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La nube ci ha riportato con i piedi per terra

di Marcello Veneziani - 20/04/2010

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L’Europa è andata in fumo. È bastato un vulcano estroverso ed esibizionista, sperduto nella soffitta d’Europa, per restituire i popoli alla terra, le nazioni ai loro confini, la gente alle case loro. Capisco il panico delle prime ore, capisco lo stop dei giorni seguenti, ma ora non capisco la follia di riaprire i cieli per qualche ora e poi richiuderli in fretta, senza che sia accaduto nulla, almeno all’apparenza. Domenica sera sembrava finito l’incubo, gli aeroporti avevano riaperto, anche da noi si ricominciava a volare, infatti i mattineri di ieri hanno viaggiato tranquilli nei cieli del nord. Poi alle nove, mentre alcuni si stavano imbarcando in aereo, sono stati rispediti indietro, misteriosamente. Nuovo blocco. L’euforia dei media è durata mezza giornata, torna la depressione: questa nuvola durerà a lungo.
Ma è pazzesco vedere gente che da giorni viene alloggiata su grottesche brandine in aeroporto e rifornite di bottigliette d’acqua: ma come, non è possibile alloggiarli in alberghi o sistemarli in modo più umano e decente, dobbiamo per forza vedere questo spettacolo da film apocalittico o da pellegrinaggi antichi, con la gente che dorme coupé? Ecco il medioevo degli aeroporti. Faceva impressione confrontare il panico e il brulichìo delle sale di partenza col silenzio spettrale degli hangar, gli aerei cellofanati come una gigantesca confezione di farfalle imbalsamate. Ne ho viste di tutti i colori in questi giorni, perché ero in Sicilia e dovevo arrivare al nord, e poi tornare a Roma. Folle inferocite, file pazzesche, disperazioni e persino allegria di naufragi. Treni, pullman, aerei, auto, furgoni. Ho provato tutti i mezzi. Personale sfuggente, call center bloccati, ferrovie intasate, frecce rosse occupate dagli indiani. Un rigurgito biblico di trapassato remoto.
Non riuscendo a spiegare le ragioni di un blocco così assurdo, mi accontento di studiare le reazioni e le risposte della gente. Dunque, nel primo girone si contemplano i fatalisti. Che non battono ciglio, accettano i verdetti del cielo come le chiamate della sorte, vivono la calamità come militi del destino. Complimenti, siete invincibili nella vostra serafica rassegnazione.
Seguono i complottisti, che non credono alla storia della nuvola. Qui c’è qualcosa che non ci dicono, sussurrano, c’è una guerra mondiale strisciante, un conflitto tra poteri sotto traccia, l’arrivo di alieni da altri pianeti, o la scusa planetaria per i potenti che non volevano andare ai funerali dei polacchi. Insomma gatta ci cova. I dietrologi si dividono in americanofobi o russofobi, islamofobi o ebreofobi. Uno di loro, insomma, ha fatto la frittata celeste.
Nel girone seguente ci sono gli euroscettici. Quelli, più realisti, che deducono da questo inghippo la fragilità dell’Europa, l’incapacità di mettersi d’accordo tra ministri e governi per decidere cosa fare; quelli che godono a vedere che finalmente c’è stata la secessione europea per via atmosferica e ognuno è tornato all’aria di casa, al natio borgo selvaggio. Segue il girone dei mistici che deducono dal blocco dei cieli la fragilità dell’uomo moderno, la debolezza delle sue conquiste e la vulnerabilità della tecnica. Ah, voi credevate di essere diventati onnipotenti, blindati, assicurati; e invece basta un rozzissimo vulcano che erutta, basta una folata di vento e noi come foglie siamo spazzate vie. La globalizzazione ha le ali di cera, come Icaro; basta un po’ di fuoco per scioglierle e precipitare nel tempo delle tribù. La modernità ha la testa di burro, come Totò nel medico dei pazzi, e la testa al sole si squaglia. Gesù, siamo pulvis et cinis, siamo polvere e cenere. Com’è piccolo il mondo. E precario.
Girone attiguo è quello dei catastrofisti, che vedono anche nella nuvola d’Islanda l’avverarsi della profezia di Nostradamus che sapeva tutto, pure il blocco dei voli, era informato da secoli. È il primo segno della fine del mondo prevista per il 20 dicembre del 2012, dicono con spaventata euforia. I vulcani si cominciano a spazientire, vedrete ora da noi, l’Etna, o’ Vesuvio e compagnia cantante... Tsunami, terremoti, vulcani, tric trac... siamo ai saldi di fine universo.
C’è poi il girone dei briganti meridionali, che esultano soddisfatti nel vedere che gli aeroporti del sud sono ancora funzionanti mentre quelli del nord si sono tutti fermati. E godevano a pensare che a volte è una fortuna che le novità arrivino prima al nord e che al sud invece si goda di una provvidenziale arretratezza. Anche le nubi arrivano in ritardo, e intanto noi ce la spassiamo. Cristo si è fermato a Eboli ma questa volta a contrario, per non salire a nord. Allora un dio terrone esiste, e si vendica delle padanie indipendenti incenerendo la loro aria e facendo sprofondare il nord nella notte aerea. La nuvola arriverà anche nel paese del sole, minacciano i bollettini: intanto, però, noi terroni voliamo, seppure tra noi, fino a Roma ladrona, e voi padani no. Tie’.
Ci sono pure i comunisti celesti che godono nel vedere all’opera il vulcano egualitario che come ’a livella non risparmia i vip e i potenti, anzi si accanisce soprattutto con loro, che si muovono di più e volano più dei comuni mortali. Sono inebriati dal vedere divi, statisti e calciatori girare sulle corriere, sulle auto o addirittura restare inchiodati a terra, perdendosi impegni di lavoro, funerali di Stato, ma anche vacanze e figate esclusive. Pure gli aerei privati non volano, in cielo non ci sono corsie preferenziali. Così nascono le voci e le leggende. Ho visto la Merkel fare l’autostop per arrivare a Varsavia, dice uno. Ho visto Montezemolo sul 30, dice un altro, e l’hanno beccato pure senza biglietto.
Cosa resterà alla fine di questa nuvola funesta? Resterà il buco dell’ozono nei bilanci delle compagnie aeree, che sono a terra in tutti i sensi. Resterà il sollievo delle ferrovie e il ritorno ai bei torpedoni smandrappati di una volta. Resterà il piacere di avere i piedi per terra e di riscoprire la vita sedentaria. E resterà il mito di un vulcano sconosciuto che dopo questa ondata di notorietà mondiale, si sarà montato la testa e magari ci riproverà per il solo gusto di vedere il mondo ai suoi piedi.