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Reset and restart

di Gianni Petrosillo - 12/04/2010



La firma del nuovo trattato START tra Russia e Usa, a Praga, benché dal punto di vista militare non rappresenti nemmeno lontanamente quella rivoluzione strategica di cui parlano gli analisti, ha, tuttavia, un grande significato simbolico. E ciò non solo per i due Stati che hanno sottoscritto l'accordo (la cui ratifica da parte degli organi elettivi nazionali dovrebbe essere una pura formalità) ma, in egual misura, per quei paesi come l'Italia - dove gli Stati Uniti hanno collocato, nel tempo, parte della loro potenza nucleare - trasformata in una portaerei naturale per il fronteggiamento del blocco sovietico ora dissolto.

Così, mentre Obama cerca di conquistare agli occhi del mondo quel nobel per la pace elargito con troppa leggerezza e nessun merito evidente - avendo con ciò dovuto sobbarcarsi l'impegno morale di rimettere alla cura dell'avvenire una giustificazione adeguata agli onori preventivamente concessigli - nel nostro paese qualcuno ha rilanciato il dibattito sulle bombe custodite nella basi di Ghedi e di Aviano (circa 90, da quel che si sa) che non trovano più ragione di esistere, convenientemente alla riconfigurazione geopolitica del mondo e alla decomposizione del patto di Varsavia.

Non è stata la sinistra a contraddistinguersi, per coraggio denunciatorio e irriverenza politica nei confronti dell'Alleato Atlantico, mettendo all'ordine del giorno tali tematiche. Tanto meno, i suoi mezzi di propaganda mediatica hanno ritenuto di dover sostenere la necessità di risvegliare la coscienza popolare per renderla più sensibile alla problematica nucleare (che, invece, descrivono come un pericolo per le comunità locali quando è finalizzata a dare uno sbocco energetico civile ad una nazione sempre a secco di mezzi propri). Lorsignori appaiono più preoccupati di svelare al proprio bacino di utenza identitario le forme e le azioni attraverso le quali, da quasi un ventennio oramai, si starebbe affermando una sorta fascismo strisciante in patria, ancor più subdolo di quello originale, che non di impegnarsi in un riorientamento delle coscienze verso le urgenze inappellabili della fase storica, dalle quali dipende il ripristino di una maggiore sovranità interna. Per essere davvero supini e servili alla potenza americana basta semplicemente imbastire digressioni culturali da salotto ed innalzarle al rango di fondamentali diatribe politiche, le sole degne di essere dibattute da una collettività “moderna”; tutte quelle amenità e sciocchezze (che pur tali non sarebbero se incasellate in una visione globalmente critica dei processi storici) sulla laicità, la differenza di genere, i diritti civili, costituenti il vero chiodo fisso dei progressisti reazionari del III millennio.

Quindi, un plauso particolare va a quei giornalisti come Livio Caputo de il Giornale, Francesco Grignetti della Stampa e al duo Dinucci-Di Francesco del Manifesto, uniche eccezioni a sinistra con Dino Greco di Liberazione, che hanno perorato l'inserimento nell'agenda politica nostrana di questa spinosa faccenda.

Caputo si chiede, perspicacemente, se l'accordo Stone Ax, quello grazie al quale gli americani hanno potuto conservare la loro potenza di distruzione sul nostro suolo, non debba decadere dopo che la Gran Bretagna, primo alleato degli Usa in Europa, il Canada, la Grecia, la Danimarca e l'Islanda hanno  già ricevuto una  liberatoria simile dal vecchio padrone Atlantico

Dopodiché anche Belgio, Olanda, Germania e Norvegia hanno dichiarato di voler seguire la medesima strada. Ma gli italiani - sempre distratti dai futili argomenti di cui i politicanti di destra, di centro e di sinistra, si fanno abili propugnatori (insieme al loro pollaio mainstream) - non hanno nemmeno il diritto di sapere quanti ordigni sono dislocati presso di loro, come si evince dalle contraddizioni emerse tra un rapporto del Consiglio americano di difesa delle risorse naturali  (che ha parlato di 90 bombe dimostrabili) e quanto  dichiarato dal sottosegretario alla Difesa Corsetto (il quale smentisce la stessa presenza di una sola di tali bombe). 

Sarebbe finalmente il caso di svegliarsi e di affermare un ruolo meno supino del Paese sullo scacchiere internazionale, imponendo alla stessa comunità globale il riconoscimento di una volontà sovrana italiana negli assetti multipolari, utile  a far emergere un più stabile baricentro geopolitico che non può essere ancora ed esclusivamente americano.

Di questi tempi non è dato cincischiare troppo, con gli aerei dei presidenti che "sventuratamente" cadono e le rivoluzioni similpopolari che “implodono”. E' meglio che gli attuali “padri della patria” ne tengano conto.  Il resettaggio e la ridefinizione delle relazioni mondiali deve valere anche per noi.