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Barriera corallina minacciata dal naufragio di una petroliera

di Alessandra Profilio - 07/04/2010


Barriera corallina a rischio dopo il naufragio della nave petroliera cinese avvenuto lo scorso 3 aprile a est della Great Keppel Island, in Australia. La fuoriuscita di petrolio ha formato una scia chilometrica in mare mettendo a repentaglio la sopravvivenza di uno dei più delicati ecosistemi del Pianeta, rifugio universale di natura incontaminata.


barriera corallina
“Una bomba ad orologeria”. Così il WWF australiano ha definito il cargo cinese che si è arenato nella Grande Barriera Corallina sabato 1 aprile
“Una bomba ad orologeria”. Così il WWF australiano ha definito il cargo cinese che, arenatosi nella Grande Barriera Corallina sabato 3 aprile, rischia ora di spezzarsi in due provocando un disastro ambientale di dimensioni colossali. Attualmente, le squadre di soccorso australiane sono impegnate per sventare la catastrofe. Lunga 230 metri, la nave Sheng Neng I trasporta 65mila tonnellate di carbone e 975 di petrolio.

L’incidente è avvenuto 70 chilometri a est della Great Keppel Island – un paradiso al largo della costa orientale del Queensland che ospita centinaia di specie marine protette e coralli molto pregiati – dove, urtando a tutta velocità la barriera corallina, il cargo ha rotto un serbatoio da cui sono fuoriuscite tre-quattro tonnellate di petrolio, formando una scia di tre chilometri.

La situazione resta preoccupante e la minaccia per la Grande barriera corallina è grave”, ha dichiarato il primo ministro australiano Kevin Rudd dopo aver sorvolato la località nel nordest dell’Australia. “Dal mio punto di vista, è scandaloso che una nave possa trovarsi nella Grande barriera corallina. È il bene naturale più prezioso d’Australia e qualsiasi minaccia a suo carico è particolarmente grave”, ha aggiunto Rudd, che si è impegnato a punire i responsabili. Intanto, il primo ministro del Queensland, Anna Bligh, ha comunicato che i proprietari della nave cinese rischiano una multa che può arrivare fino a 920mila dollari statunitensi.

Sabato scorso, lo Shen Neng I, proveniente dal porto australiano di Gladstone e diretto in Cina, probabilmente per risparmiare ha tentato di percorrere una difficile e illegale scorciatoia attraverso la Grande Barriera corallina australiana. L’ipotesi della scorciatoia non è stata ancora confermata dalle autorità, che hanno avviato tre distinte inchieste sull’incidente.

barriera corallina australia
“E’ il bene naturale più prezioso d’Australia e qualsiasi minaccia a suo carico è particolarmente grave”, afferma Kevin Rudd riferendosi alla Barriera Corallina
Intanto la sicurezza marittima australiana sta indagando per stabilire se navi straniere “imbocchino” scorciatoie illecite attraverso il parco naturale della Grande barriera. “Abbiamo sempre detto che la nave si trovava in una zona dove non avrebbe dovuto essere. L’indagine esaminerà in che modo si è ritrovata in questa rotta”, ha dichiarato Patrick Quirk, direttore dei servizi della sicurezza marittima. “E’ il bene naturale più prezioso d’Australia e qualsiasi minaccia a suo carico è particolarmente grave”, afferma Kevin Rudd riferendosi alla Barriera Corallina, inserita tra i siti patrimonio mondiale dell’umanità dell’Unesco.

Da molti anni gli ambientalisti si battono perché siano previste patenti speciali per navigare nei canali della zona. L’incidente verificatosi sabato scorso non è infatti il primo episodio che minaccia l’esistenza della Grande Barriera, uno dei maggiori rifugi universali di natura incontaminata ma anche uno dei più delicati ecosistemi del Pianeta. Questo paradiso terrestre, infatti, è già stato messo in pericolo nel gennaio 2006 da una nave da carico coreana che disperse 25 mila litri di carburante pesante nelle acque del Queensland.

D’altra parte, come ha comunicato la direttrice del dipartimento conservazione del Wwf in Australia, Gilly Llewellyn, quello di qualche giorno fa è il terzo grosso incidente internazionale che negli ultimi quattro anni ha visto coinvolta la China Ocean Shipping Company (Cosco), società proprietaria del cargo Shen Neng I: a San Francisco nel 2007 e in Norvegia nel 2009.

In entrambi i casi la perdita di carburante in mare ha provocato ingenti danni ambientali.