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2025: declino dell'Occidente e rinascita dell'Oriente

di Chems Eddine Chitour - 29/04/2010

   
   


In Oriente si dice che il miglior modo per attraversare un quadrato, è percorrerne tre lati.
T.E. Lawrence - “I sette pilastri della saggezza”

È abituale sostenere che l’Occidente sia partito alla conquista del mondo dopo la prima rivoluzione industriale. In verità sarebbe più corretto risalire indietro nel tempo per accorgersi che l’egemonia dell’Occidente vede il suo inizio dopo quelle che nella doxa occidentale vengono chiamate “Grandi Scoperte”. Approfittando di un Oriente e di una civiltà islamica in declino e in nome della Regola delle tre C – Cristianizzazione, Commercio, Colonizzazione, l’Occidente rese schiavi dei popoli. Procedette ad uno squartamento arbitrario dei territori, senza tener conto degli equilibri sociologici sedimentatisi nel corso dei secoli all’interno delle società soggiogate. Nell’arco di cinque secoli, in nome dei suoi “Diritti dell’Uomo” che “non hanno validità nelle colonie”, se si vuol seguire Jules Ferry, furioso cantore della colonizzazione e della grandezza dell’impero coloniale francese, l’Occidente detta la norma, dispone in serie, punisce, ricompensa, e pone al bando i territori che non rientrano nella suddetta norma. Così, dopo averli messi a ferro e fuoco e averli estenuati, più del 75% delle ricchezze dei paesi del Sud, che comprendono l’80% degli abitanti del pianeta, furono spogliate e detenute dal 20 % rappresentato dai paesi del Nord. (1)



La strumentalizzazione della religione

Nel frattempo, in seno a questo stesso Occidente cristiano, la leadership entrò in discussione con l’apparire sulla scena di un’ideologia, il Comunismo. Per cinquanta anni dopo la Seconda Guerra Mondiale l’equilibrio del mondo fu tenuto in mano da due grandi potenze, Stati Uniti e Impero Sovietico. L’Occidente latino guidato dagli Stati Uniti è uscito vincitore da questa lotta senza esclusione di colpi, colpi tra cui va annoverata la strumentalizzazione della religione, utilizzata la prima volta per destabilizzare la Polonia, con la messa in luce di un elettricista del cambiamento di Danzica – a cui venne affibbiato il Nobel per conferirgli un certo prestigio – sostenuto da un papa polacco che chiamava apertamente alla ribellione – Non abbiate paura! – ma anche creando un’internazionale del terrore sotto la guida di un Osama Bin Laden, il loro miglior alleato assieme ai talebani, che furono dotati dei missili per distruggere i carri armati sovietici in Afghanistan. Dopo la caduta dell’Unione Sovietica, gli Americani, ebbri di potenza e tentati dall’atteggiarsi ad impero, dovevano trovarsi un “satana di ricambio”.

Uno studio del Pnac (Programme for New American Century) raccomandava di cercare un motivo per rilanciare l’egemonia americana in modo definitivo, specialmente con l’assottigliarsi delle riserve di petrolio, di cui bisognava assicurare ad ogni costo delle fonti di approvvigionamento perenne e a prezzo “ragionevole”. L’arrivo dell’11 Settembre fu una benedizione. Il satana di ricambio era piombato dal cielo, Islam e terrorismo. Francis Fukuyama si interrogava allora a proposito sulla fine della storia mentre la pax americana regnava e sembrava dover durare mille anni. Quindi vennero organizzate le spedizioni punitive che sappiamo, con il proposito di seminare un po’ dappertutto caos, distruzione e morte. Nonostante ciò, cominciarono a mostrarsi all’orizzonte segni di cedimento dell’egemonia dell’Occidente. Delle voci inquiete iniziavano a dubitare della durevolezza del suo predominio.

