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Possono darsi delle verità così tremende che nessuna voce umana riuscirebbe a pronunziarle

di Francesco Lamendola - 28/02/2010

 

 

Che cosa succede se una verità è talmente terribile che nessuno la potrebbe mai credere, perché crederla vorrebbe dire dover modificare per sempre, e tragicamente in peggio, la propria immagine dell’uomo, non solo, ma anche quella della giustizia morale?
È noto che i dirigenti nazisti che si resero responsabili della “soluzione finale” del problema ebraico, durante la seconda guerra mondiale, erano fermamente convinti che l’enormità stessa del loro crimine lo avrebbe reso incredibile negli anni a venire. E pare che lo stesso Hitler, anche se non è provato, abbia citato il genocidio degli Armeni, perpetrato dai Turchi durante il precedente conflitto mondiale, come esempio di un crimine talmente grande, che finisce per essere ignorato o, comunque, per venire dimenticato in fretta.
Ma che cosa succederebbe se esistesse una verità ancora più terribile della Shoah; se esistesse una verità tuttora nascosta, al cui confronto persino il crimine dei nazisti finirebbe per impallidire e, in un certo senso, apparirebbe più “comprensibile”, e sia pure nella sua logica aberrante, mostruosa e sanguinaria?
Un uomo che venga aggredito, legato, torturato e ucciso, desta pietà e il suo dramma suscita un profondo orrore per l’assassino. Ma che cosa penseremmo, che cosa proveremmo, se un insieme di circostanze ci portasse a sospettare che quel delitto è stato pensato, voluto, perseguito e, da ultimo, ampiamente sfruttato, dal fratello o dal padre della vittima? Tutto il nostro essere si ribellerebbe a una simile eventualità; la sola idea ci provocherebbe un tale ribrezzo, un tale disgusto, da apparirci assolutamente inaccettabile, anche se, in altri casi, avremmo giudicato sufficiente un numero di indizi assai minore, per credervi.
Nel suo romanzo storico «Il “Largo” di Haendel», il generale cosacco P. N. Krasnov, del quale ci siamo altra volta occupati (cfr. «Esistono avventure sbagliate dell’ideale? Il caso di Pëtr Nicolaević Krasnov» (consultabile sempre sul sito di Arianna Editrice), parlando dei “pogrom” che avevano luogo in Russia nei primi anni del Novecento, a un certo punto fa svolgere ad uno dei suoi personaggi questa riflessione (Firenze, Adriano Salani Editore, 1932, p. 67-68):

«… A chi giovano i “pogrom”? Forse al’Imperatore, allo Stato? Per carità. Chi soffre sono dei poveri ebrei miserabili, che non fanno del male a nessuno. Ma osservi questa circostanza, zio: dei ricchi banchieri ebrei si rivolgono alle autorità e dicono: - Proteggeteci, perché ci sarà un “pogrom”! - Loro lo sanno sempre prima. I “pogrom” tornano a vantaggio degli stessi ebrei, della stessa classe intellettuale, che combatte “l’odioso zarismo”. “Pogrom”: a che cosa si riduce in fin dei conti? A una diecina d’insegne strappate, a qualche botteguccia fracassata, e che scandalo nasce poi in tutto il mondo! Guardate che cosa si fa sotto il regime zarista! E il capitalismo ebraico internazionale brontola: - Non daremo più denaro alla Russia, finché durerà la tirannia degli zar! - Pensi a quel che fece il capo della massoneria internazionale Sciff durante la guerra russo giapponese.
- Ma tu consideri gli ebrei onnipotenti?
-  No, ma ritengo fiacco e impotente il popolo russo. La Santa Russia! Ma dov’è la Santa Russia? […] Dov’è la sua profonda fede?  Dov’è la sua carità, la sua preghiera verso Dio? La sua fede si è raffreddata. Il popolo si avvia rapidamente alla china del materialismo. I martiri non lo toccano. Un popolo così decaduto si può aizzare ai  “pogrom”, si può spingere al suicidio, alla rivoluzione. Ma ad un gesto eroico? Mai! -»

E nel suo libro «… e la verità vi renderà liberi» (titolo originale: «… and the truth shall set you free»; traduzione italiana di Ilaria Piccioli, Macro Edizioni, 2001, pp. 149-150), così scrive il controverso saggista inglese David Icke:

