Mi ha sollecitamente risposto Eva Pigliapoco, in merito al post di ieri sull’argomento in questione. Ecco quanto scrive, con le mie risposte evidenziate a margine.




Gent.ma Alessandra Colla,
rispondo volentieri alle sue considerazioni sul testo pubblicato in “Mille e una storia”. Il libro ha fino ad ora incassato solo considerazioni positive e una sana critica, di tanto in tanto, aiuta a mettere alla prova le proprie convinzioni e a fare meglio il proprio lavoro.

 

Gent.ma Eva Pigliapoco,
La ringrazio per la sollecita risposta alla quale risponderò a mia volta, punto per punto.

Ovviamente, sono una insegnante di scuola primaria e tutte le proposte di “Mille e una storia” fanno riferimento ad una pratica didattica consolidata. Ma veniamo alla sua mail.

Io, invece, provengo da una famiglia di insegnanti, sono stata insegnante io stessa, sono giornalista pubblicista da trent’anni e sono, ovviamente, madre. Tutto ciò fa sì che a fronte di “una pratica didattica consolidata”, che non metto in dubbio, io abbia avuto modo di costruirmi una personale visione del mondo che ovviamente difendo. Me lo concederà.

1. Il testo in questione (pag. 129 del volume di V, come giustamente cita) è un esempio di testo informativo. Obiettivo dell’attività non è “costruire una opinione su”, bensì “analizzare come viene posta una notizia. Avrà notato, spero, che nella precedente pag. 128 si riporta la notizia di un rapinatore. Visto il modo in cui ha travisato l’obiettivo didattico, mi domando come possa non scandalizzarsi: un libro di testo incentiva le rapine in banca… A parte la facile ironia, mi preme sottolineare che gli articoli di giornale vanno discussi (questo dovrebbe valere per grandi e piccini) e non semplicemente condivisi. Nella discussione le docenti avranno fatto emergere la crudeltà della corrida, l’assurda situazione di un bambino che pensa ad un proprio futuro da torero. Un bambino che uccide. A scuola educhiamo i bambini a discutere anche tesi opposte alle nostre: in questo senso la lettura è ampiamente educativa.

1. Io non contesto la scelta dell’argomento “corrida”. Se rileggerà attentamente quello che ho scritto, vedrà che mi sono espressa come segue: «mi pare non soltanto che la questione sia malposta; ma anche che tutta la faccenda sia estremamente diseducativa. E mi chiedo come sia possibile educare le nuove generazioni al rispetto della vita dei senzienti non umani se persino un libro di testo delle scuole elementari sceglie, fra le mille opportunità possibili per insegnare come si fa cronaca, proprio la corrida presentandola ancora come uno “spettacolo”, una “sfida”, una “lotta”, e non menziona neppure vagamente tutto quello che c’è dietro — e che tutto è tranne che educativo o pedagogico». Ho inteso, cioè, sottolineare che il modo in cui viene presentata la corrida — ovvero senza illustrare ai bambini di che cosa si tratti in realtà; di come venga seviziato il toro prima di entrare nell’arena e anche durante lo svolgimento della corrida stessa; la spettacolarizzazione di una crudeltà gratuita e ormai priva di qualsiasi riferimento rituale o sacrale; la considerazione dell’animale come oggetto (“cosa”) di divertimento per l’uomo — è, a mio avviso, fuorviante. In famiglia siamo abituati a discutere di tutto, e non esistono argomenti che non si possano toccare o che non possano venire affrontati in modo sereno. È stato mio figlio (che chiamo “sfaticato” affettuosamente e che a scuola per il momento se la cavicchia, persino con qualche 8 e tutti 7 e un paio di 6 nell’ultima pagella — se si fa un giro sul mio blog vedrà che sono spesso ironica) a segnalarmi la cosa, molto a disagio perché lui adora gli animali.
L’esempio del rapinatore mi pare molto diverso, perché viviamo in una società in cui le prescrizioni giuridiche e religiose nonché le leggi consuetudinarie condannano il furto e la rapina: pertanto i bambini crescono avendo già introiettato la cognizione che rubare è “male”.