In un discorso all’Università di Princeton, Joschka Fischer, ex ministro tedesco degli affari esteri, comununicava la propria inquietudine, chiamando in causa direttamente l’Islam. Ecco le sue parole:

“La situazione attuale ci insegna che il problema della sicurezza per noi tutti, e prima di tutti per gli Stati Uniti e l´Europa, non può essere definito a partire dalle categorie tradizionali del XX° secolo. Un totalitarismo di genere nuovo, il terrorismo islamico e l’ideologia della Jihad, basata sul disprezzo dell’uomo, minacciano la stabilità regionale e mondiale.[…] Oggi, la nostra sicurezza è minacciata principalmente non da un solo stato, bensì da un movimento totalitario di genere nuovo che, dopo aver perso l’Afghanistan, non può più basare il suo potere sul controllo di un altro Stato. Questa minaccia non prende tanto di mira il potenziale strategico degli Stati Uniti e dell’Occidente. Tende piuttosto a minare il loro morale e ad innescare delle reazioni che rinforzino il sostegno al totalitarismo islamico invece di indebolirlo. Questa nuova minaccia è ampia, ma il peggio è che tenta di creare uno scontro di civilà” basato sulla religione e l’appartenenza culturale, tra il mondo islamo-arabo e l’Occidente guidato dagli Stati Uniti. (…) È la fine dell’Occidente? Questa domanda che fa venire i brividi è attualmente molto in voga. L´Occidente sarà condannato solo se la comunità transatlantica non avesse, per mancanza di interessi comuni, un avvenire, […] nella loro lotta contro la nuova minaccia, Europa ed America dipendono l’una dall’altra. America ed Europa possono affrontare le sfide del XXI° secolo, ma devono farlo insieme”.(2)

Da sottolineare che, per Joschka Fischer, l’egemonia occidentale sarà sempre al comando! Questa non è l’opinione della CIA, che ha pubblicato un rapporto dal titolo “Il Mondo nel 2025”. Vi si constata una presa di coscienza di nuova entità, a livello demografico, economico, finanziario e anche in una certa misura, militare. La lettura dell’ultimo rapporto della CIA ci permette di conoscere meglio il modo di pensare della classe dirigente statunitense e di identificarne i limiti. Terrorismo in ritirata, slittamento del potere economico dell’Occidente verso l’Oriente, calo delle risorse di idrocarburi, nuove tecnologie. Sulla linea del precedente rapporto della CIA, per la prima volta, gli americani riconoscono che non saranno più i padroni del mondo! (3)
Ascoltiamo l’opinione dell’economista Samir Amin a proposito di questo rapporto :

“Riassumerei le mie conclusioni su questa lettura nei seguenti punti : la capacità di “prevedere” di Washington sorprende per la sua debolezza; si ha la sensazione che i rapporti a venire della CIA siano sempre in ritardo sugli avvenimenti, mai in anticipo. L’impressione che si ricava da questa lettura è che, in sovrappiù, l’establishment americano conserva alcuni solidi pregiudizi, soprattutto nei confronti dei popoli dell’Africa e dell’America Latina. Il rapporto precedente a “Il mondo nel 2015” non aveva immaginato che il processo di evoluzione finanziaria del capitalismo avrebbe condotto ad un affondo come quello prodottosi nel 2008. […] Dunque ancor oggi (nella prospettiva del 2025) il rapporto afferma senza esitazioni che “un crollo della mondializzazione” rimane impensabile. In senso generale “l’egemonia” degli Stati Uniti, il cui declino è visibile da diversi decenni, viene ritenuta nel rapporto precedente come sempre “definitiva”, oggi è invece vista come “intaccata”, ma tuttavia sempre robusta. Gli “esperti” del liberalismo ignorano la possibilità di un intervento dei popoli nella storia. Gli esperti dell’establishment statunitense si interessano solamente alle scelte “possibili” dei “paesi che contano” ( in primo luogo la Cina, poi Russia e India, seguiti dall’Iran e dai paesi del Golfo e infine il Brasile). L’Europa, a loro avviso, non esiste (e su questo punto hanno sicuramente ragione) e resterà perciò forzatamente allineata alle posizioni di Washington. L’illusione che possono farsi sui paesi del Golfo è istruttiva: ricchi, questi paesi devono contare, il fatto che si possa essere ricchi ed insignificanti per loro sembra inimmaginabile”.

