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Iraq, A Nassiriya la vera posta in gioco alle elezioni è la leadership sciita

di Anthony Shadid - 07/03/2010

 



 
Questa città situata lungo il fiume Eufrate, la cui apparenza sciatta cela l’orgoglio dei residenti nei suoi confronti, è diventata la prima linea di quella che potrebbe costituire la lotta cruciale nelle elezioni parlamentari irachene: ossia quale tra la miriade di partiti sciiti del Paese rivendicherà la leadership della sua maggioranza rafforzata.

Le elezioni premono su una delle domande che ancora non hanno una risposta nel racconto straziante di un Iraq invaso e occupato, della sua guerra e della sua ripresa. Oggi il Paese si presenta come l’unico Stato arabo in cui governano i musulmani sciiti. Nassiriya è un palco, rimpicciolito, dove diverse correnti sciite - dai movimenti di strada ai partiti venerabili - ora sono in corsa per acquisire una posizione dominante.

I partiti sciiti di Nassiriya hanno schierato alcuni dei politici più potenti in Iraq: un vice-presidente, un ministro, parlamentari di spicco, e i consiglieri più vicini al Primo Ministro Nuri Kamal al-Maliki. Molti condividono un’intimità, favorita dall’esilio o da anni trascorsi a combattere il governo di Saddam Hussein nelle paludi del sud, l’equivalente locale della Sierra Maestra a Cuba.

Ma i partiti, alcuni dei quali alleati, hanno forgiato una loro identità per gli elettori – compreso il confessionalismo più ardente, o un nazionalismo emergente radicato nella religione – che potrebbe suggerire sia la loro evoluzione, sia la forma che la democrazia imperfetta dell’Iraq potrebbe assumere mentre le truppe statunitensi si ritirano.

“Io li considero fratelli nell’Islam”, dice Taleb al-Hassan, governatore della provincia di  Dhi Qar e alleato di Maliki, “ ma tutti ci rendiamo conto che le urne sono diventate il giudice tra di noi”.

Non lontano dal sito che gli iracheni credono sia la biblica Ur, città natale di Abramo, Nassiriya ha un tocco di  eclettismo che infonde in ogni cosa, dalla politica al paesaggio. In gran parte della città si assiste a una sovrapposizione indeterminata tra elementi rurali e urbani: terreni invasi da rifiuti fradici e capanne fatte di blocchi di calcestruzzo di scorie, inframmezzati da isole urbane dove gli uomini indossano cappotto e cravatta per sorseggiare un tè al Caffè degli Scrittori.

Molti di questi uomini sono l’emblema di una tenace corrente laica che un tempo faceva di Nassiriya una roccaforte del pensiero progressista. Tuttavia, anche loro ammettono che, oggi, qui, il potere è un’area riservata ai partiti religiosi sciiti, i quali impediscono ai gruppi laici di dire la loro sulla politica in una città dove nel 1934 venne fondato il Partito Comunista iracheno.

Questo ha fatto sì che saranno due le alleanze in corsa per i 18 seggi della provincia sui 325 in Parlamento alle elezioni del 7 marzo: l’Alleanza per lo Stato di Diritto di Nuri al-Maliki e la litigiosa Iraqi National Alliance, che raggruppa al suo interno le rimanenti fazioni sciite più influenti in Iraq, alcune delle quali, solo qualche anno fa, si fronteggiavano con le armi in pugno nelle strade di Nassiriya.

Le due alleanze controllano tutti i 31 seggi all’interno del consiglio provinciale, eletto nel gennaio 2009. Gli alleati di Maliki ottennero la maggioranza di 13 seggi, mentre i seguaci di Muqtada al Sadr, esponente religioso radicale, ebbero un buon risultato, aggiudicandosi 7 seggi. Anche altri tre partiti religiosi che fanno parte dell’Iraqi National Alliance sono rappresentati, in un microcosmo dell’imprevedibile mappa politica sciita irachena, e le loro reciproche alleanze di un anno fa sono state completamente ridisegnate per il voto di marzo.

“Lo scenario politico iracheno è sempre soggetto a cambiamenti improvvisi”, dice lo sceicco  Mohamed Mehdi al-Nasseri. “Gli umori delle persone possono cambiare molto rapidamente”.

Nasseri è il candidato di spicco della lista di Maliki. La sua biblioteca, con 32 ripiani su cui sono stipati oltre 1.000 libri collezionati nel corso di 50 anni, fanno pensare a uno studioso; il suo turbante indica il suo status di religioso, ma la sua politica è fortemente populista, spogliata quasi del tutto della religione.  

“Il benessere delle persone viene prima di tutto”, dice Nasseri. “ Stipendi accettabili, una casa, un’assicurazione medica, il minimo indispensabile per vivere. Tutto il resto è secondario”.

