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Scale universali, prima regola del design adattivo

di Nikos Salingaros - 07/04/2010

Fonte: bioarchitettura-rivista



La progettazione sostenibile applica regole morfogenetiche tipiche della natura stessa. Ovviamente tali regole imitano, e non copiano, le strutture fisiche, in particolare quelle biologiche. Le caratteristiche dei materiali naturali indirizzano le forme del costruibile nei limiti di specifiche geometrie, ed è questo il motivo per cui possiamo osservare l’applicazione di queste regole nei bei design di tutte le architetture tradizionali e vernacolari. Nonostante certe recenti frenesie mediatiche, piazzare sul tetto un pannello solare non connette all’intrinseca geometria della natura!
Esistono diverse regole per una progettazione che connetta alla natura. Qui discuterò la prima di esse, probabilmente la più importante di tutte. La famosa sequenza di Fibonacci è una ricursione aritmetica, che rappresenta un’operazione ripetuta con retroazione. Si parte con il numero 1, si somma 1, e si continua sommando ogni volta fra loro le due cifre precedenti, ottenendo così una sequenza infinita {1, 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, … }. Ecco lo strumentario matematico per ottenere un risultato fondamentale in architettura, che chiamiamo “scale universali”:
“Gli elementi in successione della sequenza di Fibonacci {1, 3, 8, 21, 55, 144, 377, 987, 2584, … } costituiscono un termine di paragone per le suddivisioni nel design adattivo”.
Applichiamo dunque questa regola alla progettazione, innanzitutto salendo di scala. Consideriamo la scala costruttiva più piccola, ad es. quella di un gradino (che deve avere una certa altezza in ragione delle dimensioni fisiche degli esseri umani). La scala successiva potrebbe misurare circa 3 volte quel gradino, quella ancora successiva circa 8 volte lo stesso gradino, quella dopo circa 21 volte il gradino, quella dopo 55 volte, ecc., fino a raggiungere la scala dell’intero edificio. Il progetto dovrebbe cercare di evitare l’interposizione di scale significative fra queste scale approssimativamente determinate.
La medesima regola può essere applicata calando di scala. Si comincia dalla scala più grande, ad es. l’edificio o la sua configurazione generale. La scala immediatamente più piccola dovrebbe misurare all’incirca 1/3 della dimensione più grande, quella successiva circa 1/8 sempre rispetto alla dimensione più grande, quindi 1/21, ecc., scendendo fino alla misura dei minimi dettagli. Occorrerà evitare l’esistenza di scale significative fra quelle in tal modo definite.
Nella progettazione architettonica la regola delle scale universali ci permette di rispondere a quesiti quali: «Questo specifico componente dell’edificio va fatto di 1 o di 5 metri?» Confrontando le componenti più piccole e più grandi fissate dalla fisiologia umana o da altre determinanti fisse della misura, la nostra decisione viene in tal modo agevolata. Non si tratta di una camicia di forza alla progettazione, in quanto la regola è solo approssimata, né definisce la geometria formale (a differenza dal vocabolario progettistico modernista, che invece senza dubbio impone le forme di fatto). Se il progettista dispone di una completa libertà nel realizzare gli elementi di un edificio secondo qualsiasi misura, le scale universali aiutano a sfrondare il numero di possibilità, e a rendere il processo di progettazione più efficiente. È inoltre utile a rendere l’edificio più armonioso, nonché a recuperare le scale più piccole, da 2 metri a 5 millimetri, così spesso neglette.

Generiamo dunque due sequenze di lunghezze: le dimensioni verticali come i lati dei rettangoli aurei, e le dimensioni orizzontali anche come lati dei rettangoli aurei. Entrambe le sequenze obbediscono separatamente alle scale universali che abbiamo introdotto sopra (molto approssimativamente, perché i numeri non sono gli stessi). A un architetto che desiderasse comprendere le scale universali ma non conoscesse la sequenza di Fibonacci, basterebbe osservare i rettangoli aurei, per vedere quelle proporzioni relative tra le scale in successione d’un edificio, che conducono a una coerenza progettuale. Il disegno mostra anche la progressione verso scale sempre più piccole.
Un altro strumento per le scale universali è la sequenza esponenziale. Si tratta di uno strumento più pratico, che impiega una sequenza geometrica di elevazioni a potenza della costante logaritmica e = 2.72, la quale determina le forme di corna animali, di conchiglie, ecc. Ecco la sequenza esponenziale: {1, e = 2.72, e2 = 7.39, e3 = 20.1, e4 = 54.6, e5 = 148, … }. Questa sequenza esponenziale è approssimativamente uguale alla sequenza delle scale universali, e comincia a differirne solo nei termini più grandi. I suoi numeri sono abbastanza prossimi a quelli corrispondenti della sequenza di Fibonacci, e dunque altrettanto utili a generarare componenti architettonici. Abbiamo così derivato le scale universali da tre metodi completamente differenti.
L’applicazione delle scale universali produce costrizioni, le quali facilitano la progettazione nella misura in cui restringono il campo delle scelte. Sono svariate le costrizioni che portano il design ad adattarsi alle sensibilità umane innate, basate sulla biologia. Le scale universali rappresentano una condizione necessaria ma non sufficiente per la progettazione adattiva. Espandono la vecchia “regola del 3” usata in passato, fornendo tutti gli altri termini, e sono state introdotte da Christopher Alexander con la sua opera The Nature of Order, Vol. 1, Center for Environmental Structure, Berkeley, California, 2001. La teoria dettagliata qui presentata è stata sviluppata nel mio libro A Theory of Architecture, Umbau-Verlag, Solingen, 2006, capp. 2 e 3.
    Ora, capita che le scale universali siano in rapporto con il quadrato della sezione aurea , dove 2 =  + 1 = 2.618. Questa interessante coincidenza non ha nulla a che vedere con le proporzioni di certi speciali rettangoli, come le carte di credito, l’elevazione accuratamente scelta del Partenone, e altri edifici!
Fate attenzione alla differenza essenziale del nostro approccio: la Sezione Aurea è tradizionalmente applicata ai rettangoli, ed io qui sto parlando di una sequenza di lunghezze che non hanno nulla a che fare specificamente coi rettangoli. In un rettangolo il termine di paragone è fra la sua altezza e la sua lunghezza, cosa irrilevante a riguardo delle scale universali; io misuro le dimensioni delle componenti architettoniche nel medesimo verso, e computo le proporzioni relative fra scale successive. Inoltre, molti degli esempi più famosi della Sezione Aurea richiedono di essere assunti con cautela, per funzionare bene: ad es., nel paradigma del Partenone dobbiamo o no includere il timpano triangolare e i gradini?
    Tra le architetture che seguono le scale universali possiamo contare quella gotica, l’architettura occidentale classica, l’architettura islamica, le architetture vernacolari del mondo intero, quelle tradizionali provenienti da tutte le culture e da tutti i periodi storici, ma NON il modernismo internazionale.
    
