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Cronache dal cemento: verde pubblico in via d'estinzione

di Andrea Boretti - 22/03/2010


Negli spazi metropolitani restano poche aree verdi, la maggior parte delle quali vengono trasformate in palazzi ad una velocità impressionante. Le case ecologiche da sole non bastano, è necessario cambiare direzione e dire basta allo sfruttamento che il territorio subisce a spese dell'ambiente stesso e dell'uomo.


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Di fronte casa mia fino a poco tempo fa c'era un enorme prato, adesso ci sono sei palazzine in fase di costruzione
Vivo al terzo piano di un palazzo di quattro in provincia di Milano, di fronte a casa mia fino a poco tempo fa c'era un enorme prato, non un parco o un giardino, non c'erano né vialetti né panchine, ma neanche un campo coltivato. In questo prato passeggiavano gli inquilini del mio palazzo con i propri cani e si incontravano con altri abitanti della zona attirati li da quell'unico grosso pezzo di verde cittadino. In fondo al prato una compagnia di ragazzi aveva tirato su due pali e steso un filo, giocavano a pallavolo e chi non giocava si sedeva a guardare all'ombra di diversi alberi da frutto. Dal mio terrazzo, inoltre, riuscivo a vedere le montagne che nei giorni di sole o al tramonto erano veramente stupende.

Un giorno gli alberi sono stati tutti tagliati, sradicati dalla terra. Vedere le radici rivolte verso il cielo era uno spettacolo orribile. Il giorno dopo l'area è stata tutta recintata. Oggi sono passati quasi due anni e dal mio balcone non vedo più le montagne, ma solo sei palazzine in fase di conclusione (ne avranno per altri 6 mesi circa), la mattina alcuni anziani vengono a curiosare l'avanzamento dei lavori ma si fermano poco, di cani non se ne vedono più e la compagnia di ragazzi si è ovviamente spostata.

In provincia di Milano il verde è una cosa rara e lo sta diventando sempre di più. Nella cittadina in cui vivo il prato davanti a casa mia non è l'unico ad essere stato destinato ad edificazione, poco lontano sta praticamente sorgendo un nuovo quartiere, quanti siano gli edifici non lo so, ma sono davvero tanti. L'orizzonte è ormai un privilegio destinato a pochi padroni di attici all'ultimo piano.

La piaga del consumo del territorio non è però un problema della sola Provincia di Milano dove il Ligresti di turno fa il bello e il cattivo tempo, è un problema dell'intera Lombardia e di tutto il centro e nord Italia. In Emilia, in quella zona definitia "food valley" in cui si producono alimentari di alta qualità, la cementificazione è un fenomeno assurdamente in continua espansione. Capannoni e nuovi fabbricati sorgono ovunque erodendo e minacciando quella stessa terra che dà lavoro e cibo a chi la abita. Su questo tema Nicola dall'Olio, geologo e membro di ASPO-Italia, ha diretto un documentario dal titolo Il suolo minacciato che riassume e analizza molto bene la problematica. "E' un documentario che ti fa venire voglia di gridare" dice Ugo Bardi sul Risorse, Economia e Ambiente, il blog di ASPO-Italia.

Gridare per lo shock di una devastazione senza senso ci viene da pensare. Da almeno due anni il mercato dell'immobile è fermo e paradossalmente sembra invece che si moltiplichino le nuove costruzioni, casermoni vuoti destinati a rimanere in gran parte invenduti per anni. Sì perché i prezzi sono alle stelle, il lavoro è precario e se la crisi ha risparmiato i ceti più agiati, ha invece colpito in modo impietoso la massa.

"Il problema è culturale" dice Bardi e crediamo abbia ragione. Il territorio è finito, sfruttarlo oltre vuol dire sottoporsi a un rischio idrogeologico non sostenibile, con conseguenze - dove il terreno lo rende possibile - simili a quelle di Messina, ma non solo. Chi vi ridarà le montagne quando un palazzo ve le coprirà, chi vi ridarà i salami dal gusto che tutto il mondo ci invidia e il granoturco color oro quando l'ennesima cascina e l'ennesimo campo saranno espropriati per l'ennesima tangenziale e l'ennesimo condominio?

Bisogna cambiare prospettiva, bisogna tornare ad immaginare il futuro. Non bastano due pannelli solari per prendere le sovvenzioni statali, non bastano le case ecologiche che comunque mangiano territorio, è ora di cambiare paradigma e farlo in fretta finché, ancora, ne abbiamo le possibilità.