2. Esiste uno specifico professionale per i docenti. Si può scrivere su riviste, pubblicare e tradurre articoli e non avere alcuna cognizione di causa su cosa sia scolasticamente valido. Sia da un punto di vista didattico che educativo. Così come (spero) non mette in discussione il lavoro del dentista mentre le applica una otturazione, allo stesso modo dovrebbe fidarsi un po’ di più di chi lavora con i bambini.                  

2. Non lo metto in dubbio. Però sui libri del Gruppo Editoriale Raffaello abbiamo riscontrato errori ed omissioni (in un esercizio di geometria si chiedeva di disegnare un “trapezio equilatero”; studiando la Lombardia, tra i fiumi principali veniva omesso l’Adda; in grammatica, si faceva confusione tra gli aggettivi numerali cardinali e gli aggettivi numerali ordinali invertendone il significato etc.); fidarsi è bene con quel che segue.

3. Gli animali non sono esseri non umani senzienti. Sono animali. Con il coraggio di chiamare le cose con il proprio nome si fa molta strada. Il problema posto dalla pagina in questione riguarda un bambino che, per scelte culturali probabilmente non consapevoli, si trova a rischiare la vita in una arena. Lei si occupi del toro, al bambino penserà qualcun altro.

3. Per Lei gli animali “sono animali” e basta. Per me, che sono impegnata da decenni ormai sul fronte aspecista, gli animali sono “senzienti non umani”. Si tratta di Weltanschauungen contrapposte: io sono nata e cresciuta in una visione antropocentrica e scientista, ma l’esperienza, gli studi e la sensibilità personale mi hanno fatto mutar d’avviso. Non basta avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome (e che a me non manca, stia sicura): bisogna anche avere il coraggio di “mettere fra parentesi” ciò che si sa o si crede di sapere, per imparare a vedere le cose da una prospettiva diversa. Il problema posto dalla pagina in questione riguarda un bambino che si trova a rischiare la vita in un’arena perché quello è il contesto culturale in cui vive, e che è molto differente dal nostro. Con tutto il rispetto, mi occuperò di ciò che più mi aggrada.

4. Le chiedo di usare il termine “diseducativo” con molta cautela. Lei esordisce, nel suo blog, nel seguente modo: Mi metto lì, armata di santa pazienza, per far fare i compiti a quello sfaticato di mio figlio, e scopro che… La informo che  studi non recentissimi  hanno dimostrato che quello “sfaticato” è predittivo di un severo insuccesso scolastico. E’ molto poco educativo pensare (e additare pubblicamente) il proprio figlio come sfaticato.

4. A questo punto Le ho già risposto più sopra.

Spero che mi userà la cortesia di stampare questa risposta e farla avere alle maestre di suo figlio. Vorrei ringraziarle per la scelta di “Mille e una storia” ed invitarle nel mio sito: www.evapigliapoco.it , uno dei repository di materiale didattico più importanti del nostro Paese.

Stamperò questa risposta, unitamente alla mia, e La farò avere alle maestre di mio figlio. Spero che Lei mi ricambierà la cortesia pubblicando la mia risposta sul Suo sito, così come io pubblicherò sul mio blog questo carteggio.

PS: ho letto nel suo blog delle sue vicende politiche. Ho anche pensato che l’ostacolo a pensare una pagina di testo come occasione di riflessione possa derivare da una visione ideologica della realtà (non importa se visione anarchica o di destra radicale). Continueò volentieri a dibattere con lei sugli argomenti in questione, a patto che si possa frequentare un comune terreno popperiano.

P.S.: Pensi ciò che vuole — ne ha tutto il diritto. Continuerò volentieri anch’io: il dibattito e il confronto sono sempre un arricchimento.