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Ancora bidoni tossici sulle rive dello Scrivia

di Dina Galano - 07/03/2010

Fonte: terranews

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INQUINAMENTO. A venticinque anni dal disastro ambientale, sulle sponde del fiume del basso Piemonte i fusti nocivi spuntano come funghi. Sono la prova di bonifiche mai eseguite.

Una storia di bidoni durata oltre 25 anni e che non sembra trovare un epilogo. Sulle sponde del fiume Scrivia, nel basso Piemonte, proprio durante le operazioni di riqualificazione, una nuova scoperta di fusti di sostanze altamente tossiche. Un materiale che doveva essere individuato e rimosso già nel 1984 quando fu rinvenuta una mole di circa 30mila bidoni scaricati nelle acque e nel circondario del torrente. «Ora abbiamo la prova di una situazione incredibile, che con gli anni continua a tornare allo scoperto», dichiara Danilo Bottiroli, che a Tortona, cittadina bagnata dallo Scrivia, ha fondato l’associazione Progetto ambiente.
 
Sostanze chimiche come diserbanti e ddt non smettono di minacciare l’ecosistema della valle, già gravemente compromesso dall’inquinamento delle tante industrie che hanno prolificato sui due versanti dello Scrivia, e la salute dei cittadini che in tutti questi anni hanno pagato direttamente le conseguenze della gestione criminale dell’area. I bidoni tossici spuntano come funghi. Ieri è stata la volta di Carbonara, un Comune di poco più di mille abitanti in provincia di Alessandria. Qui, come nel resto della valle, l’acqua dei rubinetti è sempre arrivata dai torrenti: lo Scrivia alimenta tre acquedotti, assicurando il servizio a oltre 50mila persone. Scorre per oltre 100 chilometri per poi affluire nel Po, privilegiato raccoglitore dell’inquinamento di tutto il Nord industriale.
 
«Dal ritrovamento dei nuovi bidoni siamo tutti preoccupati, anche se non ci dovrebbero essere rischi immediati», confida Flavio Speranza, referente locale di Legambiente. Ma se a distanza di decenni se ne scoprono di nuovi, «sicuramente ce ne sono ancora, seppelliti qua e là». Un cimitero altamente tossico che per essere bonificato arriverà a costare, valuta Speranza, «come una Finanziaria». Perché nemmeno il vecchio è stato sanato, l’inchiesta della magistratura non ha portato risultati e non ci sono finanziamenti per rimettere in sesto l’ambiente. Lo stesso ministro Stefania Prestigiacomo, in risposta ad alcune interpellanze di parlamentari locali sul sito di Ecolibarna, ha ammesso come «per l’anno 2010 non risultano disponibili risorse finanziarie da poter destinare al completamento della bonifica». Intanto, a dimostrare che il ritrovamento dei barili non è cosa di poco conto, sembra che le amministrazioni provinciali abbiano spinto per stanziare nell’immediato nuovi fondi per l’analisi del terreno e delle falde.
 
Si procede così con interventi tampone, in una situazione talmente risalente nel tempo da essere stata dimenticata dai più. «Non so neanche quanti ne abbiano memoria» dice Bottiroli, che punta il dito contro le omissioni di istituzioni e politica «cui da tempo chiediamo di avviare un serio monitoraggio del rischio ambientale». L’interramento di scarti industriali è stato la prassi e, dopo un quarto di secolo, la possibilità di bonificare è così remota che si procede con la messa in sicurezza di alcuni siti dove vengono imballati i rifiuti. Alcuni a pochissima distanza dal centro cittadino. Come avviene a Tortona, dove circa 2.000 fusti di sostanze radioattive sono depositati a pochi passi dal supermercato e altri esercizi commerciali. «La tipologia delle sostanze è molto diversa» spiega Speranza di Legambiente, «Sono stati riversati agenti chimici, cloruro, scarti farmaceutici, liquidi catramosi: questo rende più difficile valutare l’entità delle conseguenze della loro azione sulla salute».
 
Le ripercussioni sui cittadini, infatti, si misurano sui numeri degli ospedali, che vedono un aumento del 30 per cento dei tumori al colon e alla mammella e un incremento delle patologie nei reparti di pediatria. Peccato che nessun medico finora si sia reso disponibile a procedere con dichiarazioni ufficiali, «per non generare allarmismi». Intanto il fiume Scrivia e il suo bacino aspettano ancora i resoconti su quanto fatto, sulle responsabilità individuali e la natura dei materiali sepolti.