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Testate nucleari, Italia pronta ad esplodere?

di Andrea Bertaglio - 20/04/2010


In Europa occidentale ci sono ancora diverse testate nucleari americane sparse sul territorio, nonostante siano trascorsi molti anni dalla fine di ogni guerra che ne possa “giustificare” la presenza. Solo in Italia ce ne sono 90 tra il Friuli e la Lombardia. Cosa si nasconde dietro alla presenza (non più) segreta di questi ordigni? E soprattutto, perché non si leva nemmeno una voce a livello istituzionale per protestare contro questa perenne occupazione militare del suolo italiano?


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Dalla fine della seconda guerra mondiale, sul territorio italiano ci sono novanta testate nucleari americane
Dalla fine della seconda guerra mondiale, sul territorio italiano ci sono novanta testate nucleari americane, più precisamente in corrispondenza delle basi militari non di Vicenza - che vogliono rendere la base USA più grande d’Europa -, ma di Aviano (50), in Friuli, e Ghedi Torre (40), alle porte di Brescia. Testate pronte, almeno in teoria, ad essere caricate su di un bombardiere qualsiasi dell’Air Force e gettate su uno dei sempre più numerosi “Stati canaglia”.

Questi ordigni hanno, secondo un rapporto del Dipartimento della Difesa Usa, un potenziale distruttivo pari a 900 volte quello di Hiroshima. Il documento riporta che la “maggior parte” dei siti nucleari in Europa non rispetterebbe gli standard di sicurezza necessari, e che nelle basi “italiane” ci sono: "problemi di edifici di supporto, alle recinzioni dei depositi, all'illuminazione e ai sistemi di sicurezza, a guardia delle basi vi sono soldati di leva con pochi mesi di addestramento".

A conferma di ciò, già cinque anni fa, un gruppo di attivisti improvvisò un picnic per verificare e dimostrare l’inefficienza dei controlli e delle misure di sicurezza della base di Ghedi, confermata dal fatto che ci volle mezz'ora prima di essere identificata. Un test che fu documentato in seguito dalla trasmissione Falò della televisione svizzera italiana. Gli svizzeri, in effetti, sembrano più consapevoli del fatto che anche solo un singolo incidente può essere fatale, e sembrano più preoccupati di un possibile errore umano o di un eventuale attacco terroristico di quanto non siano i nostri politici, più impegnati ad occuparsi della nuclearizzazione dell’Iran.

Perché allora se l’Italia ha firmato e ratificato il Trattato di non proliferazione nucleare - che si basa su tre principi, ossia disarmo, non proliferazione e uso pacifico del nucleare, e che proibisce agli stati firmatari "non-nucleari" (ovvero che non possiedono armi nucleari) di procurarsi tali armamenti e agli stati "nucleari" di fornir loro tecnologie nucleari belliche - ci troviamo, come diversi altri Stati europei, ad avere decine di ordigni nucleari americani sul nostro territorio? La Guerra Fredda è finita da ventuno anni, la seconda guerra mondiale da sessantacinque! A quando la fine dell’occupazione europea da parte degli Stati Uniti d’America? Speriamo non al verificarsi della prima tragedia che, in tal caso, sarebbe davvero la sola ed unica.


Basi Usa-Nato in Italia
Ma quale potere ha il nostro Paese (che, lo ricordiamo, continua ad essere denuclearizzato, nonostante i messaggi altisonanti sulle improbabili svolte della nostra politica energetica) su questi ordigni? Secondo un accordo sottoscritto durante la Guerra Fredda, l’Italia potrebbe acquisire il controllo delle bombe termonucleari B61 presenti sul suo territorio. Ma la domanda che viene da porsi, viste anche solo le figuracce internazionali fatte nella gestione dei rifiuti, è: sarebbe in grado l’Italia di gestire tali ordigni? O, come si è chiesto anche il Time in un recente articolo intitolato What to do about Europe secret nukes (Cosa fare con le testate nucleari segrete in Europa, tda): "Is Italy capable of delivering a thermonuclear strike?" (L'Italia è capace di effettuare un attacco termonucleare?, tda)

Oltre a preoccuparsi su una tale capacità del Paese del "dolce far niente", la rivista americana si chiede anche se belgi o olandesi sarebbero in grado di lanciare bombe all’idrogeno su obiettivi nemici. E ancora, cosa farebbe una nazione come la Germania, così “spaventata” dal nucleare da volerne abbandonare persino la produzione di energia, se si dovesse trovare ad addestrare la sua aeronautica al trasporto di bombe 13 volte più potenti di quelle che hanno distrutto Hiroshima. I piloti italiani, tedeschi, belgi ed olandesi, fa notare il Time, rimangono, a oltre vent’anni dalla fine della Guerra Fredda, ingaggiati in una guerra nucleare che non esiste, e che comunque non è la loro.

La pericolosa, fastidiosa, anti-storica ed anacronistica presenza di questi ordigni ha portato il Parlamento Belga a richiedere all’unanimità alla NATO la loro rimozione dal proprio territorio; un sondaggio del 2006 ha dimostrato che il 70% delle popolazioni dei quattro Paesi interessati vuole la stessa cosa. Lo scorso ottobre, invece, il ministro degli esteri Guido Westerwelle ha dichiarato che Barack Obama, durante il suo discorso tenuto a Praga in aprile - nel quale il presidente americano ha richiamato all’attenzione delle nazioni il problema del disarmo nucleare - ha "aperto la porta" alla liberazione dell’Europa da questi ordigni.

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La pericolosa, fastidiosa, anti-storica ed anacronistica presenza di questi ordigni ha portato il Parlamento Belga a richiedere all’unanimità alla NATO la loro rimozione dal proprio territorio
Cosa frena USA e NATO dall’esaudire questi desideri? Davvero la barzelletta, neanche troppo divertente, che la presenza degli aerei B-61 (quelli in grado di trasportare le testate nucleari in questione) “rimane un essenziale collegamento politico e militare fra i membri europei e nord-americani dell’alleanza” atlantica? Sarà, ma al di là dell’impopolarità di tale presenza atomica in Europa, sarebbe utile una volta tanto iniziare a fare ciò che si va predicando così bene in giro per il mondo, a partire appunto dalla non-proliferazione nucleare.

Gli altri Paesi europei (Germania, Belgio e Paesi Bassi, lasciando da parte la Turchia) che come noi ospitano, più o meno volontariamente, i pericolosi giochi del viziato e prepotente cuginetto d’oltreoceano, hanno già richiesto agli americani di riportarsi questi ordigni a casa loro (cosa peraltro già avvenuta con Grecia, Danimarca, Islanda ed anche Canada, dai quali sono stati rimossi).

L’Italia, chi l’avrebbe mai detto, non lo ha ancora fatto. E pensare che di questi tempi, soprattutto nell’orgogliosa Padania - che include sia Aviano, che Ghedi Torre, che la Dal Molin vicentina - vanno così di moda espressioni come “Padroni a casa nostra”!