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Il vuoto a rendere e isuoi nemici

di Marano Sandro - 25/03/2010

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Inuna famosa commedia di Jonesco intitolata “Amedeo o come sbarazzarsene”si racconta di una famiglia che, trovandosi in casa un cadavere, cerca disbarazzarsene buttandolo fuori dalla finestra. Sennonché, a mano a mano checerca di spingerlo fuori dalla finestra, il volume del cadavere aumenta semprepiù.

E'questa una metafora del problema che la nostra società consumistica,ribattezzata in modo incisivo da alcuni autorevoli ecologi (tra cui l'italianoGiorgio Nebbia) “società dei rifiuti”, si trova ad affrontare con l'aumentoesponenziale dei rifiuti.

Dopoanni di dibattiti, di campagne per la raccolta differenziata, di proteste deicittadini per la riapertura di discariche o la costruzione di inceneritori, chesarebbero la più appropriata soluzione tecnica a detta di taluni esperti epolitici, i rifiuti sono ancora un problema, ed anzi una vera e propriaemergenza in molte regioni italiane.

Ognianno in Italia produciamo circa 30 milioni di tonnellate di rifiuti solidiurbani. Stile di vita, precisi interessi commerciali, pressappochismo deipolitici, di sinistra e di destra, impediscono un corretto approccio alproblema, mentre il moltiplicarsi di imballaggi di ogni tipo, anchedifficilmente riciclabili (come i poliaccoppiati, tetrapak in testa), haportato, negli ultimi vent'anni, ad un raddoppio della produzione dei rifiuti.I soli imballaggi si avviano a costituire quasi il 50% del totale dei rifiuti.Non gravati da alcun disincentivo economico a carico di produttori econsumatori, i contenitori usa e getta hanno invaso gli scaffali disupermercati e negozi ed aggravato il sistema di raccolta e smaltimento deiComuni. Il risultato è stato che produttori e distributori si sono alleggeritidei costi di gestione del ritiro dei vuoti e allo stesso tempo hanno scaricatosulla collettività il costo economico ed ambientale degli imballaggi e deivuoti a perdere, di fatto pagati due volte dal consumatore: all'atto dell'acquistoe dopo, come rifiuto, con la tassa di smaltimento.

Ilcuore del problema non è come smaltire i rifiuti, è molto prima, è come vieneprogettato il prodotto. Se i produttori si preoccupano soltanto che il prodottocosti poco, sia leggero ed attraente per il consumatore, ma se ne fregano dellafine che fa dopo l'uso, continueremo a rincorrere un problema che via via avràdimensioni e difficoltà di soluzione sempre più grandi. Eppure, come scriveGiorgio Nebbia: “i rifiuti sono merci usate, costituite dagli stessimateriali e molecole che erano presenti nelle merci nuove e che, in via diprincipio, potrebbero essere riutilizzate quasi integralmente.” Nondobbiamo dimenticare che la responsabilità dell'immissione sul mercato di unprodotto e di un imballaggio è di chi lo produce e lo distribuisce, non certodella collettività e dell'ente locale che subisce l'invasione. E' proprionecessario, ad esempio, che un cioccolatino debba essere avvolto da unastagnola, adagiato in un contenitore di plastica, racchiuso in una scatola dicartone, e che questa sia a sua volta cellofanata? Non potrebbero tutti questiimballaggi essere sostituiti da uno solo? Non a caso nelle direttive europee,in particolare nella 94/62 recepita dal Decreto Ronchi, si fissa una graduatorianei criteri di gestione dei rifiuti, che pone in primo luogo la riduzione degliimballaggi e dei rifiuti; mentre gli inceneritori sono posti in coda dopo ilriuso, il riciclo e il recupero di materie prime e solo prima delle discariche!

Limitarsia costruire inceneritori, come auspicato da alcune parti politiche, magarichiamandoli in modo tartufesco termovalorizzatori per utilizzare l'energia cheproducono, senza una seria e complessiva politica di riduzione e di recuperodei rifiuti, vuol dire che tra alcuni anni ci troveremo a dover costruire altrediscariche e altri inceneritori. Questi ultimi, infatti, non fanno che spostareil problema: riducono la massa dei rifiuti, ma le ceneri residue - circa unterzo di quanto viene bruciato - abbisognano di discariche speciali ed i fumi,malgrado le più avanzate tecnologie, contengono sostanze nocive quali lediossine.

