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Il vento del Nord soffia contro gli outlet

di Aldo Cazzullo - 03/05/2010

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Dopo Cota anche Zaia a difesa dei piccoli negozi: rilanciamo i centri storici

L' ultimo, gigantesco outlet l' hanno aperto a Mondovì, provincia di Cuneo: 85 negozi, più la gelateria, il self-service, la pizzeria, il fast-food, il ristorante, la caffetteria; le cascine finte, i portici finti con il golf sul tetto, e «Power Station» con le pompe di benzina; di che mandare in rovina i piccoli commercianti, zoccolo duro della Lega. Eppure, alle ultime regionali, a Mondovì la Lega ha avuto un balzo impressionante: 23,5%, primo partito, con Cota sopra il 50 e la Bresso sotto il 45. Perché i centri commerciali mettono in difficoltà i commercianti leghisti; ma sono leghisti pure molti clienti. A Serravalle Scrivia, sede del più grande outlet d' Europa, invece ha vinto la Bresso; la Lega però ha superato il 14%. Qui la sostituzione della piazza e del paese con il centro commerciale è completa: gli abitanti portano all' outlet i cani e i bambini, visitano la «Hall of Fame» con le foto degli ospiti illustri - Gigi D' Alessio e Lele Mora, Nina Moric e Barbara Chiappini -, e quando sotto i similportici ricevono una telefonata - «dove sei?» - rispondono: «A Serravalle». Ora il nuovo governatore Cota ha stabilito che così non si può andare avanti. Un' ordinanza dovrebbe bloccare sei progetti: una nuova apertura e cinque ampliamenti. «Avrebbero dato il colpo di grazia ai negozi di vicinato e ai mercati rionali» ha spiegato l' assessore che l' ha firmata, William Casoni, Pdl. Ma la più alta concentrazione di centri commerciali non è in Piemonte. È del Nord-Est il primato nel rapporto tra abitanti e metri quadri di grande distribuzione. Il «Veneto Designer Outlet» è a Noventa, in provincia di Vicenza: qui Zaia ha preso il 64,3% e la Lega supera il 35; ben sopra il Pdl, tre volte il Pd. L' «Outlet Unieuro» è invece in un' ex zona rossa, a Marcon, in provincia di Venezia. Qui ancora alle regionali 2005 il candidato di centrosinistra Carraro aveva staccato Galan di undici punti. Stavolta Zaia ha vinto 52 a 37, e la Lega è arrivata al 28. Anche in Veneto, commercianti leghisti preoccupati dai megamarket, ed elettori leghisti che vanno a farci la spesa o a passare la domenica con le famiglie. Che farà il nuovo governatore? «Da noi il problema è già superato dalle regole del mercato - risponde Luca Zaia -. Il calo dei clienti dei centri commerciali è costante. La Lega ha fatto la battaglia in passato, quando il piano commerciale del Veneto che prevede un centro ogni 150 mila abitanti è stato ampiamente disatteso: in alcune zone ce n' è uno ogni 30 mila». I veneti si sono ingegnati: la legge distingue il «centro commerciale», con un unico ingresso, dal «parco commerciale», capannoni con ingressi separati; il primo vende scarpe, il secondo attrezzi per il bricolage, il terzo vestiti, il quarto vini e cibi, un tunnel li collega e la norma è aggirata. «Ma ora le cose stanno cambiando - dice Zaia -, come per i capannoni industriali: ne hanno costruiti troppi, e ora tanti sono vuoti. Il Veneto è terra di piccoli paesi: 581 comuni, tremila abitanti di media. Siamo fatti per l' osteria e il negozio sotto casa, la vita a "chilometro zero"; non per il moloch da metropoli postindustriale. Abbiamo 62 milioni di turisti l' anno, di cui soltanto 13 a Venezia: dobbiamo rafforzare il sistema commerciale nei borghi medievali e nelle città murate, aiutare la pizzeria e il negozio di abbigliamento, il banco di souvenir e il ristorante tipico». Dice Zaia che la priorità della giunta regionale è una nuova legge per i centri storici. «Troveremo il modo di dare sollievo ai piccoli commercianti, con gli incentivi, con l' esenzione dalle tasse regionali. In cambio dovranno abbassare i prezzi: perché vanno capiti anche i consumatori, che cercano il centro commerciale per comprare una t-shirt a 8 euro anziché 80, per prendere un hamburger con pochi soldi anziché delikatessen da gourmet che non si possono permettere. Io invece sogno che i veneti tornino a mangiare i loro piatti tipici nelle osterie, a prezzi umani. Mi piace il consumo identitario, legato ai prodotti locali, attento alla qualità. Una fetta di salame, un pezzo di formaggio comprato dal negoziante sotto casa, che ha servito i nostri padri e i nostri nonni, ha un altro sapore». Di questo passo, ci si dovrà occupare della crisi dei centri commerciali; che è una delle motivazioni con cui la giunta piemontese prepara la stretta, appunto per salvare i gestori dei megamarket che già ci sono. Zaia sostiene che anche nel campo della grande distribuzione bisogna distinguere: «Un conto è l' imprenditore locale, che investe sul territorio. I soldi spesi da lui bene o male restano nella comunità. Un altro conto sono gli outlet aperti dalle multinazionali. Chi fa acquisti là remunera investimenti di fondi californiani o di magnati stranieri, e spesso cade vittima dell' illusione di spendere meno, per poi scoprire desideri che neppure sapeva di avere. E poi queste città finte tendono a diventare "down-town", con gravi problemi di sicurezza come le città vere, comprese, la sera, droga e prostituzione. Lo so che tante famiglie ci vanno nel weekend, perché non sanno cosa fare. Ma preferisco imitare Klagenfurt, che ha trasformato la sua archeologia industriale in una serie di piccole botteghe. E diffondere l' esempio di Mestre, dove con il nuovo Centrobarche è nato un quartiere pedonale dove i veneziani di terraferma vanno a comprare i prodotti tipici». Anche la grande distribuzione, però, si sta adeguando alla filosofia del «chilometro zero». Nella piazza artificiale di Mondovicino c' è la gastronomia «Eccellenze del Piemonte», con la toma di Murazzano, la robiola di Roccaverano, il dolcetto di Dogliani e gli altri prodotti che piacciono al Carlin Petrini di Slowfood. E accanto alle cascine finte ce n' è una vera, la Cascina Viot, riadattata a sede per mostre «di artisti del posto» o almeno collegati con l' ormai inevitabile «territorio».