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La patata bollente degli OGM

di Eduardo Zarelli - 14/03/2010

Dopo il via libera della Commissione Europea alla Patata Transgenica della Basf resistente agli antibiotici, il ministro Zaia annuncia di essere "pronto a tutto pur di difendere gli interessi e la salute degli italiani (...) perché quella italiana è un'agricoltura identitaria e purtroppo, dopo le patate, potrebbero arrivare altri prodotti. E non dobbiamo permetterlo". Duro anche il commento di Greenpeace: "è scioccante che da sei anni il presidente Barroso provi a seppellire le evidenze scientifiche sui dubbi per la sicurezza di questa patata OGM". È solo l'ultimo episodio che ripropone il dibattito più generale sulla nuova scienza genetica, che si sta affermando negli asettici laboratori dei paesi industrializzati. Riprogrammare i codici genetici della vita - ad esempio - non rischia di interrompere milioni di anni di sviluppo evolutivo? Non sussiste il rischio di diventare alieni in un mondo popolato da creature clonate, chimeriche e transgeniche? Che influsso avrà sulle convinzioni comuni più profonde la prassi di brevettare la vita? Che cosa significherà essere uomini in un mondo dove i bambini vengono progettati geneticamente e alterati in utero, naturale o artificiale, e dove le persone vengono identificate, stereotipate e discriminate in base al loro genotipo?
Il matrimonio fra computer e genetica, negli ultimi dieci anni, è uno degli avvenimenti dominanti della nostra era e promette di apportare trasformazioni radicali più di qualsiasi rivoluzione tecnologica della nostra storia. Gli ineffabili ottimisti affermano che gli esseri umani hanno cercato di “manipolare” il mondo biologico fin dalle prime forme di agricoltura nei primordi del neolitico ma, se la motivazione che sta dietro l’ingegneria genetica è, in un certo senso, remota, la tecnologia rappresenta qualcosa di qualitativamente nuovo e originario. Per più di dieci millenni l’umanità ha addomesticato, generato, incrociato animali e piante ma, nella lunga storia di queste pratiche ci si è limitati ai vincoli naturali posti dai confini di specie. Gli animali ibridi (ad esempio i muli) sono solitamente sterili, e gli ibridi delle piante non tramandano tutti i propri tratti. L’ingegneria genetica supera le costrizioni imposte dalla natura e, oltrepassando la specie, interviene direttamente sui geni con implicazioni semplicemente imprevedibili. Le nuove tecnologie con l’inedita capacità di identificare, immagazzinare e manipolare il programma genetico degli organismi viventi ci presentano lo scenario di una seconda "genesi", sintetica, rispondente ai requisiti dell’efficienza produttiva e della competizione scientifico-commerciale.
Un ingegnere biotecnologico non considera il mondo vivente come dato, ma una realtà in potenza. Forzando la divisione cellulare che, non a caso, limita l’interscambio con l’esterno alla sua sopravvivenza, i confini di specie sono semplici etichette biologiche di ingredienti atti a mescolarsi con un esito strumentale. Tutte queste sono decisioni eugenetiche emancipatesi - di fatto - da qualsivoglia considerazione etica o morale. Ogni volta che viene realizzato un mutamento genetico di questo tipo implicitamente - se non esplicitamente - si prendendo decisioni su quali siano i “geni sbagliati” che devono essere alterati o eliminati e i “geni giusti” da inserire o preservare. Questo è esattamente il concetto base dell’eugenetica.
