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La rivoluzione impossibile

di Francesco Mancinelli - 12/04/2010


E’ uscito un bel libro di circa 500 pagine sulla storia ragionata dei Campi Hobbit  e l’itinerario complesso e contraddittorio che partendo da essi,  arriva fino alla Nuova Destra italiana ed alle successive evoluzioni ;  un testo chiave, a mio avviso,  per poter approfondire e comprendere una serie di avvenimenti ed evoluzioni all’interno del panorama metapolitico della destra italiana, soprattutto un lavoro che invita a riflettere su certe dinamiche che iniziate a circa metà degli anni 70, sono sfociate con la fine del neo-fascismo istituzionale (MSI-DN) in una infinità di variabili umane, politiche, e culturali rendendo di fatto inapplicabile e/o impossibile il progetto/premessa iniziale.

Intanto, va detto che questo La rivoluzione impossibile (Vallecchi, 2010) è la riedizione dal nucleo originario di un altro libro intitolato Hobbit/Hobbit, edito agli inizi degli anni 80 a cura della L.ed.E di Roma  e scritto a più mani, edizione  riveduta e corretta dicevamo,  con una pre-fazione di circa 70 pagine ed altrettante di post-fazione da Marco Tarchi ,  autore nonché curatore del testo e principale animatore e teorico della Nuova destra in Italia.  Diciamo subito che da un punto di vista formale,  è’ ottima ed essenziale l’integrazione di tutti gli articoli e gli interventi di stampa usciti sull’argomento,  soprattutto quelli di questi ultimi anni, integrazioni ed interventi  che erano sicuramente sfuggiti ai cultori dell’argomento;  il grosso limite è che non esiste per ora un indice nominativo finale.  Già un paio di interessanti recensioni si sono affacciate (1) e stanno iniziando a proporsi in Italia le prime presentazioni,  che porteranno di certo,  ad un approfondimento generale del tema.

Lo scopo del libro tuttavia è un altro.  Marco Tarchi cerca in qualche modo di dimostrare, con la riedizione di Hobbit/Hobbit,  che non esiste alcuna continuità di progetto, né genealogia ideologica,  tra i Campi Hobbit e Nuova destra da un lato,  e le classi dirigenti , la strategia e le idee incarnate e realizzate dal 1995 con AN prima,  e con il travaso dentro il Popolo della Libertà dopo;  ma soprattutto cerca di negare con forza,  che l’attuale messaggio finiano di smarcatura dall’asse Berlusconi-Lega (la Destra Nuova) stia proprio nell’irruzione di mentalità, di linguaggio, di metodo, di personaggi, di immaginari,  che trova la sua natura più’ nascosta e recondita nella scuola storica di formazione neo-destra.

Il tema è scottante,  sottile ed impertinente, perché ci invita tutti,  ( intendo dire tutti coloro che si sentono seriamente coinvolti dal tema e che hanno fatto parte della  cosidetta sfida Hobbit )  a riflettere sul “chi e come eravamo”,  su come e cosa sognavamo di essere,  e soprattutto sul “come siamo andati a finire”.

La Nuova Destra,  come esperienza a metà tra sfida culturale e tentazione neo-comunitarista ,  nasce in Francia dopo il ‘68 con il  GRECE (2) e la Nouvelle Ecole,  ed ha come base di partenza l’utilizzazione dello strumento culturale come meccanismo di pressione e rielaborazione del categorie tradizionali del politico.

La scelta privilegiata e di intervento ha riguardato temi legati al cambiamento e alle battaglie epocali emergenti,  il superamento della tradizionale dicotomia destra/sinistra, la necessità di ridisegnare scenari e posizionamenti piu’ congeniali ai tempi ( Et Et piuttosto che l’Aut Aut ) . La critica profonda alla modernità in crisi , cosi’ come al suo monteismo endogeno,   nonché la scelta per una sfida culturale post-moderna e non-esclusivista ma specifica  (neo-pagana?) ,  ha posto alla base del percorso neo-destro francese un postulato che dice:  da oggi occorre saper pensare congiuntamente quello che fine a ieri veniva pensato contraddittoriamente.

E sull’orma (o all’ombra ?)  parallela alla scuola Francese , i molteplici interlocutori italiani (3) , provenienti quasi tutti da una formazione Evoliana/Romualdiana e approdati all’ambiente rautiano a metà degli anni 70,  hanno tentano la stessa operazione di metodo e prospettiva.  Hanno scelto  J.R.R. Tolkien come chiave di immaginario, come potenza evocativa,  e con i tre Campi Hobbit hanno sfidato l’ambiente della destra italiota, prospettando di fatto la fuori-uscita dall’ottica del neo-fascismo classico  , quella preso in ostaggio a destra dal 1946, ma anche un progressivo abbandono ed una presa generale di distanza, dalla interpretazione della dottrina  tradizionalista del mondo,  giudicata limitata ed “incapacitante”:  quella per capirci facente capo alla scuola di Evola e Guenon.