Il loro timore riguardo all’Iran, motivato non dal suo “regime islamico”, ma dal fatto che questa grande nazione non accetta di rassegnarsi, risulta al contrario fondato. L’Africa non conterà mai, e resterà disponibile per il saccheggio delle sue risorse. Il solo problema per loro è che qui, gli Stati Uniti (e i loro alleati subalterni europei) si troveranno ormai in una posizione di difficile concorrenza con gli appetiti della Cina, dell’India e del Brasile.(…) Gli scenari designati dal rapporto, più che probabili, in queste condizioni risultano essere una diagnosi sui limiti del pensiero dominante negli Stati Uniti. Primo scenario: vittoria eclatante della Cina. La Cina si impone come nuova potenza egemone, che attira sulla propria scia una Russia rinnovata, un’India autonoma ma rassegnata, un Iran (islamico o meno) divenuto protagonista nel Medio Oriente. L’alleanza di Shangai garantisce l’accesso della Cina e dell’India al 70 % delle risorse petrolifere e di gas del Medioriente. Secondo scenario: conflitto Cina/India, stagnazione della Russia… ovvero quello che si auspicano gli Usa. Il secondo scenario, contrariamente al primo, tratteggia il sonoro scacco del “Piano di Shanghai”, il saltare dell’effimera alleanza del Bric, l’avanzare del conflitto Cina/India, la stagnazione della Russia e l’aborto del progetto nazionalista iraniano. (4)

I nuovi padroni

Al capo opposto del vettore che contrassegna l’avvenire del mondo, troviamo l’analisi luminosa dell’ambasciatore di Singapore Kishore Mahbubani, che descrive il declino occidentale: crollo demografico, recessione economica, e perdita dei propri valori. Egli osserva un graduale spostarsi del centro del mondo dall’Occidente all’Oriente. L’autore fa il punto sull’ascesa economica vertiginosa dei paesi asiatici. Pur avendo integrato le pratiche dell’Occidente (economia di mercato, meritocrazia, stato di diritto, sviluppo dell´educazione, ecc.), l’Asia non ha, secondo l’autore, nessuna intenzione di dominare l’Occidente, ma lo mette in guardia: l’Occidente dovrebbe segnatamente rinunciare alla propria attitudine dominatrice. Dopo tre secoli di dominio occidentale, durante i quali Londra, Parigi e Berlino hanno deciso le sorti del pianeta, i 5,6 miliardi di individui che non vivono ad Ovest, oggi hanno cessato di essere degli oggetti della storia mondiale per divenirne dei soggetti. (5)

Vi viene citata l’opera dello storico britannico Victor Kiernan “The Lords of Humankind, European Attitudes to the Outside World in the Imperial Age”, pubblicato nel 1969, quando la colonizzazione europea volgeva al termine. Viktor Kiernan scriveva: “La maggior parte del tempo, i colonialisti erano delle persone mediocri, ma, in virtù della loro posizione, e, soprattutto, del colore della loro pelle, potevano comportarsi come i signori del creato. Anche se la politica coloniale europea volge a termine, l’attitudine colonialista degli Europei resisterà probabilmente ancora a lungo”.
“Difatti – prosegue Kishore Mahbubani – quest’ultima resta molto viva anche all’inizio del XXI° secolo. Spesso si resta colpiti e irritati in occasione di incontri internazionali, quando un rappresentante europeo intona, pieno di superbia, più o meno il seguente refrain: ‘Quello che i cinesi [o gli indiani, gli indonesiani o chicchessia] devono comprendere è che...’ seguito a ruota dai consueti luoghi comuni e dall’enunciazione di quei principi che gli Europei stessi non applicano mai. Il complesso di superiorità persiste. Il funzionario medio europeo negherebbe certamente di essere un colonialista atavico. Come scrive Mahbubani: Questa tendenza dell’Europa a guardare dall’alto in basso, a disprezzare le culture e le società non europee ha delle radici profonde nella psiche europea.

