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Le università europee contro Israele. Cronaca e analisi di una settimana di lotte riuscite e tentate

di Antonio Caracciolo - 04/03/2010

Le università europee contro Israele. Cronaca e analisi di una settimana di lotte riuscite e tentate: la sesta «Israeli Apartheid Week».


Premessa. – Credo che sia inevitabile trovare differenze e sfumature di posizioni in un fenomeno complesso che si lega alla moderna guerra dei Cento Anni, il cui inizio supera gli anni di ogni attuale uomo vivente sulla terra, se prendiamo come inizio del processo l’anno 1882. Un’uomo che fosse nato in quell’anno avrebbe oggi 128 anni, ma ponendo che possa ricordare consapevolmente qualcosa almeno a partire dai 10 anni di età, dovrebbe perciò avere 138 anni ed avere avuto nella sua vita un interesse costante per l’insediamento coloniale sionista che inizia appunto nel 1882. Rabkin ci dice che in quell’anno gli ebrei residenti in Palestina notarono subito la “novità” dei nuovi venuti, il loro diverso approccio al giudaismo, anzi la loro sostanziale estraneità alla religione dei padri. Quando i Neturei Karta dicono che il sionismo è la negazione e l’opposto del giudaismo non è un modo di dire, non è una posizione polemica, ma è una profonda consapevolezza dottrinale e teologico-politica che non al momento non riuscimo ad approfondire oltre una certa soglia. Pertanto che nell’opposizione al sionismo via sia una vasta gamma di contrapposizioni non è cosa che debba sorprendere. Se mai si tratta di riuscire a distinguere in un groviglio di ambiguità spesso pericolose. Per quanto riguarda il problema delle università e del boicotaggio accademico io preferisco cominciare con un’immagine che si trova nel libro di Ilan Pappe, La pulizia etnica della Palestina, dove egli ci fa sapere che l’università di Tel Aviv, non importa se e quanto prestigiosa, sorge di fatto su un villaggio palestinese raso al suolo e cancellato dalla carta geografica. Addirittura, l’unico edificio di pregio sopravvissuto è diventato la sala dei professori, ma senza che una targa indichi l’origine storica del manufatto ed il nome dei suoi antichi proprietari. Le università non sono istituzioni separate dalla storia e dalle vicende politiche del paese in cui si trovano. Non vivono in un limbo al di fuori della storia e del tempo. Possono essere e spesso lo sono luoghi della guerra, dove anzi la guerra assume i suoi aspetti scientifici e più devastanti: bomba atomica, guerra chimica e batteriologica, intelligence, etc. Potremmo perfino dire che senza le università le guerre moderne non avrebbero assunto la potenza distruttiva su scala globale che oggi esse anno. Quindi, l’idea di un boicottaggio accademico delle università isrealiane non mi sembra affatta insensata da parte di chi vuole contrastare la cento e più anni di consapevole politica razzista e genocidaria da parte del colonialismo sionista. Cercheremo però nei paragrafi che seguono di distinguere le differenti posizioni nell’ambito della sesta «Israeli Aparteid Week», cui è data la partecipazione di tre università italiane, e se possibile cercheremo di fare la storia delle precedenti cinque edizioni, di cui nulla personalmente in questo momento sappiamo. La televisione e la grande stampa non ci hanno mai informato ed anzi cercano di fare in modo che nulla sappiamo.


Sommario: Premessa. – 1. Non tutti son d‘accordo. – 2. Sommario: 1. Il modello anglosassone e i suoi epigoni italiani. – 3. Le amenità di Teodori. – 4. Non uno schiaffo, ma un insulto all’intelligenza. –