Purnon essendoci in questo campo bacchette magiche, ci sono tre propostefondamentali per una società sostenibile elaborate dagli ambientalisti, chevanno prese in seria considerazione: il vuoto a rendere con cauzione per lariduzione a monte dei rifiuti; la raccolta differenziata dell'organico peravviarli al compostaggio; e la leva fiscale per orientare i consumatori versocomportamenti ecologicamente compatibili.

Esaminiamoin questa sede la prima proposta.

Comescrive Paolo Colli, già vicedirettore dell'ARPA Lazio e fondatoredell'associazione ambientalista Fare Verde, “il principio sembra perfinobanale: se vuoi che una cosa non venga abbandonata, applica sulla suarestituzione un premio a chi la riconsegna e vedrai che quella cosa verràrestituita in percentuali altissime. Il vuoto a rendere su cauzione consenteritorni oltre il 90%, percentuale irraggiungibile per le raccolte differenziateitaliane di plastica, alluminio o vetro”Troppi nemici zero resa,in Gaia autunno 2004). (

Ilvuoto a rendere è un sistema che prevede una cauzione versata al momentodell'acquisto di una bevanda in contenitore. Tale cauzione è restituita nelmomento in cui il contenitore viene ridato al venditore in modo che possaessere riutilizzato più volte senza diventare rifiuto. Il deposito cauzionalesul vuoto a rendere è il mezzo più efficace per il ritiro dei contenitori ed ilritorno al loro produttore, com'è dimostrato dai risultati eccellenti, conpercentuali di resa dall'80 al 90%, raggiunti in altri paesi europei del NordEuropa, dalla Germania all'Olanda ai Paesi Scandinavi. Allo stesso tempo èun'efficiente misura di prevenzione per correggere comportamenti ecologicamentescorretti.

Icontenitori usa e getta (plastica, tetrapak, alluminio) si sono impostisul mercato grazie alla loro leggerezza. Ma questa leggerezza diventa unproblema subito dopo il consumo: il contenitore usa e getta fa lievitarei costi della raccolta e dello smaltimento, in particolare per i materiali nonbiodegradabili, come la plastica e i poliaccoppiati. Al contrario i contenitoria rendere presentano notevoli vantaggi: 1) il contenitore non diventa rifiuto,quindi non grava sui costi di raccolta e smaltimento dei rifiuti e non va adintasare discariche e ad alimentare inceneritori; 2) fa risparmiare le materieprime che sarebbero necessarie per produrre altri contenitori; 3) lasterilizzazione delle bottiglie a rendere richiede circa 60 volte meno energiarispetto alla produzione di nuove bottiglie; 4) garantisce un correttocomportamento del consumatore indotto dalla cauzione a restituire il vuoto conpercentuali superiori a quelle che può offrire la raccolta differenziata.

Perquanto riguarda poi la leggerezza, che è l'argomentazione principale di chi sioppone al sistema del vuoto a rendere, va rilevato che il vuoto a rendere non èsolo in vetro, ma anche in altri materiali: in Germania e in Olanda ad esempio la Coca Cola commercializzail suo prodotto in bottiglie sottoposte a cauzione in PET rigido che vengonoriutilizzate tali e quali; e in Alto Adige le aziende di distribuzione dellatte utilizzano bottiglie in policarbonato, che consente un riuso fino a 90volte con una cauzione di 0,75 euro.

InItalia, le esperienze del vuoto a rendere sono sporadiche e confinate a pochearee geografiche non essendo previsto, a differenza di quanto avviene nellamaggior parte dei paesi europei, un sistema a rendere.

Emblematicoè il caso della birra: ”alcuni anni fa - scrive ancora Colli - iltentativo di introdurre in Italia il vuoto a rendere per i contenitori primariper birra - su cui erano d'accordo gli stessi produttori di birra - fu stoppatoper le barricate subito alzate dalle lobbies della grande distribuzione e dellaplastica che con le loro pressioni sui parlamentari di tutti gli schieramentifecero naufragare l'iniziativa al senato.”

Gliavversari principali del vuoto a rendere in Italia sono alcuni settori delcommercio, in particolare la grande distribuzione, che vedrebbero aumentare icosti di gestione; e i produttori di contenitori in plastica, che dovrebberomodificare i propri prodotti. I beneficiari sarebbero la stragrande parte dellapopolazione, altri settori della produzione (vetro, policarbonato, PET rigido)e l'ambiente.

Checosa suggerirebbe, dunque, l'interesse nazionale?