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Belpaese, appunti di viaggio

di Enzo Chiaradia - 10/05/2010

Fonte: Liberaopinione.net


La mangiatoia
La giunta regionale del Lazio stenta a partire e la Polverini, vicina ad una crisi di nervi ha affermato: “O si va avanti o mi dimetto”. Problemi politici? Via, non scherziamo. I problemi sono sempre e solo di posti, di greppia. Stavolta è il solito Casini a scalpitare, ma lei lo rasserena: “I posti per l’UDC ci sono, stiamo lavorando…”. Piercasinando Ferdini non si sente però tranquillo: “I patti elettorali erano chiari…Non siamo accattoni che per un assessorato o due rinunciano a un problema di principio”. Ma le lottizzazioni si chiamano adesso “questioni di principio”? Interviene anche Gasparri: “Il patto politico-elettorale con l’UDC sarà rispettato…tutto procede nella massima armonia possibile”. Poi è la volta di Storace: “Casini esagera, altro che storie. Dalla Polverini ha avuto in regalo tre consiglieri regionali con il listino”. Altra versione quella di Donato Robilotta, consigliere uscente PDL: “Casini lavora per un governo tecnico di larghe intese e…ha le chiavi della stabilità della giunta regionale. Questo è il disastro compiuto dal gruppo dirigente PDL di Roma e del Lazio”.
Una volta tanto sembra aver ragione il sindaco Alemanno: “…non c’è nulla di nuovo”. Il circo della partitocrazia non si concede pause.

E io pago
La rivista ebraica italiana “Shalom” ha reso noto che il Senato della Repubblica ha approvato il decreto legislativo 1733 - “concessione di un contributo in favore della fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, organizzazione non lucrativa di utilità sociale”, noto come Legge Ruben dal nome del parlamentare PDL che l’ha promosso, che consentirà al CDEC di incassare un finanziamento annuo di 300.000 euro al fine di sostenerne le attività. Che cosa vogliono gli aderenti a questa associazione? Lo ha spiegato in un suo intervento alla Commissione Esteri del Senato (presieduta nella circostanza dalla senatrice AN-PDL Fiamma Nirenstein, nota agitatrice israeliana) certo Stefano Gatti senza tanti giri di parole: chiudere tutti quei siti web che osano criticare Israele ovverossia negare il diritto di parola a tutti coloro che denunciano e criticano i crimini sionisti in Palestina e nel mondo, a cominciare da Effedieffe, Terrasanta Libera e Andrea Carancini.
Non rientrano ovviamente in questo monitoraggio dell’antisemitismo le azioni criminali dei vari leader israeliani (cfr. mandato di cattura emesso lo scorso dicembre da un tribunale inglese contro Tzipi Livni, ministro degli Esteri al tempo dell’ultimo massacro di Gaza costato la vita a 1.400 palestinesi), nonostante quello arabo-palestinese sia anch’esso un popolo semita. Il tutto nella logica di quell’ “industria dell’olocausto” magistralmente descritta da Norman Finkelstein che prevede un privilegio della sofferenza per il solo “popolo eletto”.
Un’accelerazione sull’argomento libertà di espressione ci voleva anche nel nostro Paese dopo il voto quasi unanime sul famigerato “mandato d’arresto europeo”. Non sia mai che in Germania e in Austria arrestino e sbattano in galera persino gli avvocati (cfr. Sylvia Stolz) che difendono i cosiddetti “negazionisti dell’olocausto” e che l’Italia non sia in linea con i cosiddetti “parametri europei”.

L’orologio fermo
Qualificate personalità del mondo della cultura, del giornalismo e della politica hanno sottoscritto un appello di solidarietà dopo il diniego della prefettura di Roma a far sfilare in corteo in una pubblica manifestazione gli studenti del “Blocco Studentesco”, un’organizzazione di destra. Hanno aderito, tra gli altri, i deputati del PD Rita Bernardini e Paola Concia, i giornalisti Ritanna Armeni, Massimo Bordin, Angela Azzaro e Piero Sansonetti, i docenti universitari Alberto Abruzzese, Massimo Ilardi e Carlo Grassi, lo scrittore Gian Luca Minotti. Persone che evidentemente, al di là delle loro convinzioni politiche, credono nella libertà di espressione per tutti. Da tempo Piero Sansonetti, già direttore di “Liberazione” e attualmente alla guida de “Gli Altri”, un periodico che ha come referente politico “Sinistra Ecologia e Libertà”, il gruppo scissosi da Rifondazione comunista.
A 65 anni dalla fine della guerra è auspicabile che anche il nostro Paese si decida ad uscire da logiche del tipo fascismo/antifascismo o comunismo/anticomunismo che vanno definitivamente consegnate alla storia o da contrapposizioni ideologiche frontali e irriducibili che hanno giovato solo alle fortune e agli interessi di gruppi oligarchici interessati unicamente a soggiogare economicamente il pianeta.
L’iniziativa di superare la logica degli anni di piombo non è però gradita a qualcuno, tanto per citare un nome l’Associazione degli ex partigiani (ANPI), che, nonostante lombaggini e reumatismi dei suoi pochi membri ancora in vita, conduce ancora una guerra solitaria contro il nemico, ignara dell’avvenuta cessazione delle ostilità. Costoro hanno infatti invaso la rete web con inviti ai militanti a “non disarmarsi davanti al nuovo sorgere del pericolo fascista in Italia” e a mobilitarsi per boicottare i giornali in cui lavorano i firmatari dell’appello, inseriti in un elenco con nomi, cognomi e qualifiche professionali, specificando che “combattere il fascismo significa combattere la discriminazione, l’oppressione padronale, il razzismo, il sessimo, la xenofobia”. Davanti al ritorno alle liste di proscrizione e alle accuse da Tribunale del popolo, ogni commento è una perdita di tempo. Scrisse Pittigrilli: “Capisco il bacio al lebbroso, ma non la stratta di mano al cretino.