«Credo fermamente che una piccola cricca di Ebrei che nutre profondo disprezzo per la massa del popolo ebreo abbia collaborato con non-Ebrei per far scoppiare la prima guerra mondiale, la rivoluzione russa e la seconda guerra mondiale. L’Élite ebrea/non ebrea ha sfruttato la prima guerra mondiale per far accettare la dichiarazione Balfour e il principio dello Stato ebraico in Palestina (per il quale, dato l’albero genealogico della maggior parte degli appartenenti al popolo ebraico, non esiste alcuna giustificazione storica).  Ha poi dominato la conferenza di pace di Versailles, creando le circostanze che avrebbero reso inevitabile la seconda guerra mondiale.  Ha finanziato l’ascesa al potere di Hitler nel 1933 e gli ha fornito i mezzi finanziari necessari al suo riarmo. Suoi rappresentanti in altre nazioni hanno manipolato i vari governi per permettere a Hitler e ai nazisti di invadere i paesi circostanti  e aumentare il loro potere e potenziale militare, accaparrandosi le risorse di quei paesi. Ha fatto credere a Hitler di potersi espandere senza problemi in tutta l’Europa continentale, ma poi a un certo momento prefissato, l’atteggiamento della Gran Bretagna è cambiato drammaticamente ed egli si è ritrovato in una guerra che non poteva vincere, specialmente dopo che Roosevelt aveva trascinato il popolo americano, tramite Pearl Harbor, in un conflitto in cui aveva promesso che on sarebbe mai stato coinvolto.
Nel frattempo, a quegli Ebrei tedeschi che furono membri che furono membri o collaboratori di questa minuscola Élite ebrea/non ebrea fu concesso di lasciare le terre occupate dai nazisti di scappare negli USA, in altri paesi sicuri e in Palestina per iniziare quello pera che sarebbe culminata, dopo la guerra, nella creazione di Israele. Queste persone on erano quelle  che dovevano soffrire così terribilmente sotto il regime di Hitler. Tutt’altro. Erano quelli che avrebbero usato e sfruttato le sofferenze di chi si erano lasciati dietro.  Una volta che questa élite di privilegiati, come il banchiere Max Warburg, ebbe lasciato la Germania, gli uomini, le donne e i bambini ebrei ritenuti spendibili nel perseguimento di un più ampio scopo furono abbandonati al loro destino. Quel destino fu sancito quando Alfred Rosenberg , pur con le sue origini ebree, procurò a Hitler una copia dei “Protocolli dei dotti antenati di Sion”.
Perciò, che cosa poté spingere questa cricca  di manipolatori ebrei a trattenere i loro fratelli ebrei  in un modo tanto disumano?  Semplicemente, i manipolatori non sono veramente ebrei, come sottolinea il rabbino Marvin S. Antelman  nel suo libro del 1974, “To eliminate  the “Opiate”. Antelman, che ebbe diciassette membri della sua famiglia tra le vittime dei nazisti, afferma che questa cricca non vuole promuovere il giudaismo,  vuole distruggerlo, come vuole distruggere tutte le alternative al proprio oggetto  di venerazione, l’antico culto dell’Occhio che Tutto Vede.[…]
Dopo la guerra, le inimmaginabili sofferenze subite dal popolo ebraico, condannate fra gli altri dalla loro élite, furono usate per creare lo Stato d’Israele sull’onda delle comprensibili emozioni suscitate dalle storie che venivano raccontate al mondo. Sin da allora tali emozioni furono sfruttate per impedire che si svolgesse  una legittima indagine sulla manipolazione della razza umana. L’etichetta di “antisemita” viene affibbiata a chiunque sfidi la versione ufficiale della storia e sveli la vera identità di chi controlla il mondo. Uno strumento al servizio di questa élite ebrea e non ebrea - che ha fatto soffrire così tanto gli Ebrei - si chiama Sionismo e tale funzione ha anche lo Stato di Israele, un paese e un gruppo di menti  al potere, che ai miei occhi appare straordinariamente  vicino alla mentalità nazista.»