Dopo il Partito Comunista, al Da’wa, il partito di Nasseri, si presenta come uno dei più antichi partiti politici iracheni. Di questi tempi la sua identità è inseparabile da Maliki, il cui potere come Primo Ministro, controllo del governo, e la cui popolarità – forse in fase calante, ma ancora considerevole – hanno permesso a Da’wa di avere un’influenza nettamente maggiore rispetto a quanta ne avesse subito dopo l’invasione guidata dagli Stati Uniti. Da allora, più di qualsiasi altro partito religioso sciita, esso ha cercato di mostrare agli elettori di Nassiriya un’identità più vasta, più nazionalista.

I manifesti di Maliki qui sono incredibilmente privi di appelli alla religione.

“Sei l’orgoglio dell’Iraq”, recita uno di questi, in cui Maliki è ritratto mentre stringe la mano al alcuni ufficiali. Su altri, invece, ci sono lodi a giovani e orfani. Maliki può risultare apertamente  confessionale come chiunque altro – ha alimentato inesorabilmente il risentimento contro i ba’athisti – ma il suo programma si uniforma ancora a una formula che si è dimostrata vincente nelle elezioni del 2009: ordine pubblico.

Nasseri, che nel 1981 ha camminato per 10 giorni da Nassiriya fino in Kuwait per sfuggire al governo di Saddam Hussein, e il cui viso è così segnato dalle intemperie che sembra sia appena arrivato da lì, rappresenta la versione più sfumata di quella formula. Ha conosciuto i candidati suoi rivali alle elezioni quando era in esilio. “ Sono tutti amici, senza nessuna eccezione”, dice. Ma non accetta la loro rabbia per la scelta di Da’wa di presentarsi al voto da solo.

“Ognuno spera che la confessione possa rimanere un’entità unica”, dice. “ Ma in realtà tutto ciò è semplicemente impossibile”.

Il benessere delle persone , afferma, “ rappresenta una questione più grande della confessione, più della religione”.

I leader di Dawa rifuggono l’idea secondo la quale il partito sia in qualche modo laico. Nelle regioni sciite, questa parola evoca ateismo o addirittura un sostegno ai ba’athisti. Ma quando gli viene chiesto se questa sia davvero la sua posizione, Nasseri, sorridendo, preferisce non rispondere alla domanda.

Gli avversari di Da’wa all’interno dell’Iraqi National Alliance hanno scommesso su un percorso diverso per salire al potere a Nassiriya. I loro calcoli sono semplici: nessuna fazione dell’Alleanza può sconfiggere Da’wa da sola - ma se ogni partito può far leva sul suo elettorato, la somma sarà maggiore delle singole parti.

Alla domanda di riassumere il programma dell’Alleanza, uno dei leader locali, Alaa Hassan, la descrive semplicemente come “ piena di punti”. Ma ogni fazione, avendo scelto alcune delle sue figure di maggior spicco per presentarsi qui, sembra fiduciosa del proprio sostegno in una provincia sciita.

“La religione sta unendo, è efficace, ed è lo strumento da utilizzare per motivare le persone”, dice Fadhil al-Ghalabi, un candidato di rilievo dell’Alleanza.

I fedelissimi di Ibrahim al Ja’afari, ex Primo Ministro, si sono fatti strada tra i più devoti. I seguaci di Sadr sono rimasti fedeli al loro passato di movimento populista con polso sorprendente dell’opinione pubblica, e quasi tutti li riconoscono come i rivali più forti di Maliki a Nassiriya. Il Consiglio Supremo islamico iracheno si rivolge all’elettorato più confessionale di Nassiriya. E sette anni dopo il suo ritorno dall’esilio, non ha fatto vacillare la sua reputazione di gratitudine verso l’Iran, né è riuscito a superare il comportamento sospettoso tipico di un movimento clandestino.

All’interno del suo ufficio provinciale, il direttore, Abdel-Rahim Hamid, apre diverse volte la sua borsa per prendere un dossier, richiudendola ogni volta, subito dopo. Sussurra ai collaboratori, e guarda il registratore con sospetto, di traverso.

“Inshallah – se Dio vuole”, risponde semplicemente, quando gli viene chiesto se l’alleanza otterrà un buon risultato.

La durata del matrimonio di convenienza dell’alleanza potrebbe essere il fattore che ne determinerà il potere a Nassiriya e nel resto dell’Iraq. Ghalabi e altri riconoscono che ci sono tensioni tra le loro fila. E giusto il mese scorso, lo stesso Sadr ha criticato il leader del Consiglio Supremo, Ammar al-Hakim, nonostante entrambe le parti sostengano di essersi lasciate alle spalle la controversia.

Muhsin Khazaal, il leader locale del Partito Comunista, dice: “C’è conflittualità. A volte questa irrompe violentemente sulla scena, altre è una guerra di dichiarazioni. Cercano di sembrare uniti agli occhi della gente, ma si può dire che i fatti suggeriscono il contrario”.

Duraid Adnan ha collaborato alla raccolta di elementi.

(Traduzione di Arianna Palleschi per Osservatorio Iraq)
 
The New York Times
Articolo originale