Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Pechino guarda il mare

Pechino guarda il mare

di Romolo Gobbi - 05/05/2010

Quando si pensa alla Cina, vengono in mente la sua grande superficie e i lunghissimi confini, in parte tratteggiati dai resti della Grande Muraglia, che all'origine, nel terzo secolo avanti Cristo, misurava oltre 6.500 chilometri. Quando si pensa alla sua storia, ritornano alla memoria le secolari guerre e invasioni dei Mongoli; invece, nessuno, o quasi, ricorda che la Cina fu una grande potenza marittima: "Nel 1420 la marina Ming possedeva ufficialmente 1350 navi da guerra, tra cui 400 grandi fortezze galleggianti e 250 vascelli progettati per la navigazione a largo raggio". La flotta cinese compì sette crociere a largo raggio, tra il 1405 e il 1433, e toccò innumerevoli porti, dalla Malacca a Ceylon, al Mar Rosso, a Zanzibar. "Alcune delle grandi navi che trasportavano i tesori pare fossero lunghe oltre 120 metri e stoccassero 1500 tonnellate". Tre anni dopo l'ultima spedizione, "un editto imperiale bandì la costruzione di vascelli d'alto mare e poco più tardi un preciso ordine proibì l'esistenza di navi con più di due alberi". Non è chiaro perchè la Cina decise di "voltare le spalle al mondo", invece è chiaro perchè oggi le navi cinesi abbiano ripreso a navigare per i mari di tutto il mondo. Il 26 dicembre del 2008 sono salpate dal'isola di Haiman due unità da guerra cinesi, la Haikou e la Wuhan, con la nave appoggio Weishanhu, per partecipare alla missione internazionale contro la pirateria al largo delle coste somale: "costituiva la prima spedizione navale militare cinese dal XV secolo". Non si trattò di un appoggio gratuito alla comunità internazionale, era invece una iniziativa militare in difesa degli interessi nazionali cinesi, in particolare, a difesa dei mercantili cinesi che trasportano il 17% dell'intero commercio mondiale. Le rotte mercantili cinesi passano anche in altri punti pericolosi, come l'attraversamento dello stretto di Malacca e, più oltre, la barriera delle isole Adamane. Per questo la Cina appoggia la giunta militare del Myammar; in cambio "la Cina possiede basi di osservazione sul golfo del Bengala", dal quale passano quasi tre quarti dei commerci cinesi.
L'ascesa della Cina verso il primo posto nel commercio mondiale è stata preparata dallo sviluppo dei porti cinesi, 1400, tra i quali primeggia Shanghai: "il porto commerciale con maggior traffico cargo al mondo, un record raggiunto nel 2008, per il quarto anno di fila, 582 milioni di tonnellate movimentate con un incremento del 3,6%, nonostante la crisi". Anche le attrezzature per contenere le merci sono state incentivate, l'80 per cento dei container è prodotto in Cina: "Di fatto Pechino ha in mano oltre i due terzi dell'industria globale dei conteiner".
Oltre alle infrastrutture in patria, la Cina ha dovuto procurarsi i porti di arrivo per le merci e "piantare la loro bandiera nelle principali destinazioni d'oltremare delle loro merci: Nord America, Nord Europa, Mediterraneo". Così i cinesi hanno partecipazioni nelle aziende portuali da "Taranto, Alessandria d'Egitto, Izmir, Barcellona, Amsterdam, Rotterdam, Stoccolma, Gdynia in Polonia, Felixtowe, Harwich e London Thamesport in UK"., Un'altra compagnia a partecipazione cinese ha il controllo dei porti di Genova-Voltri, Venezia, Mersin in Turchia, Tangeri, Sines in Portogallo, Zeebrugge e Anversa in Belgio, Great Yaarmouth in Inghilterra. La Cosco Pacific LTD, terminalista e compagnia di navigazione a partecipazione cinese "oltre al Pireo, è a Napoli con una partnership paritetica al 46% con Msc, Marsiglia-Fosse, Anversa, Rotterdam (al 51%), Port Said".
Oltre ai porti di attracco per le merci cinesi, Pechino è interessata anche a quelli dei Paesi da cui partono "le materie prime che fanno muovere la società industriale, la Cina di oggi è il Paese più shopping-dipendente della Terra". Così: "l'Ufficio delle Risorse di Stato sta accumulando tonnellate di alluminio, zinco, nickel e metalli preziosi per le nuove tecnologie (auto pulita inclusa) come il titanio, indio, rodio, praseodimo". Oltre ad accumulare materie prime, Pechino ha "fatto incetta di pozzi di petrolio, riserve di gas naturale, miniere, oleodotti, raffinerie, eccetera, in un'abbuffata di spese senza precedenti". I grandi gruppi petroliferi cinesi "hanno cominciato a comprare in Angola, Iran, Kazakhstan, Nigeria, Sudan e Venezuela" Anche in Iraq le compagnie petrolifere cinesi hanno vinto alcune aste per lo sfruttamento di vari bacini petroliferi, mentre "gli statunitensi sono rimasti sempre fuori gioco".
Recentemente, gli interessi cinesi si sono estesi verso l'Oceano Artico perchè in seguito al riscaldamento globale si sono rese disponibili, o lo saranno presto, le rotte del "passaggio a Nord-Ovest": "Un Artico navigabile avrebbe un impatto significativo, perchè la rotta da Shanghai ad Amburgo si accorcerebbe di 6.400 chilometri, evitando imbuti, come lo stretto di Malacca e Suez, oltre che i rischi della pirateria". Senza contare che sotto il Polo Nord si troverebbero "il 30% dei giacimenti vergini di gas e il 13% dei giacimenti vergini di greggio del mondo". Naturalmente, tutti questi interessi di Pechino per i mari di tutto il mondo hanno richiesto un potenziamento della marina militare cinese, che oggi conta "260 navi, 75 delle quali d'altura, e circa 60 sottomarini (sei nucleari)". Secondo l'ammiraglio Zhang Huachen: "Con l'espansione degli interessi economici del Paese, la Marina punta a proteggere le rotte marittime". Nonostante le recenti dichiarazioni di una riduzione delle spese militari, in realtà si tratta di una riduzione dell'incremento delle spese, che passa al 7%, mentre negli anni precedenti gli aumenti erano a due cifre; di fatto, la Cina ha un bilancio della difesa secondo solo a quello degli Stati Uniti. Questi, infatti, sono preoccupati dalla crescita della marina militare cinese e anche per il fatto che questa ha modificato "alcuni missili balistici a medio raggio per compiti anti-nave". Così gli USA hanno deciso di schierare più navi e sottomarini nel Pacifico, il che ha scatenato una corsa al riarmo in tutta la regione.
Tutto ciò sembrerebbe un gioco automatico per mantenere in equilibrio le forze in campo, ma in Cina sta aumentando il risentimento verso gli USA, al punto che sta riscuotendo un grande successo il libro il "Sogno Cinese" del colonnello Superiore Liu Mingfu. In questo libro si sostiene che "la Cina dovrebbe invece accelerare per diventare la numero uno, con le forze armate più potenti del mondo , per spodestare gli USA come campione globale". Tutto questo "potrebbe allarmare Washington e portare ad una guerra nei prossimi 10 - 20 anni".