Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Petrolio - Bp, un po' di sole per esorcizzare la catasfrofe

Petrolio - Bp, un po' di sole per esorcizzare la catasfrofe

di Laura Marchetti* - 17/05/2010




La folle proposta di ieri della Komsomoloskaya Pravda, di sciogliere la marea nera attraverso esplosioni nucleari più potenti di quelle usate ad Hiroshima, fa tremare ma rende ben conto della gravità della catastrofe ambientale scatenata dalla esplosione della piattaforma “Deepwater Horizon” nel Golfo del Messico, fino a quindici giorni fa una delle più grandi riserve di pesca d’America e oggi cimitero di biodiversità per almeno trent’anni. A quella profondità, a quella pressione, a quella temperatura, sta diventando impossibile tappare altrimenti la falla da cui continua ad uscire una quantità di greggio di 750mila litri al giorno e una quantità di immagini che ne documentano l’apocalitticità. Eppure nei giorni scorsi la British Petroleum, la Compagnia inglese proprietaria dell’impianto (fra le quattro più grandi del mondo, la maggiore per fatturato), ci aveva rassicurato che avrebbe posto rimedio, che placche d’acciaio, reti di protezione, balle di fieno e robot, avrebbero scongiurato o quantomeno ridotto il danno. La Compagnia beneducata e ossequiosa al “chi inquina paga”, aveva inoltre dichiarato, prima ancora della tassazione imposta da Obama, che avrebbe pagato “tutte le perdite ai beni e alle persone, e le perdite commerciali”, naturalmente quelle “legittime e oggettivamente verificabili”; e questo per distogliere l’attenzione dal fatto che, a quanto risulta dalle indagini della Commissione di inchiesta, avrebbe ignorato poco prima che avvenisse l’incidente, i risultati di controlli che evidenziavano effettive carenze strutturali e nei sistemi di sicurezza.

La British Petroleum è infatti una impresa “etica”, una impresa buona, fortemente ambientalista. Certo, sin dalla sua nascita, ha manifestato una spiccata vocazione coloniale, ha manipolato assassinii e colpi di Stato (Persia, anni 30-50); ha rapinato, con una serie di transazioni illegali, le risorse dei nativi in Alaska (anni ’70); ha fomentato la maggior parte delle ultime guerre, a cominciare da quella in Iraq (a cui partecipa con la sigla Bp Amoco, acronimo della American Oil Company con cui si è fusa nel 1998); ha violato sistematicamente i diritti umani con la costruzione del megaoleodotto colombiano, causando il despaziamento di migliaia di coloni e il massacro di civili affidato a mercenari e a gruppi paramilitari dell’estrema destra. Inoltre ha causato più volte catastrofi: nel 2005, per esempio, in una sua raffineria a Texas City, dove se la cavò - poiché chi inquina paga - con una multa di 21 milioni di dollari, 15 morti e 180 feriti. O nel 2006, in Canada, dove le pipeline, i tubi dove scorre l’oro nero, divennero inutilizzabili per la corrosione con conseguente fuoriuscita di greggio, nessun morto e solo 12 milioni di multe.

Ma poi è diventata una impresa socialmente e ambientalmente virtuosa. Nel 2004, per esempio, ha ricevuto il premio dalla Working Mothers Magazine come una delle migliori garanti dei diritti delle lavoratrici madri. E nel 2009 ha partecipato da protagonista al Vertice di Copenhagen dichiarandosi (come si può leggere nel suo sito) “green washing”, un’azienda che si impegna cioè nella lotta ai cambiamenti climatici in quanto riconvertitasi alla green economy. Cosa in effetti avvenuta e sancita dal cambiamento del nome e del marchio: da British Petroleum, “petrolio inglese”, a Beyond Petroleum, “oltre il petrolio”; e dallo scudo verde all’elio dai raggi di sole verdi e gialli, messo a enfatizzare il focus sull’ambiente e sulle fonti di energia rinnovabile.

Senza abbandonare i tradizionali e globali interessi nel campo dei fossili (petrolio e via via anche il gas), la Beyond Petroleum fa da padrona in questo nuovo campo, presentandosi con il nome di Bp Solar, nome “radioso”, secondo gli addetti stampa, utilissimo in questi giorni per esorcizzare la catastrofe. Mentre infatti il mondo deplorava il comportamento della Bp Petroleum, negli stessi giorni celebrava il comportamento della Bp Solar. Si è visto in Italia, al Solarexpo di Verona, la fiera internazionale dedicata alla sostenibilità energetica, dove, con grande enfasi sulla “rivoluzione verde” e appelli ripetuti alla necessità di ridurre i gas-serra, in un convegno del 5 maggio dedicato appunto all’“economia verde”, vari rappresentanti della “shallow ecology” plaudivano all’accordo fra la Bp Solar e l’Allianz Group per l’acquisizione di sei parchi fotovoltaici già costruiti in Puglia: una collaborazione sancita nella prospettiva di un maggiore investimento sul mercato fotovoltaico italiano, considerato strategico per tutte le Compagnie straniere non tanto per l’abbondanza di sole quanto per la generosa tariffa di incentivazione in “Conto Energia”. Dieci giorni prima, del resto, la Bp Solar aveva stipulato un altro accordo con la Fotowatio Renewable Ventures (Frv), multinazionale spagnola specializzata in energie alternative, per la realizzazione in Italia meridionale di impianti fotovoltaici per una potenza di 37.1 Mw, pari ad un investimento di 125 milioni di euro.

Questi investimenti massicci della Bp Petroleum mascherata da Solar chiudono definitivamente una stagione di indipendenza italiana, già liquidata del resto da Silvio Berlusconi (è ancora in mente il titolo del Sole 24 ore dell’8 febbraio 2003 in cui si sottolineava «il pieno sostegno del governo Berlusconi alle posizioni di Usa e Gran Bretagna sulla guerra dell’Iraq che potrebbe generare importanti ricadute economiche a favore dell’Eni, di cui il Ministero del Tesoro è proprietario per il 30%, e aprire una proficua collaborazione con le grandi compagnie anglosassoni già presenti in quel territorio”). Diffusa in 160 Paesi del mondo, la BP non era finora presente in Italia, o almeno non lo sappiamo dato che le piattaforme petrolifere presenti sui mari italiani dopo l’11 settembre sono state considerate siti strategici e dunque soggetti a particolare procedure di sicurezza e di segretezza. Forse per l’eredità di Enrico Mattei, negli anni ’50 presidente dell’Eni, e fautore di quella indipendenza energetica che “rappresentò una crescente minaccia per gli interessi britannici e le sue compagnie petrolifere”, come fu scritto in un documento del Forreigne Office pochi mesi prima dell’incidente aereo in cui Mattei venne assassinato. Assassinato come, probabilmente, Pier Paolo Pasolini, intellettuale non guicciardiniano che negli ultimi anni di vita indagava proprio sulla morte di Mattei, indicando quella morte - in un libro di cui è scomparso e misteriosamente riapparso un capitolo (Lampi sull’Eni) – come l’inizio di quel filo nero dipanatosi per vent’anni attraverso Cefis e la Montedison, la P2 e la mafia, le bombe di Milano e Bologna, fino al fallito golpe Borghese. Il libro si chiamava Petrolio: il petrolio oltre il petrolio, sempre lo stesso, sempre lo stesso liquido melmoso di strage e di morte.


*Esponente pugliese del Prc, lascio' il partito dei Verdi nel 1998 perche' contraria alla guerra nel Kossovo.In quell' anno i Verdi facevano parte del governo D'Alema.