Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Situazione instabile e pericolosa

Situazione instabile e pericolosa

di Gianfranco La Grassa - 11/05/2010



La crisi è senz’altro grave e fa trattenere il fiato, tutti si focalizzano su di essa, il che è ovviamente comprensibile; anche il sottoscritto, in quanto “piccolissimo risparmiatore”, non sa in realtà che cavolo fare e maledice gli economisti, che nemmeno si sono dati da fare per conseguire quei modesti, ma significativi, progressi realizzati negli ultimi anni dai meteorologi. Solo che non li maledico da ora, ma ho sempre pensato che non sappiano nulla di nulla salvo che cianciare sui giornali e in TV. Tuttavia, anche coloro che adesso li maledicono non hanno il coraggio di prendere misure drastiche. Impedire che scrivano e blaterino ancora, che insegnino nozioni di inutile e finto tecnicismo nelle Università. Non solo: già all’epoca dei fallimenti Cirio, ma soprattutto Parmalat, si era constatato quanto ignoranti e imbroglione siano le società di rating. Due anni fa, all’esplodere della “prima tranche” della crisi, tutti avevano dato loro addosso. Eppure continuano ad agire indisturbate così come le grandi banche d’affari americane fra le principali spargitrici di titoli spazzatura, ecc.
Allora, se si è masochisti fino a questo punto, che fare? La prima cosa, qui in Italia, è finalmente denunciare apertamente chi ci ha portato nel sistema dell’euro, accettando un cambio della lira con questa moneta del tutto demenziale. Non scrivo i loro nomi perché dovrei farli seguire da epiteti da denuncia. Tutti sanno però chi sono e sono tutti di (sedicente) sinistra. Badate bene, però, della sini-stra cosiddetta moderata, “non comunista”, cattolica o azionista, incapace di fare e di pensare. Tuttavia, dov’erano gli ex piciisti? Si erano appena riciclati dal disastro del “socialismo reale”, avevano cambiato nome, perdendo qualche frangia di sedicenti nostalgici (intrallazzatori che sfruttavano elettoralmente le misere schiere dei veri nostalgici), oggi tornati all’ovile ormai disperati, ridotti a nulla, ma sempre alla ricerca di qualche posticino per i pochi “capi” rimasti.
Questi ex piciisti avevano fatto il salto della quaglia, si erano dati agli Usa e alla Confindustria di Agnelli senza un barlume di autocritica per il loro passato fallimentare, erano diventati i veri scherani di questi nuovi padroni, ma non erano credibili in quanto troppo vicino era questo loro passato. Allora hanno fornito le truppe e si sono messi al seguito di quei tipi dai nomi che non pronuncio, avviando il processo che ci ha condotto nell’attuale situazione. Solo in una breve occasione, con il “D’Alema furioso” (nulla a che vedere con l’Orlando), i piciisti si sono direttamente fatti notare come “disponibili” nei confronti degli Usa. Altrimenti hanno sempre portato acqua a quei cattolici “di sinistra” e a quegli “azionisti”, fatti passare per i veri autori della Resistenza, che andava ri-lanciata contro l’ascesa del “neofascismo” di Berlusconi; in realtà un personaggio costretto ad entrare in politica per “resistere” alla promessa di farlo fuori da parte dei piciisti per conto dei “poteri forti” guidati dalla Confindustria (e da Fiat) e dalla famosa “manina d’oltreoceano”, che avevano già compiuto il loro “pulito” colpo di Stato giudiziario contro un regime politico, con tanti reali de-meriti e tuttavia formato da persone con un minimo senso della realtà e non così disgustose nel loro bieco servilismo come i loro sostituti.
