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Forse siamo tutti in un reality show…

di Omar Camilletti - 16/03/2010

 

Di questi ultimi giorni colpiscono tre anodine notizie che invece hanno tutta l’aria di voler significare più di quanto comunichino  sul real world  che ci tocca di vivere;  Il primo evento è lo “scherzo” alla maniera di Orson Welles che ha seminato panico e allarmi nella Georgia. La  Imedi Tv, una emittente privata,  ieri sera ha interrotto la programmazione per annunciare, usando immagini di repertorio, che i carri armati russi avevano invaso nuovamente il Paese ed erano ormai alle porte della capitale Tbilisi e che il presidente Mickhail Saakashvili era morto. Il conduttore di  Imedi Tv, all’inizio del programma, aveva accennato di sfuggita a “eventi possibili” ma nessuno ci aveva fatto caso vedendo le immagini drammatiche, invece erano i filmati della guerra di due anni fa, possibile che nessuno se ne sia accorto nonostante la stagione fosse diversa: adesso è marzo mentre quando le forze di Mosca avevano invaso veramente il Paese dopo l’intervento georgiano contro l’Ossezia del Sud si era in agosto. La notizia si è subito diffusa a macchia d’olio e solo allora il conduttore ha abbandonato i toni concitati, informando il pubblico che quanto era stato mostrato documentava non quanto stava accadendo veramente, ma quanto potrebbe succedere in un futuro più o meno prossimo.  Le autorità georgiane non hanno gradito la messa in scena e il portavoce della presidenza della Repubblica ha definito il programma un pessimo esempio di giornalismo reazioni critiche e polemiche.  Il portavoce non ha precisato se Saakashvili abbia o meno fatto gli scongiuri, dopo avere appreso della sua ‘morte’. «Molta gente è rimasta traumatizzata – è stata la reazione dell’ex presidente del parlamento di Tbilisi, Nino Burdjanadze, leader dell’opposizione, che si è detto – sicuro che ogni secondo di questo programma ha ricevuto l’approvazione dello stesso Saakashvili».  Reazioni  negative non sono mancate neanche in Russia: secondo il presidente della commissione esteri della Duma, Konstantin Kosachev, «basta vedere chi ne può aver tratto vantaggio. In questo caso la sola persone che ne può beneficiare è il presidente Saakashvili, il cui unico modo di avere un qualunque posto nella storia è di far credere alla popolazione che il Paese sia in pericolo».

Il secondo evento è la dichiarazione americana  che  ammetteva insultante la simultaneità della visita di Biden, vicepresidente Usa, con l’approvazione da parte del governo israeliano  di un insediamento a Gerusalemme est di 1600 appartamenti.  Mai era accaduta una cosi forte presa di distanza dell’amministrazione di Washington da quella di Tel Aviv.

La terza infine è la mancata collisione dell’aereo su cui viaggiava il presidente della camera Gianfranco Fini parallela all’annuncio dato qualche ora dopo  che l’aereo di Berlusconi potesse celare una bomba. Con i dovuti scongiuri lasciamo fantasticare nel pieno macchiavellismo che ormai domina la politica italiana cosa sarebbe accaduto “se”…

Sono tre situazioni che ci fanno constatare come ormai la realtà sia in grado di superare come suol dirsi la fantasia di qualsiasi sceneggiatore. Nel frullatore della contemporaneità,  dove è ormai finito tutto il profano e il profanabile,  non è tanto la preferenza dell’apparire e dell’ossessione di diventare ricchi e famosi che fa affollare i provini del grande fratello, quanto la sensazione del non esserci, di provare quel vuoto ciclico che ogni generazione sente nella cosidetta vita moderna e che stenta ad essere colmato nella mercificabilità di ogni dimensione,  nella sindacalizzazione forsennata di ogni essere vivente e nella autoschedatura-promozione di massa indotta  nei telefonini, nei reality, nelle chat e nelle e-mail e nelle catene di s,antonio di facebook e affini.

È inutile ribadire quante fosse precisa,  molto di più di paludosi testi accademici,  la teoria della società dello spettacolo di Guy Debord –  opera spesso più citata che letta. In quel libro  si faceva  allusione  che  nella societa del Capitale tutte le precedenti forme dell’economia sarebbero prima o poi sparite per far posto ad una anestesi delle creature viventi. Del resto si sono esaurite le grandi narrazioni che hanno tentato di tenere desta la società spettacolare proiettandola su un  destino  più o meno cinico e strumentale: il miraggio della conquista dello spazio e la colonizzazione della luna, la realizzazione del regno della cuccagna (lo stato comunista) e la strapotenza del sapere scientifico e della tecnologia –   anche se  Don Verzè insiste nel suo sogno o incubo di far campare tutti fino a 120 anni – sono favole finite nella pattumiera,  tutte queste lotterie  hanno cominciato a spegnersi da quel fatidico 1989.

Così come la lussuria promanata dalle carte di credito che ha segnato il mattino del secolo svanisce cosi ora che la vita vera è ritornata ad essere quella irreale che si riflette sullo schermo. Tutto il rimosso della storia dilaga: il razzismo, il fanatismo religioso, la violenza fra le nazioni…  Chi e come saprà farle andare verso il loro contrario,   in radicale divergenza  da pensatori come Zizek per il quale il godimento è la destinazione finale  ci vengono suggerite modeste proposte su alcune circostanze di perdita di senso e di consenso della democrazia.

Se  infatti applichiamo l’enunciazione di entropia dei campi della politica e della economia,  massimamente nell’era delle intercettazioni e del riciclaggio di denaro “sporco”, vedremo come si profili una  nuova attitudine, uno slittamento lento ma inesorabile del modo di rappresentare la cronaca e la politica,  sulla scia di quanto ci ha edotto Miro Renzaglia a proposito del romanzo reality dell’argentino Sergio Bizzio dove si raccontavano le intrusioni negli studios televisivi delle istanze dei terroristi a matrice islamica ma potrebbero essere di qualsiasi tipo. Ma con una variante che è il suo esatto contrario, ovvero:  quelle notizie riportate all’inizio ci rivelano una estetizzazione e il conseguente riversamento nelle forme dei reality di ambiti che attenevano da sempre alla politica e della economia.

Pensiamo a proposito di immaginario  al film Il divo di Paolo Sorrentino su storie cruciali della nostra repubblica  o pensiamo alle riprese della D’Addario a palazzo Grazioli. Oppure, per spaziare a livello internazionale, al film oscar  Il pianista di Roman Polanski: all’epoca la storia vera non impressionò più di tanto e venne dimenticata, mentre oggi può essere letta sotto forma di un reality del protagonista nascosto in varie case di una Varsavia distrutta con l’incubo di una nomination fatale. Fate le vostre supposizioni: non sarà importante, come al solito, se sia autentico o no, quel che dovrà contare è che sembri verosimile.