Per l’Occcidente, scrive Jean Pierre Lehmann, commentando l’opera di Mahbubani, è tempo di guardare la realtà in faccia. Quello che Mahbubani attacca è l’anomalia assurda di un potere mondiale occidentale che dilaga e persiste in un mondo soggetto a dei cambiamenti radicali. Questo non vale unicamente per la cultura ma ugualmente per il livello di sviluppo economico e politico. (6)

L’autore descrive i tre principali scenari per il XXI° secolo – il cammino verso la modernità, l’arroccarsi sulle proprie posizioni e il trionfalismo occidentale. Mahbubani rinfaccia all’ Europa la sua miopia, il suo autocompiacimento, e il suo egocentrismo. Sottolinea in particolare che l’Europa ha mancato nell’impegnarsi davvero per i suoi vicini: “Né i Balcani, né l’Africa del Nord hanno tratto beneficio dalla loro vicinanza all’Unione Europea”. Inoltre, nel XXI° secolo, il declino dell’Occidente in termini di abbandono dei suoi valori, è stato accellerato dagli Stati Uniti sotto il governo di George W. Bush. Lo slancio economico dell’Oriente è stato notevole. “Nel 2010, 90% di tutti gli scienziati e ingegneri titolari di un dottorato vivranno in Asia”. Mahbubani vede tre principali ambiti di sfida per l’Occidente : la Cina, l’India ed il mondo islamico. A proposito di quest’ultimo, anche se il termine “musulmano” continua ad essere associato a quello di “arabo”, è evidente che la maggior parte dei mussulmani vive in Asia, tra Indonesia, India, Pakistan, Bangladesh e Iran. L’invasione anglo-americana dell’Iraq ha considerevolmente aggravato le relazioni tra Occidente e gli stati e i popoli mussulmani. Il carattere grottesco degli errori commessi è dovuto in parte allo stupefacente grado di ignoranza degli Statunitensi nei riguardi dell’Iraq, derivante dalla loro arroganza. Mahbubani esorta l’Occidente a fare “urgentemente degli sforzi per meglio comprendere il mondo mussulmano”. (6) Mahbubani scrive che “è venuto il momento di ristrutturare l’ordine mondiale”, e che “dovremmo farlo ora”. Il principale oggetto di lamentela da parte di Mahbubani è l’incapacità dell’Occidente di mantenere, rispettare e ancor di più perpetuare le istituzioni che ha creato. E l’amoralità con cui si comporta troppo spesso mina le strutture e lo spirito stesso del governo mondiale. Prendiamo il Trattato di non proliferazione nucleare (TNP). Secondo Mahbubani, esso è legalmente in vita ma idealmente morto. “Il mondo, scrive, ha perso nel punto essenziale la sua fiducia nei cinque stati nucleari. Invece di considerarli come onesti guardiani e referenti del Tnp li percepisce come i suoi principali violatori”. La loro decisione di ignorare lo sviluppo dell’arsenale nucleare di Israele è stato particolarmente pregiudizievole. Nel corso di un incontro a Bruxelles, all’inizio del 2008, ho chiesto a Javier Solana, alto rappresentante dell’UE per la politica estera, di esternare il suo pensiero sull’arsenale nucleare israeliano, ma egli ha rifiutato categoricamente di affrontare la questione. (7)

Il mondo sarà certo frammentato, ma c’è da sperare che dopo cinque secoli di dominazione unica e di una visione basata solo sul punto di vista occidentale dei diritti dell’Uomo, esso sappia ritrovare la vera saggezza. India e Cina, eredi di più di 4000 anni di civilizzazione, vi contribuiranno sicuramente.

Chems Eddine Chitour
Fonte: www.mondialisation.ca
Link: http://www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=18575
9.04.2010

Traduzione a cura di SOROKIN per www.comedonchisciotte.org

Note

1.C.E.Chitour : L’Occident à la conquête du Monde.ed. Enag. Alger. 2009
2. Joschka Fischer : L’Europa e l’avvenire delle relazioni transatlantiche. Princeton 19 11 2003
3.«Il mondo 2025» secondo la CIA, del 26/2/2010
4. Samir Amin http://www.michelcollon.info/index.php-16-02-10
5.K.Mahbubani : The Irresistible Shift of Global Power to the East, septembre 2008
6.Jean-Pierre Lehmann : Déclin de l’Occident et montée de l’Orient, Réseau Voltaire, 2.09.2008.