    Tutte le culture note hanno sviluppato le scale universali nelle loro architetture autoctone, sia vernacolari che monumentali. Fanno eccezione le fortificazioni militari e le piramidi, la cui funzione richiedeva che apparissero inavvicinabili dall’esterno. Le scale universali sono perciò connaturate all’umano, e ci forniscono una corroborazione fondamentale sulla base di questo stesso sviluppo.
    
    
    Il raffronto che abbiamo proposto qui sopra fra due residenze dalle dimensioni e dai profili approssimativamente uguali, riguarda soltanto le scale più ampie, ma è al livello delle scale più piccole che la differenza diventa realmente drammatica. Nella casa modernista non esistono scale più piccole, e perciò non c’è alcuna gerarchia scalare. Le scale più piccole vengono eliminate deliberatamente da tutti i progetti modernisti e minimalisti, sacrificati all’estetica di uno stile molto preciso e peculiare.
    
    
Sostenendo che la grande maggioranza degli edifici al mondo costruiti prima dell’era industriale obbediscono alle scale universali (con una certa continuità nei primi anni dell’industrialismo), di fatto lancio una sfida. Si tratta di qualcosa di valido per tutte le culture, per tutti i diversi periodi della storia, senza restrizione a un gruppo ben selezionato di pochi edifici che potrei citare qui. La mia affermazione può essere documentata da misure in situ, ed è allora che il termine “universale” diventa evidente, giacché si applica alle architetture indigene vernacolari come a quelle monumentali. Le scale universali sono insomma innate al modo in cui gli esseri umani creano le forme, e non sono una caratteristica legata ad una cultura specifica.
    Un’applicazione delle scale universali consiste nel creare ampie linee di demarcazione. Un’articolazione ha bisogno di bordi definiti. Commisurati alle scale universali, i margini o i centri debbono avere un bordo. È questo il motivo delle ampie cornici intorno alle porte e alle finestre, dei battiscopa, dei pilastri, ed esso fa venir meno l’esigenza di esibire materiali industriali privi di supporto.
    
         
Le cornici vennero eliminate nel XX secolo per ostentare la potenza dei nuovi materiali industriali: una porta o una finestra non avevano più bisogno di una pesante cornice strutturale che la rinforzasse. L’estremo di portare il muro a filo dell’apertura, spianando via qualsiasi forma di transizione, divenne presto un feticcio: l’espressione minimalista di una porta o una finestra come un buco nel muro. Pochi si rendono conto che la forma linguistica oggi dominante non è altro che l’ostentazione di un virtuosismo, virtuosismo che ha continuato a sussistere nonostante la funzione emotiva del suo messaggio sia ormai esaurita. Al contrario, un utilizzatore prova un sentimento di coerenza e stabilità quando incontra una robusta bordatura intorno a un accesso.
    Le scale universali oggi si incontrano soltanto negli edifici neoclassici e nelle costruzioni vernacolari (comprese le abitazioni auto-costruite in tutto il mondo). Gli architetti tradizionali utilizzano le scale universali intuitivamente, ma sono davvero poche, al giorno d’oggi, le persone in condizione di attingere a un simile tipo di formazione. Un’eccezione: la memoria delle tipologie dell’architettura classica è sufficiente a guidare il progettista nel realizzare oggi un edificio classico tradizionale. Il problema riguarda in effetti piuttosto il design estraneo al linguaggio formale tradizionale.
    
    In conclusione, suggerisco l’uso di proporzioni fra lunghezze per aiutare la progettazione. Quest’idea rappresenta un cambiamento rispetto al modo di pensare alla “proporzione”, che NON è la proporzione fra i lati di un rettangolo, ma il confronto dimensivo di oggetti misurati nello stesso verso. Non vi è nulla di magico o di mistico in tutto ciò. Gli esseri umani dispongono nella loro struttura genetica, percettiva e biologica, di un insieme innato di regole per adattarsi al proprio ambiente. Vi sono diversi insiemi distinti di regole che ci guidano al design adattivo, e uno di questi è dato dalle scale universali. Tale nozione ci permette di confermare la validità dei linguaggi formali tradizionali, e di usarli quindi oggi di nuovo senza venir per questo condannati come “passatisti”. Con essa posiamo anche stabilire dei criteri a partire dai quali creare nuovi linguaggi formali, del tutto innovativi.