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Obama, una riforma sanitaria con il trucco

di Filippo Ghira - 23/03/2010


      
 
Ignorando le proteste della destra repubblicana, che ha parlato di un provvedimento degno di un Paese socialista come Cuba, un’accusa sanguinosa in un Paese come gli Usa, la Camera dei Rappresentanti ha approvato con una maggioranza risicata la contestata riforma della Sanità voluta da Barack Obama.
I repubblicani hanno votato compatti per il no e a loro si è unita una non indifferente schiera di deputati democratici tanto, che il voto ha registrato una maggioranza di appena 219 sì contro 212, il quorum richiesto era di 216, a fronte di 4 assenti. Per Obama si tratta di una vittoria politica dalla quale però il suo partito esce sconfitto e diviso se si pensa che alla Camera ci sono 233 democratici contro 202 repubblicani.
Il presidente ha usato toni enfatici e kennediani per esaltare il voto affermando che gli Usa sono ancora “un popolo capace di fare grandi cose ed affrontare le grandi sfide”. Il voto rappresenterebbe così la realizzazione di un sogno dei tanti che si sono battuti per sostenerlo. L’inquilino della Casa Bianca, passato dal “we can” al “we did”, dal “possiamo farlo” a “lo abbiamo fatto”, e si è detto certo che la riforma non dividerà gli americani ed una volta che si saranno affievoliti i toni accesi che la avevano accompagnato, resterà in piedi sarà un sistema sanitario che riunisce in sé le idee di entrambi i partiti. In realtà gli Usa appaiono molto divisi e i repubblicani hanno parlato di “socializzazione delle cure mediche” paventando una bancarotta dei conti pubblici tra qualche anno.
In buona sostanza, la riforma è risultata molto affievolita nei suoi contenuti rispetto alle intenzioni iniziali quando si parlava di creare un sistema sanitario statale, la cosiddetta “opzione pubblica”, tale da tutelare tutti i cittadini ed in grado di essere concorrenziale con quello privato. E questo, grazie ad una assicurazione di Stato disponibile a tutti e a costi contenuti. Il provvedimento, ha quindi ammesso Obama, non risolverà tutto ciò che riguarda la sanità ma permette di muoversi nella giusta direzione. Non è una riforma radicale ma è una riforma importante “per il cambiamento”.
La legge prevede l’assistenza sanitaria per 32 milioni di americani che finora ne erano privi. Può sembrare una svolta progressista ma in realtà il trucco esiste ed è evidente. Tutti questi milioni di cittadini dovranno infatti sottoscrivere una polizza assicurativa medica, un obbligo che porterà non pochi miliardi di dollari nelle casse delle compagnie già protagoniste delle massicce speculazioni che, unite a quelle delle banche, avevano innescato la crisi finanziaria del 2008.
Sono quindi le stesse assicurazioni finite sul lastrico, e che sono state salvate dai fondi pubblici versati da Bush e Obama, che oggi da dietro le quinte guidano la danza contro una riforma che pure le arricchirà non poco. Tali proteste dipendono dal fatto che lo Stato, almeno a parole e a mo’ di contentino, ha varato misure punitive, che in realtà sono una semplice questione di decenza. Si è impegnato ad obbligare le assicurazioni ad abbassare il costo delle polizze e verserà un contributo pubblico alle famiglie che nonostante tutto non se le possono permettere. Per rimarcare l’impronta “sociale” del suo provvedimento, Obama ha pure previsto che le compagnie assicurative non potranno rescindere una polizza quando il paziente si ammala e non potranno rifiutarsi di assicurare un bambino attaccandosi alla scusa che ci sono malattie preesistenti. Questa era e resta a ancora oggi una pratica molto diffusa grazie alla quale le compagnie hanno risparmiato miliardi di dollari e che veniva considerata particolarmente odiosa dai cittadini. Le compagnie non potranno più imporre tetti massimi ai rimborsi, una pratica ancora più odiosa delle precedenti perché riguarda i malati affetti da patologie grave come i tumori, che rappresentano la più alta causa di mortalità negli Usa. Infine, in nome del principio “aiutare i bamboccioni”, è stato previsto che le famiglie potranno conservare nella copertura dell’assicurazione sanitaria i figli fino all’età di 26 anni. Una misura contestata se si considera che gli Usa sono il Paese del “self made man” e del “rimboccatevi le maniche” ma che tiene conto del fatto che molti giovani, a causa della crisi non riescono ad ottenere un contratto di lavoro che è pur sempre legato ad un’assicurazione obbligatoria. Un vincolo che, se violato, d’ora in poi sarà sanzionato con multe pesanti.
La questione centrale della realtà Usa resta comunque che, a differenza dei Paesi europei, non esiste un sistema sanitario pubblico al quale tutti possono accedere. Certo il governo finanzia programmi di assistenza per i poveri (Medicaid) e per gli anziani (Medicare) ma nella patria dell’individualismo è diffuso il principio, caro alle classi medio-alte, che sia il singolo individuo a dovervi provvedere. La legge prevede un aumento delle tasse per i redditi superiori a 200 mila dollari annui ed anche un inasprimento fiscale per le case farmaceutiche proprio per finanziare i costi del nuovo sistema sanitario che necessiterà di 900 miliardi in 10 anni. Molto meno, si deve ricordare, dei soldi versati agli speculatori.
La legge, nei suoi aspetti salienti, entrerà in vigore solo nel 2014. Da tale data il Medicaid garantirà cure gratuite a 16 milioni di cittadini fino al tetto di 29.000 dollari di reddito annuo lordo calcolati su una famiglia media di quattro persone. Gli altri 16 milioni dovranno comprarsi una polizza assicurativa all’interno di nuova Borsa sorvegliata dallo Stato, e potranno ricevere aiuti pubblici per un massimo di 6.000 dollari.
La svolta che ha permesso ad Obama di raggiungere il quorum necessario si è avuto domenica quando il presidente ha vinto le rimostranze del democratico Bart Stupak deputato antiabortista del Michigan, che non voleva che la legge prevedesse finanziamenti pubblici per l’interruzione di gravidanza. Obama ha quindi emanato un “ordine esecutivo” che rafforza il divieto di usare i fondi federali per gli aborti se non in casi estremi, come il pericolo di vita per la donna. Resta il fatto che, come concessione alle lobby dei cristiani evangelici e integralisti, la legge preveda la possibilità di ricorrere alle assicurazioni per le interruzioni di gravidanza. Ma le donne interessate dovranno pagare una polizza a parte oltre a quella per la copertura normale.