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Catturando i gesti degli angeli

di Jacques Le Goff - 20/04/2010

        
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Jacques Le Goff recensisce l’ultimo libro di Chiara Frugoni La voce delle immagini, un’analisi iconografica della produzione artistica medievale e non solo.
L’autrice analizza le opere artistiche medievali attraverso percorsi tematici, individuando nella ricorrenza di modelli iconografici la rappresentazione simbolica di concetti politici, etici e religiosi fondamentali per la cultura medievale. È soprattutto sulla rappresentazione della gestualità che Chiara Frugoni si sofferma, dimostrando come le opere d’arte siano cariche di molteplici significati e contenuti, che solo un’approfondita conoscenza del mondo medievale permette di comprendere.

Chiara Frugoni ha pubblicato per Giulio Einaudi un nuovo capolavoro che si intitola La voce delle immagini, con un sottotitolo improntato a modestia: Pillole iconografiche dal Medioevo. Nel suo lavoro di solito alterna ricerche dedicate a un unico monumento ad altre focalizzate su un argomento specifico, ad altre ancora che si diffondono su ciò che assomiglia a una sorta di passeggiata tra le opere d’arte, un “vagabondaggio” attraverso un museo virtuale di immagini di opere d’arte reali. Le immagini parlano, ma il loro linguaggio è spesso in codice, è cifrato, e per comprenderle è dunque necessario ricorrere a un decodificatore. Questo è quanto ritroviamo in questo volume: con un immenso bagaglio di erudizione, intelligenza e complicità con le opere d’arte, durante la visita al suo museo immaginario l’autrice offre al lettore dettagli e indizi fondamentali per penetrare nel significato di un quadro, quelli appunto che ella denomina “pillole” nel sottotitolo. Pillole, in realtà, di grande spessore.
Al centro del viaggio di Chiara Frugoni c’è il Medioevo e le immagini del volume sono per lo più medievali. Si tratta di miniature, affreschi o dettagli di affresco, sculture, avori. Ma oltre a ciò in questa sua opera l’autrice si avventura ben oltre: alcune immagini mostrano infatti opere d’arte dell’antichità, di epoca greca o romana, il cui significato in codice sarà ripreso per l’appunto nel Medioevo. Quanto alle rare escursioni verso il mondo moderno e contemporaneo, l’autrice quasi si diverte a riconoscere il codice medievale dell’autorità in un quadro di soggetto sacro di Napoleone I, e il codice della sofferenza in una fotografia di Aldo Moro.
L’opera affronta sei categorie: nelle prime quattro decifra il codice espressivo di quattro situazioni-tipo, e nelle ultime due mette in luce la definizione dei rapporti tra Cristo, la Vergine Maria e i cori degli angeli tramite le immagini stesse. I primi gesti artistici individuati, illustrati e spiegati sono la dominazione e la soggezione, dominare e subire. In questo particolare codice di espressività medievale le braccia rivestono naturalmente un ruolo essenziale, ma le loro posizioni sono alquanto diverse, il loro significato differente e spesso addirittura complesso da interpretare. Volendo semplificare un po’ le cose, potremmo dire che in generale il braccio alzato o le braccia incrociate stanno a significare potere, mentre il braccio abbassato al contrario significa inferiorità o rinuncia. Un’analisi più approfondita dimostra inoltre che in qualche caso è essenziale distinguere la mano dal braccio: nel caso della mano la studiosa ne sottolinea il carattere eccezionale nel bassorilievo del Giudizio universale ad Autun, le due grandi mani che afferrano e soffocano la testa dell’arrogante dannato. L’autrice sottolinea che la mano è alquanto significativa perché nel caso di Dio spesso compare sola in cielo, in quanto essa è di gran lunga più importante e significativa di qualsiasi altra parte del corpo, e più del volto stesso allude alla potenza divina. Tra le immagini che illustrano il potere e la debolezza, Chiara Frugoni accorda una grande importanza all’esemplarità di Dio nell’ordine divino, al re David nell’ordine umano, in quanto nel codice iconografico ella ritrova il peso essenziale delle autorità cristiane. […]
