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L'agente del cambiamento

di Ralph Nader - 02/03/2010

L’antico filosofo Greco, Eraclito (535-475 a.c.) disse che “il carattere è il destino”.
Egli avrebbe dovuto aggiungere che “la personalità è decisiva”.
Dove sta Barack Obama in questo contesto?
Lo storico venerato, James MacGregor Burns, nel suo libro “Transforming Leadership”, fece una distinzione importante tra “la Guida di trasformazione e quella di trattativa” e definì Franklin Delano Roosevelt come un esempio del primo genere.
Viste tutte le crisi che si sviluppano in USA e nel mondo; la sola super potenza militare globale ed economica (nonostante i guai dovuti al serio deficit) avrebbe bisogno di una guida di trasformazione quando, al massimo, ne ha una di trattativa alla Casa bianca.
Dico “al massimo”, perché il Presidente Obama rivela un’incapacità magica per le trattative. Egli non è nemmeno nelle vicinanze di Lyndon Baines Johnson da questo punto di vista.
Questa carenza è dovuta più alla sua personalità che al suo carattere.
La sua è una condotta concessiva, una contrarietà al conflitto e alla lotta con il potere tradizionale: è devoto all’ideologia dell’armonia non perché non creda alle riforme necessarie, ma perché non progetta la forza dei suoi propositi e convinzioni per indicare la linea – qui e non oltre – come fecero Reagan o FDR.
Nella vasca dello squalo nota come la Washington federale, D.C. la personalità di Obama proietta la debolezza di colui che non prende posizione e combatte; di uno incline a credere alla sua retorica per spiegare i suoi ritiri, i suoi disastri e i rovesci.
Seguono alcuni esempi.
Primo, il Presidente era apertamente a favore dell’assicurazione sanitaria del single payer (Medicare per tutti con libera scelta di medico e ospedale) fin da prima di divenire un politico.
Tra i suoi amici c’erano i capi del single payer come il prode dottor Quentin Young di Chicago.
Così, invece di iniziare con “il single payer”, si è abbassato a fare vaghe dichiarazioni politiche, e a domandare al Congresso di approvare una legge specifica mentre faceva affari con incontri alla Casa Bianca con l’industria sanitaria e i dirigenti dell’assicurazione sanitaria.
Ora dopo vari mesi, con i Democratici Blue Dog rinfrancati, con i progressisti furenti e vicini a ribellarsi, la legge capestro sull’assicurazione ha molti provvedimenti svuotati.
Non appena i Repubblicani fiutarono la sua incapacità di risolvere, la sua oscillazione su un emendamento dopo l’altro, essi divennero ingordi nelle loro richieste e ostruzioni.
Secondo, Barack Obama, prima di venire a Washington, era anche un sostenitore dei diritti dei Palestinesi.
Tra il voto e l’inaugurazione, categoricamente andò dietro al blocco illegale e all’invasione di Gaza fatta da Israele e non disapprovò la carneficina di 1400 Palestinesi, in maggioranza civili, giovani e vecchi.
Apparentemente, la gente di una Gaza mezza distrutta, impoverita e malmenata (con molti suoi membri del rieletto parlamento Palestinese rapiti e imprigionati dagli israeliani due anni prima), non aveva il diritto di difendere se stessa in modo debole contro gli attacchi costanti al confine e dai missili del quinto esercito più potente del mondo.
Terzo, il duro discorso di Mr. Obama su un Wall Street spericolato e avaro non è accompagnato dalle proposte di regolamento. Permise (contro la sua idea) alle banche e al Presidente della Banking Committee, B. Frank di fare una legge di regolazione debole che passò alla Camera dei Rappresentanti.
Per esempio, i provvedimenti regolamentari sulle agenzie di rating (come Standard and Poor’s e Moody’s) e sui derivati sono dei meri colpetti sulle mani, ridicolizzati dagli ex presidenti della Securities and Exchange Commission di entrambi i partiti.
Quarto, sul lavoro e il NAFTA, i discorsi della sua campagna erano sulla necessità di riforme.
Qui non ha iniziato e detto nulla su tale promessa di rivisitare la partecipazione USA al NAFTA.
Egli crede nella riforma del libretto di lavoro, ma non ha usato il suo capitale politico per far avanzare questa modesta riforma.
Quinto, sul cambiamento climatico, dove il mondo vorrebbe che lui fosse una guida della trasformazione, Mr. Obama ha scelto la palude del cap and trade invece di una più semplice e più applicabile carbon tax.
Qui le sue parole sono spesso ben dette, ma la sua retorica è vanificata dalla sua passività. I suoi avversari al Congresso e nel settore corporativo si rafforzano di conseguenza.
Mr Obama ha lasciato Copenhagen senza un accordo dopo aver descritto 3 progetti – mitigare i gas serra, apertura a ogni progresso o a ogni perdita nazionale e un modesto impegno finanziario del più grande inquinatore del mondo per aiutare le nazioni più assediate dal cambiamento climatico (paesi poveri che sono i recipienti delle emissioni dei paesi Occidentali.) Egli dette con forza un esempio per un governo che avendo la proprietà e il controllo di GM e Chrysler potrebbe trasformare la tecnologia del movimento.
Lui non può trasformare il suo slogan di speranza e cambiamento in politiche importanti se si dimostra incapace di fare riforme su un tema dopo l’altro e nemmeno dargli l’etichetta delle giuste relazioni pubbliche. Più importante, Il Presidente non può essere un capo di trasformazione se gira le spalle agli elettori liberali e progressisti che l’elessero perché crede che essi non sapranno dove andare. Lui deve dare visibilità alle attese che ha suscitato, incluso l’accesso agli uffici di ministri e dei capi delle agenzie di controllo che furono anche riluttanti ad incontrare i capi dei movimenti, diversamente dalle porte sempre aperte per i corporativi e i loro lobbisti.
Molto presto “la personalità” e il “carattere” diverranno indistinguibili e molto resistenti sia “alla speranza che al cambiamento”.
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Tradotto da F. Allegri