Be’, domanderà qualcuno, tutto qui? Un generale russo reazionario, che durante la seconda guerra mondiale si mise al servizio dei Tedeschi per odio contro il bolscevismo, e un giornalista inglese  ampiamente ridicolizzato dalla stampa internazionale e totalmente snobbato dagli studiosi “seri”: non è poco, per sostenere la tesi di un complotto mondiale pianificato da alcune lobbies ebraiche inglesi e statunitensi, magari in combutta con altre lobbies di diverso genere, ma, come quelle, bramose di svolgere il ruolo di registe occulte della politica mondiale?
David Icke si spinge ancora oltre e giunge a ipotizzare che esista un governo ombra planetario dominato da creature rettiliane, di cui farebbero parte le più potenti famiglie del mondo, dai Rotschild ai Rockefeller ai reali d’Inghilterra; e che costoro, a loro volta, sarebbero i burattini di un livello superiore ancora più tenebroso, quello di potenze invisibili e di natura non umana: i Maestri Sconosciuti di funesta nomea.
Certo, questa parte del quadro tratteggiato da Icke sa molto di fantascienza, e neanche di quella buona; fa venire in mente i Grandi Antichi di Lovecraft, i quali - come nell’ipotesi di Icke - vengono attirati sulla Terra dalla pratica sistematica della magia nera, dal sangue dei sacrifici umani e da altri scellerati patti diabolici stretti da piccole ma potentissime sette di satanisti, una delle quali ricondurrebbe agli incontri annuali degli uomini più influenti della Terra che avvengono, in un sinistro alone di mistero, nel Bosco Boemo, in California, di notte, ai piedi di un gufo di legno alto trenta metri, alla luce inquietante dei fuochi.
Ma lasciamo stare questo livello, chiamiamolo così, extraterrestre, o meglio diabolico, della piramide occulta di potere che oggi dominerebbe il mondo a nostro insaputa, controllando l’informazione, l’economia, la finanza, al fine di instaurare l’inquietante religione dell’Occhio che Tutto Vede;  e limitiamoci alla parte riguardante un centro di potere nascosto, di cui sarebbero membri le più potenti famiglie di banchieri ebrei americani, come i Rotschild, e non ebrei, come i Rockefeller.
Abbiamo il diritto di respingere in blocco una simile ipotesi, solo perché essa ci appare troppo spinta e troppo inverosimile; troppo radicalmente in contrasto con tutto ciò che da sempre sappiamo, o crediamo di sapere, sulla storia recente e sulla politica, sulla cultura e sull’economia odierne?
E, in particolare, abbiamo il diritto di respingere totalmente l’idea che lo sterminio degli Ebrei d’Europa sia il prezzo che alcune potenti lobbies ebraiche anglosassoni hanno ritenuto di dover pagare per poter consolidare i propri disegni di dominio mondiale e realizzare la nascita cruenta dello Stato di Israele a danno degli Arabi palestinesi?
Quando una cosa è troppo mostruosa, istintivamente la mente arretra, e arretra anche la nostra coscienza morale: tutto in noi si ribella. Vi sono, infatti, due ordini di difficoltà ad accettarla: l’uno di tipo logico, l’altro di tipo etico.
La difficoltà di ordine logico è che la mente umana tende a procedere per ragionamenti relativamente semplici e, davanti a un disegno politico il cui machiavellismo si spinge ad abbracciare il mondo intero e che considera generazioni di uomini come semplice materiale da costruzione, che può essere scartato e gettato via quando non sia più utile, essa prova un senso di irrealtà e di inverosimiglianza, quasi di vertigine.
Come è possibile - ci si domanda con sgomento - che delle menti umane abbiano saputo pensare così in grande, così terribilmente in grande, manovrando gli esseri umani come burattini e favorendo guerre, rivoluzioni, colpi di stato, crisi finanziarie ed economiche, al solo scopo di perseguire un proprio disegno, tanto smisurato quanto inconfessabile?
La difficoltà di ordine etico deriva non solo dal fatto che i crimini di entità industriale esorbitano dai nostri parametri (tanto è vero che ci impressiona più la vista di un cadavere che non la consapevolezza che vi sono stati milioni di persone assassinate), ma anche e soprattutto dal fatto che noi tendiamo a solidarizzare, sempre e comunque, con le vittime. Inoltre, in presenza di crimini particolarmente atroci, ci sembra che qualunque riparazione sia dovuta alle vittime e che ogni spiegazione storica che non si esaurisca nella condanna totale e incondizionata degli esecutori materiali del crimine, sia poco rispettosa della memoria dei morti.
Qui, però, le componenti emotive fanno gravemente velo alla nostra lucidità di giudizio.
Le vittime sono quelle che subirono il genocidio, e non altre. Gli Ebrei che, provenienti da tutto il mondo, crearono, con un atto di forza, lo Stato di Israele, erano solo in minima parte i sopravvissuti della Shoha. Il disegno sionista di impadronirsi della Palestina e di crearvi uno Stato confessionale è molto più antico del nazismo e risale all’Ottocento.
Fu nel 1897, infatti, che Theodor Herzl, da Basilea, lanciò lo slogan del “ritorno” degli Ebrei nella loro antica Terra Promessa, durante il Primo congresso sionista mondiale, dopo aver pubblicato, l’anno prima, il libro «Der Judenstaat» («Lo Stato degli Ebrei»); ma fin dal 1839 Sir Moses Montefiore, un finanziere ebreo inglese, aveva sostenuto la necessità di ricreare uno stato ebraico in Palestina. Senza contare che, come dice lo storico ebreo Shlomo Sand, non esiste più un popolo ebreo: duemila anni di Diaspora lo hanno mescolato a cento popoli, nonostante il suo esclusivismo. E gli Ebrei che nel 1947 occuparono la Palestina non stavano affatto “ritornando” nella loro patria, perché quella non era mai stata la LORO patria.
Dunque: l’idea che degli Ebrei, ad esempio i ricchi banchieri americani e britannici, abbiano potuto favorire la tragedia di altri Ebrei, come quelli delle modeste comunità dell’Europa centro-orientale, è talmente ripugnante da far sentire a disagio, e addirittura in colpa, colui il quale osi pensarla ed esplicitarla. Ci sembra che, avanzando una simile ipotesi, si offenda e si sporchi irreparabilmente la memoria delle vittime.
Ma non è vero. La memoria delle vittime chiede verità, sempre e comunque: di qualsiasi vittima, in qualunque contesto. Solo la verità può placare i Mani delle vittime; solo la verità può saldare il nostro debito con esse.
Se avessimo forti ragioni di credere che la vittima è stata mandata allo sbaraglio da persone a lei vicine, culturalmente o affettivamente, avremmo l’obbligo di non tacere. Il silenzio è complice della menzogna; e la menzogna è la seconda morte delle vittime di un crimine.
Vediamo di ricapitolare alcuni elementi di fatto, a nostro avviso molto significativi:

