la convinzione degli italiani e del governo che bene si è fatto ad eliminare gli incentivi per l’automotive nel 2010. Torino continua ad agire come se il Paese che gli dà ospitalità non esistesse, in barba a qualsiasi funzione sociale che un’impresa come quella guidata da Marchionne dovrebbe comunque assolvere.

Ma l’Ad italo – canadese dopo essersi raddoppiato la premialità in stock option, altro atto di sfrontatezza gratuita, ha cominciato pure a fare politica e a mandare messaggi d’amore Oltreatlantico. Quella è la sua nuova patria perché e lì che origina la sua forza, grazie agli appoggi della Pelosi e di tutto l’establishment statunitense. "Non saremmo qui se lei [la Pelosi] e il Congresso non avessero deciso di appoggiare la nostra proposta. È stata una decisione decisamente coraggiosa da parte loro". Ma il coraggio è tutto di Marchionne perchè ci vuole davvero una gran bella faccia tosta per fare simili dichiarazioni.

Come ha scritto giustamente La Grassa in un precedente intervento, se la Fiat non fungesse da quinta colonna americana in Europa e in Italia sarebbe già fallita. Finché però quest’ultima rientrerà nei piani statunitensi saremo costretti a tenerla d’occhio e a guardarci le spalle. State certi che tenterà, appena ne avrà l'occasione, di sferrare ancora qualche pugnalata improvvisa alla nazione. In nome del mercato e della patria...americana