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Asili aziendali. Forme totalitarie avanzano?

di Alessandro Cavallini - 22/03/2010


Anche in Italia si sta diffondendo il fenomeno degli asili aziendali. Prima Regione per numero di nidi presenti sul territorio è il Veneto, con 51 ditte che utilizzano queste strutture. Tra le province, al primo posto si piazza Treviso con 14 asili aziendali, seguita a breve distanza da Verona con 12. Seguono poi Vicenza e Venezia con 8 nidi, Padova 5, Rovigo 3 e, fanalino di coda, Belluno, con una sola azienda provvista di nido (dati 2009 dell’assessorato regionale alle Politiche sociali).

I nidi in azienda fanno parte di un genere ancor più ampio che aumenta di anno in anno, i servizi per la prima infanzia: asili nido, nidi integrati, centri infanzia, micronidi. Attualmente in Veneto se ne contano 718, che coinvolgono 21281 bambini, contro i 674 e 19962 bambini dell’anno 2008.

«I nidi aziendali hanno tutti i requisiti necessari: qualificazione professionale, idoneità, qualità del servizio», spiega Stefano Valdegamberi, assessore regionale alle Politiche sociali. «Il nido in azienda ha una marcia in più per i genitori che lavorano: comodo, accessibile, concede flessibilità. La capacità aziendale di farsi carico e compartecipare alla vita familiare dei suoi dipendenti, smussando le tensioni all’interno della famiglia, migliora il benessere del lavoratore». E ovviamente tutto questo non può che portare benefici per l’azienda. «La rendita è migliore ed incide sull’impresa positivamente», aggiunge l’assessore. «Non si hanno pensieri, si è meno distratti, si fanno meno errori. Una politica aziendale che cerca di fare questo porta beneficio al lavoratore, alla sua famiglia, all’azienda e allo Stato».

Per non parlare degli introiti derivanti alle imprese da tali attività. Se in un asilo nido comunale si spendono mediamente 300 euro, in uno aziendale la cifra per bambino sale a 500-600 euro al mese. Da parte della Regione c’è un contributo, o meglio, un rimborso: 1.200 euro per bambino all’anno (100 euro al mese), soldi parte del fondo a disposizione per i servizi per l’infanzia, che è di 25 milioni di euro. Ma forse non è abbastanza. «Non ricevendo dei benefici, i costi sono maggiori. E’ il punto debole», conclude Valdegamberi. «I costi dovrebbero essere ammortizzati con una maggior detassazione dei dipendenti».

Ma, al di là dei costi, a noi non piace il modello verso cui si sta rivolgendo l’imprenditoria italiana: quello paternalistico in salsa giapponese. Nel paese del Sol Levante, prima dell’inizio del lavoro, è abitudine per i dipendenti cantare tutti insieme l’inno aziendale e fare ginnastica collettiva. Inoltre, un’attenta campagna ideologica aziendale ricorda come sia necessario diffondere i valori, la missione, il credo e le politiche generali dell’azienda, in modo che esse siano costantemente il riferimento per tutto il personale. Particolarmente importanti sono anche tre componenti destinati al raggiungimento degli obiettivi dei gruppi: 1) il forte spirito di corpo aziendale; 2) le forme di rappresentanza sono strutture interne all’impresa; 3) la mediazione è una funzione interna dell’impresa, abolendo di fatto qualunque forma di mediazione sindacale. A questo vogliamo arrivare? Speriamo proprio di no, perché un giorno chi, oggi, ci offre l’asilo aziendale, potrà offrirci anche la dieta aziendale, il sonno aziendale e, soprattutto, il totalitarismo aziendale.