 - Gli Ebrei d’Europa, e specialmente dell’Europa centro-orientale (Askenaziti) non erano mai stati amati dai popoli presso i quali si erano stabiliti. Esisteva una antica storia di reciproche diffidenze e incomprensioni fra loro e i Tedeschi, i Russi, i Polacchi, gli Ucraini, i Russi Bianchi, gli Ungheresi e i Romeni. Non erano rari i casi di una estraneità reciproca talmente forte e radicata, che gli Ebrei dei villaggi e delle piccole città dell’Europa orientale potevano persino vivere ignorando la lingua locale.

- I banchieri ebrei d’Europa e d’America finanziarono l’ascesa al potere di Hitler e continuarono a trafficare con lui, come del resto fecero numerosi banchieri e industriali non ebrei, anche dopo le leggi di Norimberga e perfino dopo lo scoppio della seconda guerra mondiale. Lo fecero anche dopo l’attacco tedesco all’Unione Sovietica e la dichiarazione di guerra della Germania e dell’Italia agli Stati Uniti, quando potevano disporre di notizie assolutamente certe sul genocidio in atto dei loro correligionari.

- Un numero cospicuo di Ebrei italiani aderirono al fascismo, ovviamente prima delle leggi razziali del 1938; e un numero più grande di quanto si creda di Ebrei tedeschi simpatizzò col nazismo delle origini, stabilendo anche proficui rapporti economici con esso, prima che la componente antisemita in esso presente divenisse troppo forte. Moltissimi furono anche quelli che chiesero certificati di esenzione dall’applicazione delle leggi di Norimberga, che si arruolarono nella Wehrmacht e che rimasero disciplinati e obbedienti al Terzo Reich sino alla fine. (Certo, lo fece anche la maggioranza dei Tedeschi: ma solo ad essi, che non erano direttamente coinvolti nella tragedia della Shoah, è stata poi rimproverata una tale remissività verso il regime nazista).