Il libro,  tra alti e bassi,  racconta la storia dei Campi Hobbit ,  e di come progressivamente da essi si sia creata la successiva esigenza della Nuova Destra di slegarsi definitivamente dall’ambiente di partenza per approdare a nuovi lidi, cercare nuovi interlocutori in altre formazioni o luoghi,   e con un occhio  rivolto soprattutto verso la società civile ed ai suoi temi epocali. D’altra parte,  gli spazi di manovra politici,  dal 1976 in poi , si sono  progressivamente ridotti. La Nuova destra è rimasta schiacciata dal dirigismo almirantiano di ritorno che aveva sempre mal sopportato l’esperienza del Campi Hobbit , dal solito mimetismo fuggiasco e ambiguo di Pino Rauti nei momenti di vera difficoltà ( il suo rientro in direzione nazionale nel 1983) , dalla spinta nichilista o anarco-individualista del spontaneismo armato, dalla concorrenza del movimentismo politico destro-radicale sulla rete di circoli culturali e delle singole realtà militanti, dal riflusso degli anni 80,  e via via da mille altri ostacoli,  fino al Fascismo del 2000 dell’astuto Fini, pronto a fare una bella inversione a “U”  a Fiuggi  in nome, non della critica al Fascismo (4) ma al riconoscimento acritico, ipocrita e altrettanto antistorico, dell’anti-fascismo.

D’altra parte le domande del libro,  se l’uscita dal tunnel neo-fascista doveva per forza condurre a Fiuggi,  fino alla ancor piu’ sottile ed impertinente domanda,  di essere alla fine proprio la Nuova Destra ad aver  generato una influenza inconsapevole,  sull’attuale classe dirigente ex-missina  e le sue scelte , Tarchi se la pone,  se la pone e come, e non solo Tarchi (5) ;  una domanda che in molti si stanno ponendo utilizzando proprio la metafora e l’immaginario degli Hobbit (6) ;  e la risposta che Marco Tarchi  tende a dare  è generalmente negativa per vari motivi : perché la ND non aveva alcun progetto politico da percorrere,  e tantomeno aveva nulla a che vedere politicamente a destra ,  su cio’ che poi si è inverato ;  perché la spinta propulsiva della ND si era esaurita ancor prima dei successi della destra italiana ex-missina e la sua successiva trasformazione ;  e che quindi,  chi fa risalire “la destra nuova alla nuova destra” opera di fatto una mistificazione.

Eppure troppe domande/similitudini esistono, non ultima la dinamica del  percorso in discesa che ha accompagnato molto la ND francese.

La Nuova Destra in Francia ha avuto una evoluzione pressoché simile.  Il laboratorio era partito per riformare e riscrivere il pensiero di destra oltre il conservatorismo ed il tradizionalismo, ma avendo come punto di riferimento il vocabolario della Rivoluzione Conservatrice Europea;  è rimasto successivamente schiacciata,  da un lato dalla problematiche immediate e dirompenti dell’immigrazione e della crisi di identità nazionale , e dall’altra dal modello ultra-filo-occidentale del duo Chirac-Sarkozy.  Una nuova destra francese  spiazzata e impossibilitata ad influenzare scenari a sinistra così come a destra, che ha perso  numerosi animatori,  rientrati nei ranghi della destra radicale e dell’opzione lepenista da un lato ( e il caso di G. Faye),  o peggio ancora volati verso le derive liberal sarkosiane d’altra (6).  La risposta “differenzialista” di De Benoist,  per costruire un progetto politico multiculturale e tollerante in nome “dell’Impero Interiore”, ha cozzato proprio contro la realtà della mancanza “dell’Impero Politico Europeo  Esteriore” già avviato, orizzonte senza il quale  il vecchio sogno degli Svevi, ma anche di Dante, Macchiavelli, Spengler e del  loro disegno pan-europeo sovranazionale non  “potrà mai più risorgere”.

Quindi anche in Italia ,  per quanto si possa tentare di fare dei distinguo di percorso,  tra cui proprio quello individuale del Prof. Tarchi ,  l’unico che non si sia lasciato “né infiltrare né deviare” dalla sfida originaria ,  è indubbio che l’attuale “Destra Nuova” derivi a mio avviso antropologicamente (anima e corpo)  da quel percorso , compresa buona parte della sua ex-classe dirigente, nata,  senza alcun dubbio  Rautiana/Tarchiana e finita alla corte del  Fare Futuro .