1. Non tutti son d’accordo. – L’articolo di Carioti sembrerebbe un tentativo di gettare zizzania nel fronte di guerra, giacché di questo si tratta: di una guerra “ideologica” non meno virulenta della guerra con il fosforo bianco. La qui la risposta è semplice: chi non vuole, non è obbligato a schierarsi. Purtroppo se sono tre le universit che vengono date come presenti all’appello, è da dire che sono ben poche su una cinquantina in Italia. Meglio poco che niente. Possiamo sperare che alla prossima edizione ve ne sarà qualcuna in più. Se la guerra è durata già oltre cento anni, possiamo supporre che durerà ancora oltre le nostre esistenze. Passeremo il testimone alla generazione che ci succede. Si tratta non solo dei palestinesi che vivono in Gaza e in Cisgiordania o in condizioni di apartheid nell’«unica democrazia del Medioriente», come insulsamente viene presentata Israele dagli Uffici dell’Hasbara e dalle sue Filiali europee nonché dei suoi agenti propagandisti, letteralmente a libro paga ovvero per elezione e libera convenienza. La parte più insidiosa della guerra ideologica in atto è il suo grado di consapevolezza nei partecipanti. È da qui che partono le differenziazioni, ma non sono per nulla statiche. Il problema costituito dal sionismo nel panorama non solo mediorientale, ma soprattutto europeo vede giungere ognuno in tempi diversi. In genere, dopo qualche tempo si acquista una maggiore consapevolezza, una migliore informazione e su una diversa conoscenza maturano diverse posizioni. Non disaccordo, dunque, ma posizioni dinamiche all’interno di uno stesso fronte di opposizione e resistenza. A ben vedere, le posizioni di Zolo, Baracca, Gallo, Forti, Morano non confliggono necessariamente con quanto affrontana la questione in negativo proponendo un aperto boicottaggio accademico, in se non scandaloso, o più scandaloso di altre forme di boicottaggio. È del tutto considivisibile che si promuovano azioni «a favore degli undici atenei palestinesi, che sono in condizioni tragiche, attraverso iniziative di cooperazione didattica e scientifica». Se le università palestinesi sono in queste condizioni, è infatti da chiedersi quanto siano responsabili gli atenei israeliani, dai quali Ilan Pappe si è dovuto allontanare in seguito a minacce ricevute. Come dice un vecchio adagio, si può marciare divisi per colpire uniti. È probabile che Carioti con il suo articolo abbia inteso fare opera di disinformazione e manipolazione.

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2. Il modello anglosassone ed i suoi epigoni italiani. – Contro i docenti e i sindacati inglesi della docenza era stata avviata da parte delle lobbies israliane una lotta legale alla quale vi è stata in Italia un appello di docenti contro i sindacati inglesi in quanto essi discriminerebbero le università israliane. La liste di questi docenti italiani è stata poi ripresa tale e quale, per darne un giudizio negativo. Di quella che era una lista pubblica, redatta da altri, ne è stata fatta una “lista nera” sulla quale si è imbastita la solita campagna al grido del “dagli all’antisemita”. Per dirla con Di Pietro, proprio non ci azzeccava nulla, ma il controllo sionista della stampa italiana, e non solo italiana, è tale che son capaci di farti vedere lucciole per lanterne e per bianco ciò che è nero. È stata una posizione ipocrita quanto mai senza che si sia trovato nessuno capace di contrastarla: è una dimostrazione della debolezza e dell’arretratezza italiana. Sarebbe sufficiente una buona documentazione del coinvolgimento delle università israeliane nella costruzione dell’apartheid e nella politica genocidiaria per far cadere riserve e prevenzioni nella legittimità di un’azione di boicottaggio contro le università israeliane in quanto istituzioni, facendo salve le posizioni dei singoli docenti, che rispondono a titolo individuale di ciò che fanno o non fanno nelle loro condizioni di esistenza e di lavoro. Ognuno p responsabile per se stesso nella sua sfera privata e per la società in cui vive per le posizioni che assume. Si potrebbe obiettare a Giorgio Gallo, se veramente dice e intende le cose che gli si attribuiscono, che le sue “perplessità” possono esserse sciolte dalla considerazione che molti studenti e docenti israeliani si sono già aspressi, partecipando alla guerra nei ranghi dell’esercito, che è pienamente integrato con il mondo della scuola e dell’università. Hanno già assunto le loro posizioni e sarebbe ingenuo e illusorio da parte nostra pensare di potergliele far mutare. Possiamo solo contrastarle, sia pure simbolicamente e certamente in modo non violento, come è il boicottaggio. Non adottiamo certo i metodi del Mossad, che è pure strettamente collegata alle università israeliane.

