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Israele cerca nuove tattiche contro i manifestanti palestinesi

di Edmund Sanders - 11/05/2010




É la solita scena del sabato pomeriggio in questo villaggio della Cisgiordania: i soldati israeliani e i manifestanti palestinesi giocano al gatto e al topo.

I ragazzi del villaggio, ai quali si sono uniti israeliani di sinistra e attivisti internazionali, iniziano a bloccare le strade con massi e pneumatici; i soldati prendono posizione lungo gli incroci più importanti. Le forze israeliane lanciano candelotti lacrimogeni. In risposta, i manifestanti lanciano sassi.

Dopo poco l’esercito sfodera una delle sue armi più temute.

Un autocarro corazzato bianco irrompe sulla scena rimbombando. I manifestanti si gettano a terra in cerca di riparo mentre un piccolo cannone posto sul tetto del veicolo prende la mira e spara – non proiettili o gas lacrimogeno, ma un intenso flusso del liquido dall’odore più nauseabondo che possa esistere.

È l’odore dolciastro della carne in decomposizione? Il puzzo di una discarica in un giorno rovente? Vomito? Quelli che sono stati bagnati dal liquido si lavano invano, cercando di trovare una descrizione che renda l’idea del puzzo che non andrà via per diversi giorni, non importa con quanta forza si sfreghi.

I soldati israeliani chiamano questo autocarro lo “Skunk” (la puzzola) e dicono che è diventato uno dei loro mezzi preferiti per affrontare la crescente sfida delle dimostrazioni in Cisgiordania.

Visto che negli ultimi anni i palestinesi hanno preso le dovute distanze dagli attacchi kamikaze o da quelli armati, per passare a disobbedienza civile e manifestazioni pacifiche, di conseguenza l’esercito israeliano è alle prese con le modifiche da apportare alle sue tattiche.

"É una nuova tendenza e stiamo cercando di farvi fronte in modo nuovo”, afferma il tenente colonnello Eliezer Toledano, ufficiale delle operazioni dell’esercito israeliano in Cisgiordania. “Dobbiamo adattarci alla realtà delle cose”.

Senza attacchi kamikaze o scontri armati nell’ultimo anno, afferma, oggi una delle principali minacce alla sicurezza in Cisgiordania è rappresentato dal notevole aumento delle proteste organizzate dai civili. Un anno fa, nelle città della Cisgiordania, si tenevano due dimostrazioni di questo tipo a settimana. Ora ce ne sono almeno 10 e coinvolgono fino a 2mila manifestanti, e il numero continua ad aumentare.

Sebbene spesso vengano etichettate come pacifiche, queste manifestazioni possono sfociare nella violenza e i soldati israeliani sono stati accusati di utilizzare le armi contro i manifestanti disarmati. A Nablus due giovani manifestanti palestinesi sono stato uccisi lo scorso marzo dai proiettili israeliani, stando a quanto riferito dai palestinesi. Gli israeliani stanno indagando se siano stati utilizzati proiettili. Tuttavia, affermano che questa settimana hanno ammonito gli ufficiali coinvolti, dicendo che l’incidente non sarebbe accaduto con una supervisione e un addestramento migliori.

Con l’aumento dello stallo tra soldati armati israeliani e palestinesi che lanciano pietre, gli ufficiali israeliani dicono di essere alla ricerca di strumenti migliori, come la Skunk, per dare alle truppe la possibilità di controllare le manifestazioni.

“Oggi le sfide che ci troviamo ad affrontare sono più simili a quelle che gestirebbe la polizia che di tipo militare, quindi stiamo cercando di reagire così come farebbe un poliziotto”, afferma un alto comandante israeliano, il quale ha chiesto di mantenere l’anonimato. “Se utilizzassimo mezzi militari per il mantenimento della sicurezza, non otterremmo un buon risultato”.

Tra le varie iniziative, le forze di sicurezza di Gerusalemme a volte utilizzano i cosiddetti proiettili di spugna, cioè proiettili di plastica ricoperti di spugna che fanno male ma sono meno pericolosi dei proiettili rivestiti di gomma, afferma un portavoce della polizia.

