Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Non è la Lega ad aver ucciso l’amor patrio

Non è la Lega ad aver ucciso l’amor patrio

di Marcello Veneziani - 04/05/2010



Non prendetevela con la Lega se in Italia è scarso l’amor patrio e rischia di finire tra gli sbadigli il ricordo dell’unità nazionale. Cercavamo da decenni, anzi da secoli, la causa di questo scarso spirito patriottico ed ora l’abbiamo finalmente trovato: la colpa, anche retroattiva, era ed è di Calderoli.
Ma non è colpa della Lega se il Risorgimento fu cancellato dai programmi delle scuole ai tempi del governo Prodi, quando era ministro il compagno Berlinguer. Non è colpa della Lega se la tv, i giornali, la cultura del Paese istigano all’oblio nazionale, incensano gli anti-italiani, e importano mode e modelli stranieri.
Non è colpa della Lega se la globalizzazione ha indebolito ancor più la passione nazionale e l’Europa unita è stata considerata da molti italiani una buona via per liberarsi dall’identità nazionale. Non è colpa della Lega se i flussi d’immigrati sbiadiscono e diluiscono l’identità nazionale italiana. Non è colpa della Lega se appena parli di radici nazionali trovi uno storico, di sinistra, che grida al razzismo. Non è colpa della Lega se da decenni si combatte in Italia un guerra fredda di liberazione dall’Italia e quando Craxi lanciò il socialismo tricolore passò per un mezzo fascista. In passato quella guerra aveva i vessilli ideologici dell’internazionalismo, dei «proletari non hanno patria» e si accucciava sotto l’ombrello sovietico, cinese, sudamericano. Ma anche dall’altro versante non mancavano i patrioti delle patrie altrui, i filo-americani, per non dire i filo-svizzeri e i filo-britannici. Eravamo sempre filo qualcosa e qualcuno situato all’estero, mai filo-italiani. Non è colpa della Lega se per liberarsi dal patriottismo nazionalista e fascista, l’Italia repubblicana e antifascista buttò a mare prima il simbolo dinastico dell’unità, la monarchia (che poi si buttò via da sola); poi rimosse ogni tricolore e denigrò ogni simbolo di unità nazionale, ritenendo che amor patrio volesse dire amor del duce o della guerra. L’amor patrio fu dato in appalto ad Almirante. L’Italia fu dominata da partiti e ideologie i cui riferimenti ideali erano decisamente fuori dall’onda risorgimentale: comunisti, socialisti, extraparlamentari di sinistra, o anche cattolici pacifisti e umanitari, democristiani a bassa tensione nazionale. La ragion di partito prevalse sulla ragion d’Italia, l’ideologia sul patriottismo, la fazione sulla nazione. E ora ve la prendete con la Lega che non boicotta le rievocazioni nazionali ma se ne chiama fuori?
Ho dibattuto l’altro giorno in Rai con un professore che difende l’amor patrio dalla Lega e dai reazionari del governo e vede il Risorgimento come un aperitivo della resistenza; ma poi si è lasciato scappare che lui «ha la fortuna di vivere e insegnare all’estero». Ma come, professor Maurizio Viroli, vuol darci lezioni di amor patrio e poi dice che ha la fortuna, non la necessità, per ragioni di studio e opportunità di lavoro, no, «la fortuna» di stare all’estero? E il nemico sarebbe la Lega, che non l’ha certo mandata in esilio a Princeton perché filo-italiano... Ma mi faccia il piacere...
Per decenni abbiamo visto bandiere rosse al posto di tricolori, abbiamo sentito insulti e visto sputacchiare tutto ciò che evocasse l’amor patrio, abbiamo sentito ripeterci che siamo cittadini del mondo, e ora ve la prendete con i leghisti se gli italiani sono apatici e snazionalizzati? Ma non sono leghisti i “prof” che insegnano a denigrare il proprio Paese, a rimuovere bandiere, eventi e simboli della tradizione italiana, e disprezzano il suo premier, definendolo arcitaliano... Non è leghista la cultura neoilluminista che secerne ancora veleni su tutto ciò che è nazionale, bollandolo come provinciale, controriformista, oscurantista, antimoderno. Non è leghista la globalizzazione che ci fa sentire contemporanei prima che conterranei e ci rende figli del nostro tempo più che del nostro luogo; e vola sulle ali del mercato globale e della tecnica planetaria. Vuoi vedere che anche la Borsa, il capitalismo multinazionale e la tecnica sono effetti della Lega? Noto semmai il contrario. Se si parla da qualche tempo di identità nazionale e di amor patrio, in parte è dovuto proprio alla presenza della Lega, per due ragioni opposte e convergenti, che Dante direbbe per analogia e contrappasso: primo, per avversare la Lega e il suo separatismo, è sorto un flebile senso nazionale, che ha raggiunto perfino la sinistra e i circoli virtuosi del mondialismo; secondo, per superare il micropatriottismo della Lega, il nazionalismo padano, la critica al mondialismo e alle multinazionali, è stato rispolverato il vecchio bagaglio patriottico.
Ora non dirò che Bossi ha risvegliato l’amor patrio, e continuerò a criticare il padanesimo, ma dico che se oggi siamo immersi nell’oblio nazionale, nell’amnesia della memoria storica italiana, nella colonizzazione culturale, economica e di costume del Paese, le responsabilità possono essere di tanti, ma non della Lega. Perciò mi sembra pretestuoso insorgere indignati contro Calderoli, Bossi e compiere il gesto eroico di disertare dai comitati dei garanti dell’unità d’Italia contro un pericolo di lesa nazione che serpeggia da tutte le parti e da così tanto tempo. Lasciate stare l’amor patrio, ve ne siete sempre fregati e ora volete tirarlo fuori per attaccare il governo in carica. Nutro da sempre la sobria fierezza di essere italiano: ma davanti a questo spettacolino comincio a credere che avesse un po’ ragione chi riteneva il patriottismo l’ultimo rifugio dei falliti, dei disperati e dei disonesti.