Il matto
Ahmadinejad? Chi, il presidente dell’Iran? Ma quello è matto”. Mi è capitato più volte di udire questa frase parlando con l’uomo della strada. Dopo anni di notizie distorte, di frasi riportate malamente, di bombardamenti mediatici, chiunque può esser fatto passare per pazzo. I governanti americani, almeno i più recenti, sono maestri in quest’arte. Vi ricordate Saddam Hussein? Era la miglior persona del mondo, un alleato degli USA che se ne servivano per far la guerra all’Iran. Poi, improvvisamente, è diventato un assassino, un despota che deteneva misteriose “armi di distruzione di massa” ed è finito impiccato. Poi si è scoperto che quelle armi micidiali non erano mai esistite. Ma che importa, la gente ha la memoria corta.
Per Ahmadinejad il copione si ripete. Il volere la liberazione della Palestina dagli occupanti ebraici diventa il volere “l’eliminazione di Israele”, fisica si intende, i campi di sterminio, l’olocausto del secondo millennio. Da tempo è preso di mira perché vorrebbe dotarsi del nucleare e della bomba atomica. Non è assolutamente vero per un semplice motivo: che non è in grado di farlo. Chi vuole approfondire l’argomento si legga in dettaglio quest’articolo di Franco Cardini: http://www.liberaopinione.net/wp/?p=1729
Ma, a parte questo, chi vorrebbe che l’Iran non si dotasse del nucleare? In primis, Israele e USA che la bomba ce l’hanno già. Gli Stati Uniti sono anche l’unica nazione al mondo che ha fatto uso di bombe atomiche nel corso della storia. Orbene, gli americani muoiono dalla voglia di dichiarare guerra all’Iran: per questioni strategiche, ma anche per risanare un bilancio che non è attualmente molto florido. Con le guerre – e questa è storia – gli USA hanno sempre risolto molti dei loro problemi interni.
Stavolta però il “matto iraniano”, stanco di essere maltrattato e frainteso a distanza, ha giocato d’anticipo attaccando frontalmente i suoi detrattori. Per farlo ha scelto New York, sede dell’ ONU, dove nei giorni scorsi si è tenuta la conferenza di riesame del Trattato di non Proliferazione Nucleare. Quand’è venuto il suo turno Ahmadinejad - citando Italia, Olanda e Germania – ha chiesto cosa ci fanno in questi Paesi le bombe nucleari USA. Com’è risaputo per essere stato reso noto proprio dagli studiosi della” Federation of American Scientists”, nelle basi di Aviano (Pordenone) e Ghedi (Brescia) – ma probabilmente anche a Gioia del Colle e, per il passato, a Rimini - sarebbero allocate almeno 90 testate nucleari. Altre 150 si troverebbero in Germania, 100 in Inghilterra, 90 in Turchia ed altre 40 tra Belgio ed Olanda. Mentre però alcuni Stati europei, tra i quali Germania, Belgio e Paesi Bassi, avrebbero chiesto il ritiro di queste testate, l’Italia rimane alla finestra. Nonostante i Comuni di Ghedi e Aviano siano membri di un’associazione presieduta dal sindaco di Hiroshima che chiede l’eliminazione di tutte le armi nucleari nel mondo entro il 2020.
Appena Ahmadinejad ha iniziato a parlare nell’aula del palazzo di Vetro i rappresentanti dei Paesi democratici hanno lasciato l’aula: un atteggiamento senza alternative per chi, pur parlando molto, non ha mai niente da dire.

Bufale leghiste
Dice il ministro Roberto Calderoli: “C’erano in Italia 375 mila atti normativi. Bastavano per riempire due Tir di scatole di cartone. Ma con la semplificazione normativa le abbiamo ridotte a sole 10 mila leggi che adesso potrai consultare gratuitamente con un semplice clic da casa tua…”.
Gli risponde Gian Antonio Stella su “Sette”: “Dal 1860 sono passati 150 anni. Durante i quali, tolti sabati, domeniche, Pasque, ferie estive, vacanze invernali e pause elettorali, il Parlamento può esser rimasto aperto al massimo 200 giorni l’anno. Totale: 30 mila giornate di lavoro. Compresi i periodi della guerra in Etiopia o in Libia, del Ventennio fascista, del primo e secondo conflitto mondiale. Mettiamo anche (ma sì, esageriamo…) che siano rimasti aperti dalle otto di mattina alle otto di sera, dal lunedì al venerdì. Totale: 360 mila ore. Domanda: come diavolo hanno fatto, quei mostri di efficienza, a produrre più di una legge ogni ora? Complicate come sono, poi! Ammesso che abbiano saltato per 150 anni la pausa pranzo: come hanno fatto a sfornare dodici leggi al giorno? A meno che, si capisce, quella di Calderoli non sia una bufala cosmica per allocchi….”