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L`insolvenza della Grecia e la trappola del debito pubblico

di Uriel - 06/05/2010

Fonte: wolfstep

 
http://www.tuttosport.com/images/ansa/01/epa01x1fX_20100501_immagine_l.jpg

Il debito pubblico è la diga piena d’acqua. Se crolla, si allaga tutto, gli Stati vanno in tilt e la gente viene travolta.
Ora, l’equivalente del terremoto è il tasso di indebitamento dei privati. Quando i privati si indebitano troppo, il debito pubblico esplode.
Qual è il legame?
Il legame è di due tipi: fiduciario e consumistico.
Nel caso fiduciario, il problema lo vediamo bene in Portogallo e Spagna. Il debito portoghese è attorno al 70%, ma il paese è vicino al collasso. Del resto la cosa non è nuova, perché il debito argentino era ancora più basso, quando ci fu il crack.
Quello che succede è che l’investitore perde la fiducia nel paese, dal momento che non è possibile per l’economia di risollevarsi. Qualsiasi politica fiscale il governo usasse per migliorare il debito, infatti, sarebbe insostenibile: il cittadino indebitato è, anche se ha uno stile di vita apparentemente occidentale, un cittadino povero. Quando il vostro paese ha più debiti che Pil, comunque vadano le cose il governo non potrà pagare i debiti, dato che li pagherebbe con tasse che il cittadino ha sempre meno la possibilità di pagare.
Nessuno crederà mai ad un paese nel quale i cittadini vivono a credito.

Le pratiche incriminate sono: il credito al consumo troppo facile, automobili, elettronica, vestiti, vacanze comprate a rate.
Il fido aziendale troppo facile rispetto al capitale sociale. Le Pmi e i professionisti chiedono fido portando come contropartita il fatturato, e non il capitale sociale.
Il mutuo casa facile. La gente compra casa senza possedere una lira, spesso facendosi finanziare più del valore della casa.
Le carte di credito si comportano come isolette, concedendo fidi ed effettuando prestiti de facto. Potete avere un’Amex con lo scoperto e una Visa con lo scoperto, e i due circuiti non si parlano per capire se non stiate moltiplicando il vostro conto, e come se non bastasse spesso non parlano con la banca per sapere quale sia la situazione del vostro conto.

Poi c’è un problema di forecast. Supponiamo di avere cittadini risparmiatori, e di iniziare una trasformazione della spesa pubblica. Inevitabilmente le trasformazioni della spesa pubblica producono un periodo di austerity.
Cosa fa il cittadino? Se ha dei risparmi, come ha di solito il ceto medio (negozianti, professionisti), compenseranno il calo di affari pescando dai risparmi. Quando finirà l’austerity, torneranno a risparmiare.
Così, se il governo italiano calasse del 10% la spesa pubblica per un anno, le Pmi che si vedrebbero ridurre gli appalti del 10% di cosa vivrebbero, visto che non hanno risparmi? E i professionisti? E il relativo calo dei consumi, come sarebbe vissuto dai negozianti?
Se tutte queste categorie avessero dei risparmi, ovviamente pescherebbero dai risparmi per un anno: il governo ristrutturerebbe la spesa pubblica e poi tornerebbe il sereno. Ma cosa succede se non ci sono risparmi?
Succede che ristrutturando la spesa pubblica, cioè ridimensionando gli appalti, le aziende soffriranno. Ma non hanno un cuscinetto su cui contare, quindi licenzieranno. I licenziati caleranno le spese, perché non hanno risparmi. E non compreranno dai negozianti. I quali non hanno riserve, e caleranno le scorte di magazzino. E così via.

Che cosa succede se il cittadino, oltre a non avere risparmi, è anche indebitato? Cosa succede se lo stato taglia spesa pubblica? Succede che le aziende appaltatrici e subappaltatrici, che usavano il giro di cassa per pagare gli interessi sui debiti, falliscono.
Il fallimento produce messa in vendita di immobili, bloccando il mercato immobiliare. Le persone sul lastrico non comprano, facendo fallire i negozianti, altrettanto indebitati. Questo sbatte sul mercato sia gli immobili commerciali che gli stock, e costringe le banche a non fare più credito per via dei rischi. I professionisti a loro volta falliscono, e i cittadini non possono comprare i servizi privati che prendono il posto di quelli prima offerti dallo stato.
Vi sembra apocalittico? E’ quello che sta per succedere in Grecia.
Così, quando il cittadino è molto indebitato, per il debito pubblico non c’è speranza. Il debito dei privati è, nelle sue conseguenze, la vera e propria dichiarazione di default dei conti pubblici.
Ha senso, a questo punto, agire sul debito pubblico?

