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Tra affari, politica e storia chi sono i padroni del denaro

di Giorgio Ruffolo - 01/04/2010




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Gli italiani fondarono società che avevano corrispondenti in tutta Europa. Lo scozzese John Law con l´idea della carta moneta diede il via alla speculazione Nel capitalismo degli ultimi anni si è diffusa l´ideologia che vuole che i debiti non si debbano mai rimborsare. Su questa hanno prosperato personaggi come Madoff o Malkin

Li hanno chiamati gnomi di Zurigo. Hanno detto che maneggiano lo sterco del demonio. E i teologi cristiani hanno avvertito che il mercante di denaro, il banchiere, vi aut numquam deo placere potest, raramente o mai può piacere a Dio.
Tuttavia di questo sterco è fatto il concime dell´economia. E il disprezzo dei moralisti e dei teologi è valso ai banchieri, in tutti i tempi, rispetto e potere.

In una piazza di Prato c´è la statua del banchiere Francesco Datini, raffigurato con un mazzo di cambiali nella mano. Aveva fondato una multinazionale con corrispondenti a Londra, Bruges Parigi e Barcellona. Il fondatore del Banco Medici, Giovanni di Bicci e suo figlio Cosimo si insediarono al vertice dello Stato. Il nipote di Cosimo si chiamò Lorenzo, fu detto il Magnifico e fu una specie di grande maestro e mediatore delle repubbliche italiane. I mercanti banchieri amalfitani, Mauro e Pantaleone diressero da Costantinopoli un grande impero commerciale. Il primo fa riedificare mezza Amalfi, fonda il monastero del Monte Athos, crea ospedali gratuiti: il secondo partecipa, finanziandola e combattendo, alla Crociata, e tenta, inizialmente con successo, di orientare la politica dell´impero d´Oriente contro il pericolo normanno. Gli uomini d´affari italiani, alla testa di un giro d´affari mondiale, diventano consiglieri, capi politici, protettori delle arti. Sono il prototipo dei grandi banchieri europei, dei Fugger che finanziano l´elezione dell´imperatore Carlo V, dei Rotschildt, che diventano banchieri della Santa Alleanza, e dominatori della finanza europea, dei fratelli Lazard creatori della Haute Banque che finanzia lo sviluppo del telegrafo e delle ferrovie.

I banchieri hanno a che fare, non solo col denaro, ma con la fede e con la violenza. Ricordiamo i templari: l´ordine monastico-militare costituito attorno al 1120 per proteggere i pellegrini sulle vie della Terrasanta infestate dai predoni. Come tutti gli altri ordini monastici i templari facevano voto di castità, obbedienza e povertà. Della obbedienza e della castità non sappiamo. Quanto alla povertà, l´Ordine, in quanto tale era ricchissimo. I fratelli gli consegnavano al loro ingresso ogni loro avere, le loro milizie vi depositavano i frutti dei saccheggi, i pontefici li colmavano di ogni sorta di privilegi fiscali. Queste immense ricchezze erano investite in grandi aziende agricole oppure prestate dapprima ai pellegrini, poi ai governi della Cristianità: quello del Regno di Francia soprattutto. Si capisce come divenissero il bersaglio dell´invidia e dell´avidità. Filippo IV il Bello, dopo averli accusati di ogni ignominia, sodomia e culto di Bafomet (Maometto) e fatti imprigionare e torturare, li fece bruciare sul rogo nel marzo 1314 davanti alla cattedrale di Parigi. Le maledizioni delle vittime, solennemente pronunciate da Jacques de Molay, furono comunque efficacissime. Filippo fu stroncato da una caduta da cavallo e il Papa Clemente, che lo aveva assecondato sciogliendo l´ordine dei templari, morì un mese dopo di lui di dissenteria.
Erano stati gli italiani a inventare la banca, anzi il banco, la tavoletta coperta di panno verde sulla quale si ammucchiavano le gemme degli orafi, le monete d´oro e d´argento, e quelle magiche lettere di cambio che permettevano di spostare da una parte all´altra del mondo le cifre della ricchezza, mentre le ricchezze restavano a casa. Ma furono i francesi a promuovere la seconda grande rivoluzione della finanza, nel secolo XVIII. L´economia investiva ormai in pieno grandi paesi e grandi mercati nazionali. Le monete metalliche e le banche cittadine non erano più sufficienti a fronteggiare l´aumento immenso del flusso della ricchezza. Di qui la comparsa del grande "paradosso", la moneta di carta, le banconote. E, poiché le banconote si possono stampare a volontà, la comparsa della speculazione, della scommessa sul valore futuro della moneta, e, di contro, la comparsa della Banca Centrale come garanzia di controllo delle emissioni. È qui che si fa avanti uno strano economista spadaccino, assassino ed evaso, genialisssimo, si chiama John Law, il quale riesce a vendere al suo amico Reggente di Francia un´idea semplicissima: non è necessario che il denaro circolante sia d´oro o d´argento. È necessario che sia garantito da una attività economica reale. Ma questo introduce un elemento di instabilità formidabile nell´economia dando alla speculazione un ruolo preponderante. Nei boulevard si canta una canzone: "lunedì ho comprato delle azioni, martedì ho guadagnato milioni, mercoledì la casa ho trovato, giovedì la carrozza ho ordinato, venerdì sono andato a ballare e sabato sono finito a mendicare". Law fu travolto dalla febbre della speculazione che aveva suscitato, e che le autorità monetarie di allora non erano capaci di imbrigliare. Ma aveva inventato la banca, la finanza, la moneta moderna.

Veniamo alla finanza, alla moneta e ai banchieri dei giorni nostri. La globalizzazione ha scatenato una terza rivoluzione finanziaria. Non c´è soltanto una mercatizzazione dello spazio che fa del mondo intero un grande mercato. C´è la mercatizzazione del tempo (futuro) all´origine di una enorme inflazione finanziaria: l´indebitamento. Il capitalismo, è stato detto, è diventato quel regime in cui i debiti non si saldano mai. L´economia diventa schiava di una frenesia in cui i debiti si pagano con nuovi debiti. E l´indebitamento diventa una serie di onde che si accavallano l´una sull´altra. Finché inevitabilmente si infrangono sulla riva. E´ l´epopea dei geni della finanza ladrona, come quel Bernard Madoff che ha causato un ammanco di 50 miliardi di dollari, come quel Michael Milken che entusiasmava i giovanotti di Wall Street con lo slogan "avidità è bello".

Siamo stati investiti in questi anni da uno tsunami di questo tipo. Ne stiamo uscendo? Oppure stiamo tamponando l´indebitamento privato con quello pubblico, per ricominciare da capo?