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Golfo sempre meno Persico

di Christian Elia - 16/05/2010






Retata in Kuwait e Bahrein contro presunti agenti segreti iraniani. Con la regia dei sauditi

Saperne di più sarà molto difficile, visto il totale silenzio stampa imposto sulla vicenda dalla magistratura di Kuwait City, ma la storia è particolare. Il 6 maggio scorso alcuni giornali del Golfo Persico annunciavano lo smantellamento di una cellula - composta di sette elementi - di agenti iraniani in Kuwait, legati ai Pasdaran iraniani.

Secondo la stampa locale i sette uomini sono stati trovati in possesso di 250mila dollari in contanti, mappe di siti militari, una lista di militari del Kuwait, informazioni riservate su armi in uso all'esercito della monarchia del Golfo. A margine di una riunione dei ministri degli Interni del Consiglio di Cooperazione del Golfo (Gcc), il ministro kuwaitiano Jaber al-Sabah ha tenuto una conferenza stampa nella quale ha confermato la notizia, ma anche aggiunto che per ordine della Procura Generale di Kuwait City tutta la vicenda veniva posta sotto silenzio per non ostacolare le indagini. La politica in Kuwait, però, si è subito scatenata e alcuni componenti della Commissione parlamentare Interni e Difesa del Paese che chiedevano l'immediata cessazione delle relazioni diplomatiche con Teheran. Alla notizia dell'arresto delle sette persone era seguita la conferma, nell'ambito della stessa inchiesta, dell'arresto di altre quattro persone. Ieri, 11 maggio 2010, in Bahrein, un uomo è stato arrestato con la stessa accusa. Lo ha rivelato una fonte del ministero degli Interni di Manama al quotidiano arabo al-Quds al-Arabi. Un'azione di controspionaggio in grande stile, concordata per tempo.

Accanto al ministro kuwaitiano al-Sabah durante la conferenza stampa, infatti, era seduto il principe Nayef Ben Abdel Aziz, ministro degli Interni saudita. A una prima impressione la cosa poteva apparire normale, essendo Riad a ospitare il vertice del Gcc, ma in realtà la presenza del principe saudita era anche simbolica. L'Arabia Saudita, da tempo, è in guerra con l'Iran. Nulla a che vedere, per ora, con mezzi militari, ma tutta diplomatica. All'ordine del giorno del vertice del Gcc c'era anche il caso dello spionaggio Iran-Kuwait, ma il ministro Neyef ha smentito che si sia parlato di una strategia comune ai paesi del Golfo. In realtà, come dimostra l'arresto in Bahrein, l'azione è molto più coordinata di quello che sembri. A essere interessante è il momento scelto per l'operazione. L'esistenza di una rete di cellule più o meno direttamente legate ai Pasdaran nei paesi del Golfo è nota da anni. Nel 2008, infatti, Adel Assadi - ex diplomatico iraniano in esilio in Svezia - aveva dichiarato che in tutte le monarchie del Golfo c'erano cellule iraniane dormienti pronte a entrare in azione sia a tutela delle minoranze sciite dei vari paesi che per destabilizzare le petromonarchie, ritenute a Teheran troppo legate agli Usa.

Difficile credere che in paesi come l'Arabia Saudita, dove tutto è sotto il controllo dello stato di polizia, non ci fossero informazioni chiare in merito a chi lavorasse o meno per l'Iran. Il periodo scelto per la retata appare scelto ad hoc. Pochi giorni fa, in barba al risultato elettorale, in Iraq è diventato chiaro che il potere andrà agli sciiti, tra i quali quelli più vicini all'Iran. Uno scenario a cavallo tra il geopolitico e il confessionale inviso al tempio dell'Islam sunnita, l'Arabia Saudita appunto. La retata, quindi, sembra l'ennesimo segnale che Riad e soci lanciano all'Iran, come monito a non immaginare un 'internazionalismo' sciita. Teheran, rispetto alla vicenda del Kuwait, ha negato qualsiasi coinvolgimento. Ramin Mehmanparast, portavoce del ministero degli Esteri di Teheran, ha bollato come ''falsa propaganda'' le accuse. Un riferimento ai fatti iracheni, però, sembra confermato dall'offerta di mediazione nella vicenda arrivata da parte di Ammar al-Hakim, leader del Consiglio Supremo della Rivoluzione Islamica in Iraq (Sciri). Il politico sciita è volato a Kuwait City per incontrare lo sceicco al-Sabah e rassicurarlo sugli equilibri regionali. I quali, però, appaiono sempre più in movimento.