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3. Le amenità di Teodori. – A riprova della manipolazione mistificatoria dell’articolo di Carioti è l’intervista a Massimo Teodori, che non è certo un partecipante alla sesta “Israeli Apartheid Week”. Tanto valeva andare in Israele e chiedere a qualcuno cosa ne pensa dei boicottaggio. Bisognerebbe che Teodori che è un “accademico” ci spiegasse per lo meno di cosa pintende quando dice “democrazia”: che i ladri di terre, di case, di identità altrui dividono poi in parti uguali? Certo può esistere democrazia fra ladri ed assassini. Anzi forse questa è la più efficace democrazia perché chi sgarra paga amaro. Ma è appunto una democrazia di brigant contro terzi. Per una seria considerazione dei fondamenti di legittimità dell’odierno stato israeliano basta considerare che gli odierni cittadini israeliani, spesso ebrei russi immigrati da pochi mesi, occupano terre, i cui abitanti furono espulsi per il 50 per cento nel 1948. La maggior di quanti oggi vivono in Gaza o nei campi profughi sono i loro discendenti. Quelli che sono stati scacciati reclamano un ben diverso diritto al ritorno di quello “regalato” agli immigrati russi. E qui si parla di “democrazia”. Ma chi crede di poter prendere in giro l’americanista Teodori? I suoi colleghi non sono sprovveduto come egli crede e possono facilmente ridere delle sue sciocchezze, per non esprimersi in modo più pesante, come sarebbe doveroso e conme lui stesso non esita a fare verso altri.

4. Non uno schiaffo, ma un insulto all’intelligenza. – Merita scarsa attenzione e poca analisi l’articolo di tal Paolo Lepri sul “Corriere di Sion”, presso la cui redazione pare lo stesso amabasciatore israeliano passa a dar lezioni di Hasbara, cioè la speciale disciplina – forse prodotta dalla università israeliane – con la quale si promuove l’immagine di Israele all’estero, negli spazi lasciati liberi dal Mossad o da altre istituzioni sioniste. Per quanto riguarda la “libertà di pensiero” – assai a sproposito chiamata in causa dall’articolosta hasbarotico, basta ricordare la legge antirevisionista che nel 1986 fu prima varata in Israele e poi ad incominciare dalla Francia passata in 13 paesi europei, in ultimo in Ungheria. Nella sola Germania, per questa legge di importazione israeliana, ogni anni 15.000 persone vengono incriminate per meri reati di opinioni. Gli abituali delatori dei cittadini europei sono sionisti con il doppio passaporto, israeliano ed europeo. Quindi, è un vero e proprio insulto all’intelligenza di chi ha un’informazione sia pur minima quanto assai a spropositi l’agit-prop del Corriere di Sion oppone al legittimo boicottaggio di quanti questa settimana si oppongono al più bieco e sordido regime della nostra epoca, come nessun altro mai fondato sulla menzogna e sulla nuda e cruda violenza per la quale non sarà mai possibile nessuna sanatoria. Certo, si può ben essere minoritari – ammesso che così sia –, ma verità e giustizia non hanno mai avuto bisogno di venire messe ai voti.

Non credo che Antonino Amato, direttore di “Europa Informazioni”, se l’avrà a male se riporto integralmente una sua distinta ed autonoma riflessione sullo stesso articolista del Corriere della Sera:
M’illumino d’immenso.

Stavo leggendo il “Corriere della Sera”, quando… Quando mi sono imbattuto in un pistolotto di Paolo Lepri:
«Quello che sta accadendo nella “Settimana contro l’apartheid di Isaele” a Roma, Pisa, Bologna, Amsterdam, Toronto, Londra, è però un insulto alla dialettica culturale, uno schiaffo immeritato a quella libertà di pensiero che uomini come Oz, Abraham Yehoshua, David Grossmann hanno sempre difeso con forza e con coerenza. Come hanno nello stesso tempo difeso senza esitazioni la loro patria da tutti quelli che la volevano e la vogliono distruggere».
Cerchiamo di tradurre:
  1. Israele pratica l’apartheid e pare che Lepri non contesti questo “dato di fatto”;
  2. Lepri contesta il fatto che le Università europee indicono una “settimana di boicottaggio contro l’apartheid d’Israele”;
  3. Lepri contesta il boicottaggio in nome di alcuni scrittori israeliani che, “nei loro scritti, hanno sempre difeso con forza e con coerenza la libertà di pensiero”; ma, nei fatti, difendono Israele che opprime ed uccide i Palestinesi;
  4. Lepri vorrebbe che si tenesse conto della “libertà di pensiero” degli intellettuali israeliani, trascurando i “fatti criminali” di Israele.
Mi chiedo e vi chiedo: si può fare un elogio più sperticato dell’impostura e degli impostori? No, non si può. E allora mi taccio. Ammirato.
Antonino Amato
Ho trovato nella mia posta la mailing-list di Antonino Amato e vedo che in forme diverse ed in modo del tutto indipendente ed autonomo, senza reciproca influenza, abbiano pensato la stessa cosa. E dunque si tratta di oggettiva impostura e di insulto alla comune intelligenza.