Inutile discettare su somiglianze e differenze tra l’odierna campagna di delegittimazione del go-verno “democraticamente” eletto (questa è la democrazia che tutti accettano) e quella del 1992-93. Anche allora vi erano dei colpevoli. A parte il fatto che quattro quinti (minimo, tre quarti) degli incolpati ne sono usciti infine indenni – l’ultimo è Calogero Mannino, assolto recentemente (in gen-naio) dalla Cassazione, dopo 15 anni di processi, arresto, galera, ecc. (senza che nessuno paghi con altrettanta galera l’ormai manifesta persecuzione) – è chiaro che si trattava comunque di un’operazione politica, di un sostanziale colpo di Stato, compiuto con la connivenza e su mandato di chi detto più sopra. Questo carattere è dimostrato, anche nel caso in cui le persone perseguite sono risultate colpevoli, dal fatto della direzionalità assolutamente a senso unico dell’azione giudiziaria. Esattamente quanto sta avvenendo oggi. In futuro, si tireranno le somme su quanti di coloro che vengono accusati (e dei prossimi che lo saranno) risulteranno colpevoli. Oggi, si capisce già che solo i processi in una sola direzione vanno veramente avanti e hanno una piena risonanza mediatica. Gli altri, quando ci sono, avvengono in sordina.
E’ dunque evidente il carattere politico, ma particolarmente mefitico e truffaldino di quanto sta avvenendo; poiché non si tenta di abbattere uomini e forze politiche mediante una contrapposizione di progetti, di proposte, magari di sistemi di valori (così, almeno per sbaglio). Niente di tutto ciò: solo fango, condanne penali già eseguite sui media, nel mentre coloro che beneficiano dell’annientamento giudiziario degli avversari non hanno nulla da proporre se non chiacchiere (ver-rebbe da dire “e distintivo”) e retorica grossolana, da miserabili quali sono. E sono quelli che gridano al Governo di unità nazionale, ad aver ridotto l’Italia nella situazione di qualche secolo fa, quand’era attraversata da eserciti stranieri e da bande di mercenari. Gli eserciti stranieri sono “metaforici”, ma quanto reali e presenti nei loro effetti di sudditanza; i mercenari sono visibili a tutti e, ancora una volta, i loro nomi sono qui sulla punta …del computer, ma debbo trattenermi.
Il disegno, politico ma nascosto dietro l’azione giudiziaria, è evidente nella sua rozzezza. Di per sé, pensare che possa riuscire sembrerebbe pura follia. Si ha a che fare con una “banda dei quattro” (cosiddetti centristi, di cui uno ancora infilato nel Pdl) che reclama un governo tecnico o di unità nazionale; l’importante è cacciare Berlusconi. Il disegno in questione è comunque formulato da po-liticanti di una meschinità assoluta e senza truppe. Queste dovrebbero essere fornite dal Pd e dall’Idv; una sorta di accettazione di sudditanza che sembrerebbe assomigliare ad un harakiri. Dov’è allora la pericolosità del disegno? Nel fatto che, oggi come allora, dietro un simile progetto ci sono sempre la “manina d’oltreoceano” e i cosiddetti “poteri forti”, più scombiccherati che agli inizi degli anni ’90 ma sempre con la stessa arroganza, lo stesso spirito di servizio (“weimariano”) di allora. Il tutto in una situazione internazionale assai pericolosa, ben più di allora perché gli Usa non sono oggi i trionfatori sul “socialismo reale” imploso; devono invece navigare in un mondo che si va facendo multipolare e in cui la loro “rendita di posizione” è ancora nella Nato e nella servitù che questa impone all’Europa (con allargamento a quella dell’est).
Il pericolo è aggravato dall’incapacità di coloro che sono sotto attacco di rispondere con effica-cia; perché vorrebbero ancora far credere che l’aggressione proviene dai “rossi” (toghe “rosse”, banche “rosse”, ecc.) in un’orgia di vera idiozia. Non si ha il coraggio di dire: sono gli Usa e la nostra GFeID (grande finanza e industria decotta) a volere ormai appiattire la politica italiana in funzione del completo asservimento ai propri disegni. Nel 1992-93 i sicari politicanti erano pressappoco gli stessi di oggi (nome più, nome meno). Allora, fatti fuori Craxi, Andreotti & C. si mise in mezzo Berlusconi senza alcuna strategia alternativa, per pura difesa; trovò pronte le schiere di elettori diccì e piesseì rimaste orfane. Oggi, attaccato Berlusconi – privo di reale capacità di difesa, perché manca del coraggio di un’autentica politica nazionale, che esige la denuncia chiara di chi ci “aggredisce” – non vi è alcun altro “granellino” nell’ingranaggio dell’operazione proveniente da coloro che ho già indicato quali mandanti della “banda dei quattro”. Il dunque risibile richiamo all’unità nazionale serve al massimo per contrapporsi alla Lega, che spinge per avere voce in capitolo in alcuni centri finanziari nevralgici. Le reali operazioni sono ben diverse. Per fare un solo esempio: non mi pronuncio sulla fondatezza delle accuse a Scajola; pur se lo fossero, sono però ultraconvinto che la vera spinta decisiva ad attaccarlo è dipesa dalla sua ferma contrapposizione a nuovi aiuti alla Fiat, e da altre “cosucce” del genere.