- I governi occidentali non si curarono di favorire l’espatrio degli Ebrei tedeschi fra il 1933 e il 1939; valga per tutti l’episodio, realmente accaduto (narrato nel film “La nave dei folli” di Stanley Kramer), di un piroscafo che trasportava centinaia di Ebrei tedeschi che nessun porto, sulle due sponde dell’Atlantico, volle accogliere, pur sapendo a quale gravissimo pericolo andassero incontro tornando in Germania. Inoltre nessun governo alleato, e particolarmente quello britannico, volle prendere in considerazione l’offerta di Eichmann di lasciar espatriare, durante la seconda guerra mondiale, un milione di Ebrei ungheresi, in cambio non di denaro, ma di una fornitura di 10.000 autocarri, da impiegare sul fronte orientale.

- A guerra finita, quelle stesse lobbies ebraiche americane che non avevano mosso un dito per salvare i loro confratelli d’Europa, e che anzi avevano mantenuto rapporti commerciali con il governo nazista, fornirono tutto il loro appoggio - politico, finanziario, mediatico - per la creazione militare dello Stato di Israele e tuttora continuano a sostenere in ogni modo la politica israeliana, sia facendo pressioni sul governo statunitense, sia adoperandosi affinché le voci internazionali di dissenso siano ridotte al silenzio, accusandole di antisemitismo: come si è recentemente visto anche nel caso dell’Operazione “Piombo fuso” nella Striscia di Gaza.

-  Le associazioni ebraiche, specialmente americane, per il risarcimento delle vittime della Shoah, hanno gonfiato deliberatamente il numero degli eredi da indennizzare, tanto che è stato calcolato che, se quei numeri corrispondessero al vero, nessun Ebreo d’Europa avrebbe dovuto sopravvivere nel 1945. E ciò fa parte di quella che un autore ebreo, Norman Filkenstein, ha definito “l’industria dell’Olocausto”.

- La legislazione già entrata in vigore in diversi Paesi d’Europa, come l’Austria (dove David Irving è stato detenuto per più di un anno per reati di opinione), e che altri parlamenti si apprestano a promulgare, è mirata a sacralizzare l’evento della Shoah, in particolare attraverso la Giornata della Memoria, instaurando al tempo stesso una sorta di Stato confessionale mondiale: sicché chiunque osi proporre una diversa interpretazione della storia viene automaticamente equiparato a un nazista, a un razzista e a un negatore dell’Olocausto, e punito a termini di legge come un malfattore.

Questi sono fatti e non opinioni.
Sono fatti strani, inquietanti, e presentano coincidenze che, a loro volta, fanno nascere interrogativi ai quali non è facile dare una risposta.
Eppure, presi nel loro insieme, possono fornire - ci sembra - una base più che sufficiente per approfondire l’ipotesi di lavoro che qui sopra abbiamo delineato.
Forse, una parte della finanza ebraica mondiale e una parte dell’Organizzazione Sionista avevano deciso che la persecuzione degli Ebrei d’Europa da parte del regime nazista offriva l’occasione di favorire i loro piani segreti.
Possiamo anche pensare che non avessero immaginato fino a che punto si sarebbe spinta tale persecuzione; anche perché, fra gli stessi gerarchi nazisti, erano ben pochi quelli che pensavano a una “soluzione finale” prima del 1941. Anzi, ancora nel marzo del 1941 veniva fondato a Francoforte un Istituto per lo studio dei problemi ebraici, che mise a punto un piano per trasferire tutti gli Ebrei d’Europa nell’isola del Madagascar.
È certo, però, che dal 15 settembre 1935, data delle leggi di Norimberga, e, più ancora, dal 9-10 novembre 1938, data della Notte dei cristalli, la posizione degli Ebrei residenti in Germania divenne difficile e pericolosa; e che, ciononostante, ben poco venne fatto, da parte dei facoltosi ambienti della finanza ebraica anglosassone, per aiutarli ad espatriare e a mettersi in salvo, prima che fosse troppo tardi.
Sono cose che fanno pensare; anche se sfidano il nostro senso morale e perfino la nostra capacità di concepire l’orrore.
Ed è giusto che facciano pensare, perché pongono domande che esigono delle risposte.
Delle risposte che non siano la criminalizzazione per coloro che se le pongono.