Il secolo della biotecnologia promette di completare il viaggio iniziato da Francis Bacon con la Nuova Atlantide, grazie al “perfezionamento” sia della natura dell’uomo, sia della natura in generale, in nome del “progresso”. L'elaborazione informatica organizza le comunicazioni con rimandi relazionale ideali per gestire i flussi dinamici e i processi interattivi che costituiscono il mondo fluido dei geni, delle cellule, degli organi e degli ecosistemi. Il modo in cui il computer è organizzato, specialmente le reti complesse, rispecchia i processi dei sistemi viventi, dove ognuna delle parti è un nodo di una rete dinamica di relazioni che continuamente perfeziona se stessa a ogni livello della sua esistenza, conservando una presenza vivente. Per un esperto di cibernetica, il feedback (cioè la retroazione) e l’elaborazione delle informazioni, servono da descrizione scientifica onnicomprensiva di come gli organismi anticipano e di come rispondono ai cambiamenti delle condizioni ambientali nel tempo. Un organismo vivente non è più considerato come una forma permanente, ma piuttosto come una rete di attività. Con questa nuova definizione della vita, la filosofia del divenire sostituisce quella dell’essere e, la vita e la mente, diventano ostaggio della nozione di “elaborazione” del cambiamento. Ogni successiva generazione della crescente catena dell’evoluzione, proprio come ogni nuova generazione di computer, è più complessa e più abile nell’elaborare crescenti quantità di informazioni in periodi di tempo più brevi. Riducendo la struttura alla sua funzione, e la funzione a un flusso di informazioni, la nuova cosmologia non percepisce più le cose viventi come uccelli e api, volpi e galline, peschi e mandorli, ma come grovigli di informazioni genetiche. Tutti gli esseri vengono prosciugati della loro sostanza e trasformati in messaggi astratti. La vita diventa un codice da decifrare e, come potrebbe ogni cosa vivente essere considerata sacra quando è solo un modo di organizzare le informazioni?
La questione culturale evocata può essere affrontata solo se si supera la dicotomia strumentale tra favorevoli o contrari alla scienza e alla tecnologia. Piuttosto, bisogna fare uno sforzo di approfondimento e chiedersi quale tipo di scienza e tecnologia può accompagnare il nuovo millennio. Il secolo della biotecnologia esautorerà giocoforza il riduzionismo positivista, caratterizzato dalla sequenzialità sincronica e dalla stretta causalità. A quel punto sarà possibile l’affermarsi di nuovi paradigmi epistemologici. Già da ora si pensa in termini di sistemi autoregolati, di omeostasi; la biologia più attenta parla di “processo” più che di “costruzione” e vede il gene, l’organismo, l’ecosistema e la biosfera come un “organismo integrato”, in cui la salute di ogni parte dipende dal benessere dell’intero sistema.
Pensiamo, ad esempio, alle cinque malattie caratterizzanti dei Paesi “ricchi”: infarto, ictus, cancro, diabete e obesità; sono innescate al 70% da condizionamenti ambientali, a prescindere dalla predisposizione genetica individuale. Una via alternativa al riduzionismo razionalistico insiste innovativamente sulla prevenzione, possibile anche grazie alle nuove frontiere della biologia. Tra qualche anno avremo la mappa genetica completa di ogni bambino e sapremo, sin dalla nascita, la predisposizione genetica alle malattie di ciascuno. Solo adesso si comincia ad apprendere che certi geni si attivano tra il concepimento e la nascita in base a delicati fattori ambientali nell'utero, quindi cambiando le abitudini della madre (dieta, esercizio fisico, rilassamento emotivo e psichico) si possono bloccare certe proteine che mutano la cellula durante la gestazione. Analogo spirito anima la coltura dei tessuti, che oggi ci permette di creare organi in laboratorio. Dalle cellule pancreatiche di un paziente malato si può ricostruire un intero pancreas, avvalendosi di un’impalcatura tridimensionale biodegradabile dello stesso organo fino a far posto alle nuove cellule. Si agisce similmente con la pelle, le dita, intere strutture ossee, stimolando le cellule a fare ciò che farebbero normalmente in natura, senza giocare ad essere Dio.
Le scienze di mimesi unite alle interpretazioni olistiche della realtà stanno aumentando in importanza e levatura, proiettando nei più vasti campi una immagine della natura come ragnatela priva di giunture fatta di miriadi di rapporti simbiotici e di interdipendenze, tutti incastrati in più grandi comunità biotiche che insieme formano un singolo organismo vivente, la biosfera. La consapevolezza ecologica, può sollecitare un “grande mutamento” di prospettive e favorire forme appropriate e consapevoli di tecnologia impostate sulla relazione piuttosto che la dominazione, basandosi sulla biodiversità e il mantenimento dei legami profondi del vivente.