Ma uno dei capitoli che più mi affascina in quest’opera resta quello dedicato al linguaggio del dolore: in aperta rottura con l’antichità, la Chiesa dei primi secoli aveva raccomandato vivamente agli artisti cristiani di evitare raffigurazioni troppo forti della disperazione, frequenti nell’arte pagana antica. Tuttavia, con il passaggio in primo piano della crocifissione di Cristo e il crescente interesse per l’infanzia, che porta in primo piano la scena biblica della strage degli innocenti, il dolore cristiano seppur misurato nella voce si libera nel gesto. La storica prende in prestito da Giotto numerose splendide immagini di questa disperazione post-francescana.
I gesti della parola avevano un’importanza considerevole nelle opere antiche, epoca di grandi oratori, e la conservano anche a Bisanzio: all’autrice di questo libro va anche il merito di aver instaurato spesso paragoni significativi tra l’arte cristiano-latina e l’arte bizantina. In un’epoca in cui l’omaggio feudale ricorreva al gesto della mano e alla voce per il giuramento, gesto della mano e gesto della parola si ricollegano, e tra essi anche quel gesto del silenzio che si manifesta con un dito poggiato sulle labbra, come nella celebre tavola di Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta, Pietro Pettinaio nel gesto del silenzio, esposta alla Pinacoteca di Siena.
Il terzo argomento ci porta a scoprire le convenzioni simboliche che svelano il significato di alcune opposizioni nelle raffigurazioni dei personaggi e degli eventi rappresentati. Poiché la sensibilità medievale era portata nella maggior parte dei casi a esprimere la contrapposizione - per esempio quella tra Bene e Male, tra Dio e Satana, tra Cielo e Terra - la studiosa ci svela il modo, inatteso, tramite il quale le immagini esprimono queste contrapposizioni. Spesso, prima ancora della prospettiva e anzi con un sistema inconsueto rispetto a essa, ciò che è davanti si contrappone a ciò che è dietro, come ciò che è sopra si contrappone a ciò che è sotto: davanti-dietro, sopra-sotto. […]
Durante la passeggiata nella quale ci accompagna, Chiara Frugoni ci indica i segni che - benché sembrino destinati alla rappresentazione dell’Altro, del diverso, inteso come nemico o pericolo - di fatto esprimono anche solo una differenza accertata e accettata. Lo mostra in particolare attraverso varie immagini di ebrei e di persone di colore, e rivela così in che modo il Medioevo in ambito artistico sia stato tollerante nei confronti degli “altri”, indubbiamente più di frequente che nella realtà. Altro importante aspetto messo in evidenza a questo riguardo è come Cristo non sia venuto tra gli uomini a salvare soltanto i cristiani, ma a portare la misericordia agli uomini di ogni epoca, ogni religione, ogni razza. In particolare, per questo ultimo aspetto l’autrice analizza il grande mosaico dell’abside di Santa Pudenziana a Roma, risalente al Quinto secolo, e il mosaico di Santa Sabina sempre a Roma. Lascio ai lettori la felice sorpresa di scoprire tutto ciò che l’autrice dimostra sui rapporti tra Cristo, la Vergine Maria e il ruolo dei cori degli angeli nella pittura medievale. Questa passeggiata ci fa scoprire nelle immagini della Passione un bestiario, una sorta di zoo pieno di animali diversi; ci fa alzare lo sguardo verso il cielo, nella speranza di intravedere in quel grande museo senza tetto gli angeli che secondo le convenzioni dell’arte medievale hanno popolato tante opere di quell’epoca, da quando nel Sesto secolo, facendosi passare per Dionigi l’Aeropagita, uno scrittore moltiplicò le categorie degli angeli e degli arcangeli che Chiara Frugoni ci dà come accompagnatori alla fine di questa passeggiata, nel corso della quale le piccole pillole apportano al lettore grande ricchezza, piacere e cultura.
(Traduzione di Anna Bissanti)