No, non ha senso alcuno. Le cure di Fmi e Ue sono miopi, perché non prendono in considerazione l’idea che, anche se riducessero il debito sino al 60%, i cittadini greci sono esausti e non potrebbero sostenere il minore livello di servizi legato ai tagli. Manderanno al disastro l’economia, e la Grecia fallirà con un debito inferiore tra un paio di anni. Niente di più.
Guardiamo il Portogallo. Perché è a rischio pur avendo un debito attorno al 70% del Pil, 40 punti meno di noi? Perché le famiglie si sono indebitate, cioè hanno avuto un accesso indiscriminato ad alcuni strumenti finanziari di debito. L’indebitamento privato, e specialmente quello familiare, ha raggiunto il 236% del Pil; ed è questo il fattore principale che rende il Portogallo così a rischio, più del debito pubblico.
Che tutti avessero questo accesso al credito non era, di fatto, una cosa così bella. Che tutti giocassero in borsa, che tutti trafficassero in pacchetti di azioni (bilanciati o meno) non era una cosa bella.

Quello che va fatto in occidente, nessuno escluso, è di ristrutturare il debito ai privati. Per le aziende, costringendole a ristrutturare i propri debiti con le banche. Per i privati cittadini, innanzitutto ponendo dei limiti vincolanti tra erogazione delle carte di credito e ammontare del conto in banca. Inoltre, con una stretta del credito al consumo: solo su cauzione e comunque non del 100% del bene. I mutui casa non possono superare il 50% dell’immobile. Gente che compra la casa senza una lira in tasca deve smettere di esistere. Se non hai i soldi per una casa, non comperi una casa e stai in affitto.
Una volta ridotto il debito dei privati, allora e solo allora si potrà stabilizzare il debito pubblico.
Ovviamente tutto quanto sopra è altamente impopolare: il che significa politicamente infattibile.
Se diciamo che il governo deve dimagrire, chi sogna funzionari pubblici che vivano in maniera monastica sarà felicissimo. Tutti continueranno a vivere facendo debiti, ma pretenderanno che lo Stato sia virtuoso.
Invece, se diciamo che lo stato può finire in fallimento anche col 20% di rapporto deficit/Pil se i cittadini sono enormemente indebitati, allora non va più bene. In qualche modo si è sancito di fatto il diritto ai debiti. Il diritto ad uno stile di vita al di sopra delle proprie possibilità. Si è sancito il diritto alla vita vanziniana per chiunque abbia un’impresa.
Di conseguenza no, il problema non si risolverà ed esploderà nuovamente. E, con buona pace della signora Merkel, se i suoi cittadini continuano ad indebitarsi a questo ritmo, potrebbe toccare anche alla Germania entro 3/4 anni.
Un’altra lezione che non vogliamo imparare è smettere di manipolare i mercati usando i mass media e gli effetti psicologici. I mercati trattano valore, non allucinazioni.
E’ inutile scrivere sui giornali che “è inaccettabile l’idea di un default greco”. Balle. Il default greco è avvenuto per bocca del primo ministro, quando ha detto semplicemente che “la Grecia non può più accedere ai mercati”. Questa è una dichiarazione di bancarotta: “non siamo in grado di onorare i prestiti”.
A quel punto, interviene un prestito europeo. Prestito? Ma che dicono? La Grecia ha appena detto che non può restituire alcun prestito. Si tratta, e sarebbe ora di dirlo, di un regalo. Quei soldi non verranno mai restituiti. Punto.
La Grecia è già insolvente.
Il disastro greco è già avvenuto.

Nessuno dei preziosi analisti che parla di debito nomina l’enorme problema dei debiti privati e il terribile impatto che hanno. Tutti sembrano basarsi solo sul debito pubblico, quando si sa che il botto nasce dal debito dei privati.
Tutto questo serve a nutrire di illusioni l’opinione pubblica: dicono al cittadino “chi deve cambiare vita è il governo, sono magari i grandi manager della finanza, i tuoi debiti e il tuo reddito invece sono una questione privata”.
No, signori, i debiti che il cittadino ha (auto a rate, mutui, credito al consumo, fidi per aziende senza capitale sociale) sono un problema grande quanto (e forse di più) del debito pubblico. Il cittadino deve cambiare stile di vita, ridimensionare i consumi e ridurre i debiti molto più degli Stati. Anzi, se lo Stato può avere un debito pubblico, il cittadino per essere in linea con dei requisiti di sicurezza economica deve addirittura avere dei risparmi, cioè l’opposto del debito.
Ma i giornali non lo dicono, perchè non piace ai lettori e perchè le banche che li finanziano non hanno piacere a chiudere il credito al consumo e tutto il business del debito. I governi non lo dicono perchè hanno paura di perdere le elezioni.
Guardate la Grecia: sono in default, il che significa che non hanno accesso ai mercati. Non lo avranno più neanche dopo il prestito Ue, perché sono falliti.
Il loro governo dovrà tenere un rapporto deficit/pil di 0%. Inoltre, dovrà ristrutturare i conti, dimagrendo. Il che significa un calo della spesa pubblica enorme. La spesa pubblica, in Grecia, è una delle principali fonti di Pil. L’economia greca, quindi, sarà in pesante recessione. E le famiglie non hanno riserve per reggere questa cura.

Morale della storia: o il problema del debito dei privati viene affrontato, piaccia o meno, o il problema del debito dei privati arriverà sui denti dei privati con una forza tremenda.
La scelta è, molto semplicemente, tra una cura dolorosa e la morte per malattia. Non c’è modo di fuggire.
Il pasto gratis non esiste, neanche per chi ha una carta di credito con lo scoperto.