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Solare termodinamico: una nuova tecnologia italiana

di Virginia Greco - 11/05/2010


Un’azienda di nuova costituzione, l’Archimede Solar Energy, si affaccia sul mercato del solare termodinamico per produrre i tubi collettori a sali fusi brevettati dall’ENEA. Ad investire nel progetto anche la Siemens. In partenza il progetto pilota a Priolo, nei pressi di Siracusa.


archimede solar energy
L’Italia sta muovendo passi decisivi nell'ambito delle energie rinnovabili, come dimostra la recente nascita di un’azienda, denominata Archimede Solar Energy
Nell’ambito delle energie rinnovabili notizie incoraggianti giungono dal settore del solare termodinamico che, nel 2009, ha registrato una crescita sensibile e che sembra destinato a giocare un ruolo ancor più importante nei prossimi anni. Gli Stati Uniti, infatti, intendono realizzare entro il 2020 nuove centrali con tale tecnologia per una potenza totale di 10,3 GW di potenza.

Anche l’Italia sta muovendo passi decisivi in questo campo, come dimostra la recente nascita di un’azienda, denominata Archimede Solar Energy, che produrrà il componente fondamentale degli impianti a solare termodinamico, i tubi ricettori, secondo una tecnologia innovativa brevettata dall’ENEA.

Come funzionano gli impianti a solare termodinamico?
Il nome inglese ("sistemi ad energia solare concentrata") rende meglio l’idea del loro funzionamento. Ovviamente la fonte di energia primaria è il sole, sorgente pulita e rinnovabile per eccellenza. Attraverso una parabola di specchi (che evidentemente riflettono la radiazione solare), si concentra l’energia in un punto (il fuoco della parabola), ove si colloca un ricettore. In generale si fa uso di tubi sottili, posti sull’asse focale, contenenti un fluido vettore di calore. La sostanza contenuta nel tubo si riscalda raggiungendo temperature molto elevate, perchè esposta all’effetto delle radiazioni solari concentrate.

Il fluido circola e passa dal ricettore ad un “serbatoio caldo”, ossia un recipiente coibentato che trattiene il calore. Da qui a sua volta il liquido procede in uno scambiatore, nel quale cede parte del proprio calore ad un altro fluido, al fine di generare vapore. Quest’ultimo andrà ad azionare delle turbine, come nelle classiche centrali elettriche a vapore. Il fluido che ha ceduto il calore passa in un'altra camera, il “serbatoio freddo”, e poi rientra in circolo attraversando di nuovo il tubo ricettore.

Per far in modo che la radiazione solare sia effettivamente sempre concentrata, l’intera parabola di specchi ruota seguendo il movimento del sole. Ovviamente tale spostamento è programmato in dettaglio a seconda del particolare giorno dell’anno.

schema funzionamento energia termodinamica
I primi grandi impianti di solare termodinamico sono sorti nella parte meridionale degli Stati Uniti ed in particolare nel deserto Mojave in California
I primi grandi impianti di solare termodinamico sono sorti nella parte meridionale degli Stati Uniti ed in particolare nel deserto Mojave in California, regione altamente assolata. Ma negli ultimi anni l’interesse verso questa tecnologia si è molto diffuso anche in Europa.

In Italia, da più di 10 anni, l’ENEA (Ente per le Nuove tecnologie, l’Energia e l’Ambiente) svolge ricerche in questo campo con l’obiettivo di realizzare impianti di tipo innovativo, più efficienti e utilizzabili anche in zone non troppo battute dal sole.

L’ente ha per l’appunto brevettato una nuova tecnologia per la realizzazione dei tubi collettori. Nelle strutture al momento in funzione normalmente viene impiegato un fluido vettore rappresentato da un olio sintetico, che in virtù della radiazione concentrata raggiunge i 400°C. I ricercatori dell’ENEA (basandosi su un’idea di Carlo Rubbia) hanno messo a punto un fluido costituito da sali fusi in grado di raggiungere una temperatura di 550°C. Si tratta in particolare di una miscela costituita per il 60% di nitrato di sodio e per il 40% di nitrato di potassio, sali facilmente reperibili ed immagazzinabili.

Il tubo collettore è coperto da un rivestimento selettivo (anch’esso sviluppato nei laboratori dell’ENEA), che assicura il massimo assorbimento delle radiazioni contenute nello spettro della luce solare, mentre riduce le emissioni di radiazione infrarossa, ossia impedisce la dispersione del calore.

Dopo il passaggio nello scambiatore il fluido scende ad una temperatura di circa 290°C, per poi rientrare in circolo. Il fatto che esso raggiunga temperature più elevate rispetto agli oli impiegati in passato fa sì che si possa aumentare l’efficienza dell’impianto, o meglio garantire una continuità di produzione elettrica anche nei giorni di cielo coperto e addirittura nella notte. Durante le giornate assolate, infatti, il sistema immagazzina più energia termica di quella di cui ha bisogno e la “accumula” nel “serbatoio caldo”. Quando poi il cielo è coperto dalle nuvole o il sole tramonta, la centrale continua a produrre energia in virtù del calore accumulato, che va perdendosi con una certa inerzia.

siemens archimede solar energy
Ha investito nel progetto anche il colosso industriale Siemens
Le parabole collettrici presentano delle strutture molto rigide a nido d’ape ricoperte da matrici di specchi ad alta riflettività che consentono la concentrazione della radiazione solare fino ad un fattore di 80: ossia il tubo ricettore posto sull’asse focale è colpito da una radiazione pari a quella che riceverebbe se su di lui fossero puntati 80 astri pari al nostro Sole.

Dopo un periodo di sperimentazione su un impianto di prova (realizzato nel 2004 presso il centro di ricerca ENEA della Casaccia, vicino Roma), i nuovi tubi collettori sono pronti per affacciarsi alla grande produzione, ossia alla fase di industrializzazione.

A tal fine si è costituita l’Archimede Solar Energy. Il nome deriva evidentemente dalla leggenda secondo cui lo scienziato Archimede avrebbe difeso la sua nativa città, Siracusa, dall’invasione dei Romani incendiando le loro navi da lontano; secondo questa versione le avrebbe “semplicemente” portate a combustione concentrando su di esse l’energia solare per mezzo di un sistema di specchi.

Ha investito nel progetto anche il colosso industriale Siemens, che partecipa al capitale dell’Archimede Solar Energy con una quota del 28%. L’amministratore delegato della divisione “Energie rinnovabili” dell’azienda, René Umlauft (in foto), spiega che Siemens punta molto sulla nuova tecnologia dei tubi recettori a sali fusi.

“Crediamo che entro il 2020 il mercato del solare termico varrà circa 23 miliardi di euro – afferma Umlauft – e noi vogliamo diventare leader del settore entro il 2015. Per questo puntiamo ad ampliare la nostra offerta con il ricettore Archimede”.

Nei prossimi mesi un progetto pilota, in collaborazione con l’ENEL, verrà lanciato presso l’impianto di Priolo Gargallo (vicino per l’appunto a Siracusa, città “difesa” da Archimede), dove una struttura di 360 parabole per una potenza complessiva di 20MW produrrà presto energia da inserire nella rete elettrica italiana.