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Cyberterrorismo" e ipocrisia globale

di Aldo Braccio - 20/04/2010

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Spaventare l'opinione pubblica per diffondere "valori occidentali" e censura.


“CYBERTERRORISMO” E IPOCRISIA GLOBALE
 
Un nuova rappresentazione del Male Assoluto è in corso di elaborazione e di distribuzione a livello mondiale : il terrorismo informatico, legato alla leggendaria e mai doma Al Qaida o ad altre imprecisabili formazioni antioccidentali.
Il grido di allarme proviene dai consueti Paesi campioni di libertà e democrazia, zelantemente impegnati nel mantenere vivo il clima da assedio permanente in cui gli stessi si troverebbero.
L’americano Cyber Secure Institute ha pubblicato un rapporto ufficiale sulla sicurezza informatica nazionale predisposto dal Generale dell’Aeronautica in pensione Eugene Habiger, già comandante in capo del Comando Strategico degli USA.
Da esso scopriamo che :
1. Il settore informatico pubblico e privato statunitense è vulnerabile.
2. L’America è spesso vittima di intrusioni informatiche ad opera di altri Stati.
3. Questi attacchi hanno spesso compromesso l’azione delle truppe militari.
4. L’incapacità di affrontare queste nuove minacce potrebbe condurre ad una Pearl Harbor digitale.
5. Gli attuali sistemi di deterrenza e punizione verso questo nuovo tipo di attacco sono inadeguati.
6. Occorrono nuovi metodi di deterrenza tramite persuasione.
7. Un cambio di paradigma radicale deve investire Governo e privati.
8. Occorre testare e certificare nuove tecnologie di sicurezza contro attacchi sofisticati.
9. I privati dovranno guardare aldilà del proprio profitto e concentrarsi sull’interesse nazionale.
10. Gli americani dovranno essere educati all’importanza della sicurezza informatica.
Nel corso di una simulazione tenutasi a Washington lo scorso mese (dal significativo nome di Cyber ShokWave) uno scenario virtuale ma altamente spettacolare è stato scrupolosamente suscitato : almeno 40 milioni di cittadini senza corrente elettrica, 60 milioni senza telefono, sistemi finanziari bloccati e a rischio  e i vertici del Pentagono in ginocchio ! Dalla situation room – in cui erano presenti fra l’altro l’ex capo dei servizi segreti John Negroponte, il generale Wald, già vicecomandante delle forze Usa in Europa e Stephen Friedman, consigliere economico di George Bush – il responso è stato perentorio : “Non siamo preparati ad affrontare e contrastare questo genere di attacchi”.
Nel maggio 2009, del resto, il Presidente Obama era personalmente sceso in campo : “I nostri network militari e di sicurezza sono costantemente sotto attacco”, aveva rivelato “Si tratta della sfida economica e di sicurezza più importante per la nazione”.
In Israele denuncia analoga proviene dal professor Yaniv Levyatan dell’Università di Haifa, che ha sottolineato – in un intervento ospitato sulla rivista ufficiale del Collegio di sicurezza nazionale – la capacità dei  “terroristi” a sfruttare le possibilità dell’information warfare : occorre “prestare grande attenzione alle informazioni che circolano sui vecchi e sui nuovi media (…) La raccolta di informazioni deve concentrarsi su aspetti come l’identità dei capi terroristi, la struttura sociale cui appartengono, le loro affiliazioni tribali e politiche” – insomma, una schedatura completa di persone e associazioni sgradite.
In quasi perfetta sintonia Raphael Perl, capo dell’Antiterrorismo dell’Osce , Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa. In un’intervista rilasciata ad “Avvenire” egli afferma che “i principali gruppi terroristici  svolgono intense attività su Internet, a cominciare dal reclutamento e dall’addestramento delle nuove leve per arrivare alla raccolta e al trasferimento di fondi”, mentre concede che “sulla probabilità di un attacco su grande scala gli esperti sono in disaccordo”; ad ogni modo “l’idea che le minacce alla sicurezza provenienti dal cyberspazio devono essere affrontate in maniera globale” è l’idea giusta, per Perl, per “combattere il cyberterrorismo e il cybercrime”.

Una serie di affermazioni concordanti che sembrano corrispondere a due obiettivi di massima : spaventare l’opinione pubblica, allertandola su un nuovo aspetto dell’incombente terrorismo e compattandola sui “valori occidentali”; e preparare il terreno  a interventi censorii, nazionali o preferibilmente internazionali, destinati non già a regolamentare – come sarebbe ragionevole – ma a snaturare la libertà di espressione nella Rete. Portare un attacco , travestendolo come sempre da difesa : lo spirito di Pearl Harbour e dell’Undici Settembre.