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Clima ed energia, una domanda ai negazionisti

di Erasmo Venosi - 05/04/2010

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Il 22 aprile si celebrerà il quarantesimo anniversario di Earth Day e paradossalmente i “Potenti” del pianeta hanno condiviso una pericolosa strategia di stallo (fallimento della Cop 15 di Copenaghen) rispetto alle decisioni che sarebbero necessarie assumere in campo ambientale.

Il 22 aprile si celebrerà il quarantesimo anniversario di Earth Day e paradossalmente i “Potenti” del pianeta hanno condiviso una pericolosa strategia di stallo (fallimento della Cop 15 di Copenaghen) rispetto alle decisioni che sarebbero necessarie assumere in campo ambientale. Negazionisti delle responsabilità dell’uomo rispetto al riscaldamento globale, lobby delle fonti fossili e “armate” di media di proprietà stanno conducendo ad una rischiosa situazione di mancate decisioni e assunzioni di responsabilità su questioni prioritarie che riguardano l’oggi e il futuro.
 
Nessun anacronistico timore della modernità ma una posizione responsabile e precauzionale andrebbe assunta. Volendola mettere brutalmente in termini, scientifici gli impatti ambientali prodotti dalla crescita dipendono da tre variabili (equazione di Holdren): popolazione, ricchezza pro capite e tecnologie. Insomma l’insostenibilità ambientale dipende dal numero delle persone, da quante cose il sistema produttivo produce e dal modo come queste cose sono prodotte. 
 

Nei mondi vuoti e semivuoti e dell’abbondanza delle risorse del Neolitico e dell’Olocene non esistevano problemi di limitatezza di risorse e l’inquinamento non aveva assunto dimensioni planetarie. In duecento anni siamo passati da 500 milioni di abitanti a circa 7 miliardi! I lietopensanti (un neologismo di Giovanni Sartori) pensano che la tecnica e le innovazioni supereranno ogni angoscia legata alla limitatezza delle risorse. Ma questo è assolutamente falso! Basterebbero già le prime due leggi della termodinamica a smentirli: la tecnica non crea nulla, può solo trasformare, e in ogni trasformazione materia ed energia vengono trasformate in qualcosa di inutilizzabile. L’illustre e inascoltato sconosciuto Roegen da tempo predica che il Pil non deve essere massimizzato ma ottimizzato e che la via dello sviluppo coincide nel trarre utilità crescenti da sempre minori risorse. 
 

Insomma la soluzione consiste nel passare dalla crescita illimita, alla gestione intelligente di ricchezza e risorse. Il prerequisito per ottenere tutte le altre risorse è la disponibilità di energia, e le fonti fossili sono le più importanti forme di energia che usiamo. Gli ottimisti irridono le posizioni che denunciano l’esauribilità di petrolio e gas e riducono tutta la questione al problema degli investimenti nella ricerca. Indipendentemente dai comodi e strapazzati valori numerici relativi alle disponibilità di petrolio, si ignora (ma questo accade anche per l’uranio usato nel nucleare) che il vero parametro da utilizzare nelle stime sulle risorse energetiche è il rapporto tra l’energia prodotta e quella spesa (EROEI) e che chi investe vuole essere remunerato (maggiorazione congrua del valore dell’EROEI).
 
Ignorare il costo energetico ed ecologico e concentrarsi solo su quello monetario dell’estrazione ha condotto il pianeta alla attuale condizione. Il picco di produzione non è lontano e banalizzare la curva a forma di campana che evidenzia il massimo e poi il declino della produzione (curva di Hubbert) è argomento forse elegante ma pericoloso. La politica è felice di non decidere se le viene fornita la “stampella” giustificativa. Crescono così gli attacchi dei negazionisti a quanti istituzionalmente, come l’IPCC, si occupano di riscaldamento globale. 
 
Argomenti giustificatori del riscaldamento globale come le cause naturali (variazione dell’eccentricità dell’orbita terrestre, dell’angolo di inclinazione dell’asse terrestre, della linea di precessione degli equinozi, macchie solari, radiazione cosmica, emissioni vulcaniche ) hanno trovato adeguate risposte nel IV Rapporto di IPCC. Le argomentazioni dei negazionisti si rifanno a contestatori del global warming (www.oism.org) e a istituti di marcato orientamento politico (www.marshall.org).
 
Ai negazionisti nostrani una domanda: com’è spiegabile, al di fuori delle cause antropiche, la diminuzione negli ultimi decenni della concentrazione di carbonio tredici, la cui concentrazione è particolarmente bassa nei combustibili fossili se paragonata con la concentrazione dello stesso (C 13) proveniente da altre fonti di emissioni? Cambiamenti climatici, biodiversità perduta, inquinamento da azoto, assottigliamento dell’ozono, aumento dell’acidità oceano, consumo del suolo e di acqua richiedono una riconversione sotenibile del sistema energetico. Nessun integralismo e costose scelte unilaterali ma scelte: che, ormai, non sono più rinviabili.