Il disegno, malgrado la pochezza dei suoi esecutori di facciata, è pericoloso. Una ulteriore dimo-strazione della incapacità di opporsi ai devastatori dei vari paesi sta nell’incapacità di denunciare senza più veli da dove proviene la particolare gravità della crisi che ci colpisce. Si continua con il becero economicismo, e con il tentativo di arginarla mediante tecnicismi vari. Questi sono talvolta in grado di avere effetti di breve momento, ma il fondo della questione è un altro. Il dissesto finan-ziario diventa ad un certo punto pressoché inevitabile, sconvolge gli assetti sociali, provoca terremoti in cui gli individui, come topi, scappano di qua e di là. Il dissesto diventa però strumento di questa o quella manovra. Dire questo non equivale a sostenere che lo strumento porterà nella direzione voluta da questo o quel centro che manovra. Significa ricordare solo che ci sono i “manovratori”, in grado di andare oltre – cioè più in profondità – dell’aspetto finanziario, del terremoto che pure spaventa e fa scappare “i topi” disordinatamente. Significa ricordare che, al di là degli strumenti, evidentemente i più visibili, ci sono le decisioni strategiche del conflitto, più “discrete” e spesso sotterranee; un con-flitto ormai multipolare, quindi non certo docilmente guidato da qualcuno verso questo o quell’esito predeterminato. Bisogna tuttavia guardare alla politica, alla strategia; mentre tutti gli sciocchi guardano il “dito che indica la Luna”.
Anche il Leap, di cui abbiamo sempre riportato i “bollettini”, si è fatto infinocchiare dall’economia. Aveva tratto la conclusione che gli Usa erano molto peggio messi della zona europea. Smentiti in pieno; gli Usa subiscono anche loro la crisi, ma sono in grado di servirsene per scaricarci addosso i peggiori effetti. Avendo mantenuto in piedi – si capisce bene adesso perché lo hanno fatto – la Nato e tutta una serie di organismi apparentemente inutili dopo la fine del bipolarismo (Usa-Urss), il paese ancor oggi più potente ha in mano alcuni strumenti per manovrare la crisi, soprattutto la finanza in crisi, come leva per imporci scelte di un certo tipo che ci renderanno ancor di più loro succubi. E si tratterà di scelte che prenderemo noi, che appariranno scelte “autonome”, scelte “democratiche”. L’Italia – proprio politicamente, proprio per avere i peggiori scherani dell’“oltreoceano”, cui si contrappongono altri che hanno di fatto, salvo quisquilie, lo stesso schie-ramento internazionale – è un “anello debole”, sarà un esperimento della volontà americana di crearsi nella UE, al di là dell’Inghilterra, un altro tappetino su cui passare per opporsi alle potenze in raf-forzamento “a est”.
Avremmo bisogno di un’autentica forza politica di carattere nettamente nazionale. Non però per retorica, non guardando sempre al passato (arrivando fino al Risorgimento), non con nostalgie di vecchi nazionalismi che ci hanno disastrato. Un nazionalismo funzionale al futuro multipolare che si annuncia ma che non è ancora chiaro nelle sue più specifiche coordinate. Questa forza manca. E mancherà sempre fino a quando avremo ancora tra i piedi le vecchie cariatidi delle passate ideologie del XX secolo. Chi cammina con il collo sempre torto all’indietro andrà a sbattere in continuazione contro ostacoli mai nemmeno intravisti. Sarà meglio cominciare a pensare in termini nuovi, senza pigrizia mentale.