Era dunque impossibile questa Rivoluzione, ed è altrettanto logico che si generasse alla fine  la  ”Destra Nuova” che tutti conosciamo;  quella delle identità dinamiche, indefinite, numerose,  variabili, liquide  quelle del minimalismo politico, della ciceroniana “concordia hominum”,  una destra tutt’altro che antagonista , ma che attraverso  un esercizio perfettamente integrato (e/o endogeno)  allo stesso sistema  occidentale,  e quindi una destra tutta’altro che nuova,  falsamente post-moderna o anti-moderna (almeno per come la intendono Tarchi e De Benoist) ,  ma semplicemente post-ideologica, debole, inquinata e conformista .

Non per questo occorre ricordare , che nei ranghi leghisti e social-berlusconiani, c’è un altrettanta presenza/influenza di ex-Hobbit.

Tuttavia l’attuale scontro intellettuale di vertice che vede impegnati oggi numerosi ex-neodestri  Solinas/Buttafuoco/Veneziani da un lato ( Il Giornale, Libero, Il Foglio)  e i vari Malgeri/Campi/Lanna/Mellone/Perina +  farfuturisti vari dall’altro (Il Secolo, Fare Futuro ecc, ecc.) , è tuttavia a mio avviso una “finzione mediatica”, è uno scontro intanto tra due referenti due prospettive,  dello stesso palcoscenico (due datori di lavoro?) ,  e non di percezione o di progetto politico alternativo ( nessuno si chiede ad esempio se sia ancora possibile in Italia ri-costruire una alternativa proporzionale al bipolarismo del Nulla ).  Per cui risulta abbastanza limitante,  una scelta tra se finire Leghisti da un lato,  o Finiani dall’altra;  e/o sforzarsi di capire dove piu’ e  dove meno la nuova destra è andata a posizionarsi.

Il processo di de-strutturazione neo-destro ( rifondazione del linguaggio, riposizionamento politico e riscrittura degli immaginari di riferimento),   in Italia come in Francia fallisce,  proprio nella costruzione di una vera prospettiva politica a lungo termine ,  perché ha rinunciato ad essere “cinghia di trasmissione  e formazione verso il basso” (ci serviva forse una Nuova Destra seriamente meno troskista  e più leninista??). E purtroppo , facendoci un bell’esame di coscienza, visto che siamo stati tutti un po’  Hobbit ,  siamo in qualche modo tutti egualmente responsabili,  di come questa ulteriore mancata Rivoluzione  ,  si sia resa nei fatti  ” Impossibile ” .

In Italia  c’è stato si’ il ricambio delle classi dirigenti,  “ma non certo contro o oltre all’ Occidentalismo”: casomai si è sposata,  per opportunità,  l’ennesima variabile di marca italiana di esso (ovvero liberal-cristiana,  laddove ogni vera Rivoluzione muore o diventa “Impossibile” da almeno  due secoli ) . Gli Hobbit, quelli piu’ autentici ,  si sono spesso resi incomprensibili ai più,  e l’Hobbittese  si è reso diffcilmente  applicabile a livello politico  senza avere vicino degli Aragorn che abbiano saputo “osare”   (la fase movimentista-politica alternativa) e poi ancora  serie guide spirituali come Gandalf (l’elemento  che determina e differenzia gli Uomini durante il viaggio di trasformazione):  per cui approdare alla corte di Sauron/Saruman,  è stato per molti,  del tutto naturale.

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1)      Stenio Solinas ,  Nuova Destra contro Destra Nuova , Il Giornale,  lunedi 22 Marzo e  Pietrangelo Buttafuoco, L’impossibilità di Fare Futuro oltre il Berlusconismo, mnetre la Lega vince imponendo la prassi, il Foglio, 1 Aprile 2010 .

2)      G.R.E.C.E : Groupement de Recherche et d’Études pour la Civilisation Européenne

3)      Per una rapida sintesi dei nominativi più rappresentativi vedi : http://it.wikipedia.org/wiki/Nuova_Destra;

4)      D’ altra parte tutti i massimi rappresentanti della Rivoluzione Conservatrice Europea, compreso lo stesso J. Evola, avevano svolto una critica al Fascismo storico “da destra”,  di ben altro spessore. Ricordiamo il famoso aneddotto di M.Veneziani che accusò apertamente l’entourage ex-missino di aver rimosso a Fiuggi il Fascismo,  come se fosse stato “un calcolo renale”.

5)      Io stesso ho affrontato più volte il problema degli approdi politici dei due laboratori meta politici di metà degli anni 70’  : vedi in particolare http://www.mirorenzaglia.org/?p=9109, http://www.mirorenzaglia.org/?p=10313.

6)      Si ricordi in particolare  A. Giuli , Il passo delle oche. L’identità irrisolta dei postfascisti, Einaudi, Roma 2007

7)      Per informazioni sui  maggiori animatori della ND francese   Alain de Benoist ,Jean Cau Pierre Vial Guillaume Faye Jean-Claude Valla