Oppure c’è lo “Scream” (l’urlo), che emette un rumore assordante da un altoparlante dell’autocarro, e riproduce il suono delle granate, producendo rumori forti ma senza causare danni.

Gli israeliani attribuiscono a questi strumenti il merito della riduzione delle morti nel corso delle manifestazioni dell’ultimo anno, anche se il numero delle manifestazioni è aumentato.

Secondo le stime palestinesi, tra luglio 2008 e giugno 2009 sei palestinesi sono stati uccisi. Nel corso dell’ultimo anno il numero è sceso a due.

Gli organizzatori palestinesi si fanno beffa dell’idea in base alla quale i soldati israeliani hanno ammorbidito le loro reazioni, dicendo che l’esercito usa ancora troppa forza.

"Non è cambiato niente”, afferma Bassim Tamimi, residente di Nabi Saleh che guida il comitato delle proteste locali. “Vediamo che la stessa violenza viene utilizzata contro di noi”.

A marzo un 14enne del villaggio è stato in coma per una settimana dopo che un proiettile di gomma lo aveva colpito alla testa, dice Tamimi. La scorsa settimana i manifestanti in due villaggi sono stati gravemente feriti dai candelotti lacrimogeni che li hanno colpiti alla testa, dicono i manifestanti.

Tamimi accusa l’esercito di fare ricorso a questi nuovi strumenti per provocare la violenza invece di limitarla. Nel corso di una protesta avvenuta recentemente, dice, i soldati hanno sparato il liquido della “Puzzola” nelle case, rendendole inabitabili. In un’altra occasione, hanno arrestato tre donne del villaggio, mandando su tutte le furie i leader del villaggio, afferma.

"Stanno cercando di spingerci verso l’altra sponda della resistenza [quella armata] così da poter dire di nuovo che I palestinesi sono dei terroristi”, afferma Tamimi. “ Stanno cercando di aggravare la situazione. Ma noi non imbracceremo le armi. Crediamo in questo tipo di resistenza”.

L’esercito sta anche ricorrendo sempre più spesso agli arresti, dichiarano entrambe le parti.

Dal 2005 di oltre 300 arresti nel corso delle manifestazioni di protesta, circa i due-terzi sono stati effettuati nel corso dell’anno scorso, secondo le stime fornite dagli organizzatori delle manifestazioni. I manifestanti lamentano che negli ultimi mesi i soldati hanno iniziato a fare irruzione nelle case di manifestanti durante la notte, una tattica che di solito è riservata ai sospettati di terrorismo.

L’esercito sta anche testando alcune strategie legali controverse. A Bilin e Niilin, due villaggi della Cisgiordania dove si sono tenute molte manifestazioni di protesta settimanali, durate a lungo, contro la barriera di separazione israeliana, recentemente l’esercito ha ordinato che le città sarebbero state considerate come “ zone militari chiuse” dalle 8 del mattino alle 8 di sera ogni venerdì.

In base ai nuovi regolamenti chiunque si trovi nella zona di venerdì, in particolar modo israeliani o attivisti stranieri, potranno essere arrestati, qualunque sia la loro attività. I critici lo definiscono un tentativo lampante di utilizzare poteri militari create per le zone di guerra contro i manifestanti civili.

I comandanti israeliani dichiarano che le nuove strategie legali erano necessarie perché i giudici chiedevano dei livelli maggiori di prove nei contesti civili rispetto alle situazioni di combattimento. "Altrimenti arresteremmo le persone e dopo un’ora sarebbero rilasciate”, afferma un comandante.

Ora i soldati portano spesso con loro le macchine fotografiche per immortalare i manifestanti mentre tirano pietre o distruggono proprietà.

I soldati hanno espresso opinioni contrastanti sul loro ruolo di affrontare i manifestanti, chiedendosi se l’addestramento sia adatto per il compito.

"Quando hai a che fare con i civili perdi freddezza”, afferma un soldato scelto che è più abituato a combattere in Libano e a Gaza. “ Questo non è il lavoro di un soldato”.

The Los Angeles Times
(Traduzione di Arianna Palleschi per Osservatorio Iraq)

L’articolo in lingua originale