Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / La voce del pianeta

La voce del pianeta

di Mario Tozzi - 28/02/2010

 

Le civiltà esistono solo grazie a un temporaneo consenso geologico, suscettibile di essere ritirato senza preavviso. Sarebbe bene non dimenticare mai questa massima, che deriva dall’esperienza millenaria degli uomini che popolano le regioni sismiche del pianeta Terra, almeno se si vuole continuare a vivere lì. Un terremoto di magnitudo 8,8 Richter è già un evento di rara potenza, ma per dare un’idea di cosa significhi una sequenza sismica come quella sopportata dai cileni la notte scorsa, basterà dire che la scossa di replica principale è stata più potente della scossa principale dell’Aquila, e la seconda forte come il terremoto dell’Umbria-Marche del 1997. Repliche che dureranno settimane.

Mentre ancora non sappiamo quante saranno, e quanto alte, le onde del maremoto per cui tutto il Pacifico è in allarme e per sfuggire a cui le popolazioni di Hawaii e dell’Isola di Pasqua si ritirano in collina.

Nel Cile si vive pericolosamente da secoli, Concepcion fu già distrutta nel XVIII secolo e nel suo viaggio attorno al mondo con il Beagle, Charles Darwin annotava di terremoti a Valparaiso e si domandava se quel paesaggio non recasse per caso traccia di antiche scosse. Aveva ragione: la catena delle Ande, le pianure costiere, i bacini lacustri e i grandi salares appena dietro le montagne sono tutti eredi degli antichi sismi che hanno disegnato quelle terre da prima della comparsa degli uomini.

 

Ma questo terremoto non è una sorpresa, perché il margine andino centrale è la regione dove avvengono i più violenti terremoti del mondo: nel 1960 il più forte sisma che gli strumenti dell’uomo abbiano mai registrato colpì il Cile centrale con magnitudo 9,5 Richter, qualcosa che nemmeno lo scoppio contemporaneo di tutto l’arsenale nucleare del pianeta potrebbe simulare con una qualche approssimazione. La placca geologica che contiene l’America latina si scontra con quella dell’Oceano Pacifico, e mentre quest’ultima si infila sotto la prima, la Terra si comprime fino a rompersi e a generare terremoti, oltre che a scatenare eruzioni vulcaniche esplosive. Questa è peraltro la situazione generale di tutto il Pacifico, dal Giappone alle Tonga, dal Perù all’Alaska: la cosiddetta cintura di fuoco, dove comunque gli uomini si ostinano a vivere da generazioni e dove si scatena la gran parte dei sismi della Terra. Non c’è nessuna relazione fra questo terremoto e quello di Haiti e l’unica considerazione da fare è che, se gli haitiani avessero costruito bene come i cileni, non avremmo contato centinaia di migliaia di morti. E non c’è nessuna recrudescenza del fenomeno sismico in questo periodo di tempo: i terremoti avvengono indifferentemente di notte come di giorno, d’estate come d’inverno e senza alcuna relazione con fenomeni meteorologici o anticipo di fine del mondo. È solo la normale attività di un pianeta dinamico, che per questo si distingue da tutti gli altri del sistema solare, tanto da far credere che, se non ci fosse stata attività sismica e vulcanica, non ci sarebbe stata nemmeno la vita: siamo tutti figli di una Terra inquieta. Quando si ha a che fare con i terremoti si può solo vivere pericolosamente, basta non avere la memoria corta e portare grande rispetto alla madre Terra.