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Campagna d'Afghanistan

di Enrico Piovesana - 17/05/2010





Bala Murghab, luogo dell'agguato di oggi, è uno dei principali fronti italiani della guerra in Afghanistan, dove il nostro governo continua a mandare sempre più soldati, a uccidere e a morire per conto terzi

Il fronte settentrionale di Bala Murghab, dov'è avvenuto l'agguato di oggi, è il principale teatro di combattimento delle truppe italiane, assieme al fronte meridionale di Farah e a quello occidentale di Shindand e Zerkoh. Alpini, bersaglieri e paracadutisti sono impegnati da un anno in una lenta avanzata verso nord contro le forze talebane che controllano queste aride vallate a ridosso del confine turkmeno.

All'inizio dell'estate scorsa, tra maggio e giugno, le truppe italiane ottennero ''vittorie decisive'' in questo settore, combattendo lunghe battaglie (video) con l'impiego di artiglieria e aviazione, e uccidendo centinaia di guerriglieri afgani (una novantina solo nel corso della battaglia del 9 giugno 2009, che vide impegnati i paracadutisti del 183° reggimento Nembo della brigata Folgore).

Ciononostante - dopo una breve tregua raggiunta in occasione delle elezioni presidenziali dello scorso agosto - per tutto l'autunno e l'inverno i talebani di Bala Murghab hanno continuato a impegnare senza sosta le truppe italiane, con agguati come quelli di oggi, con imboscate ai loro convogli e attacchi ai loro avamposti, spesso seguiti da duri scontri a fuoco.

L'ultimo attacco è avvenuto tre settimane fa contro l'avamposto 'Columbus', dove oltre alle truppe italiane sono acquartierati anche soldati americani e afgani: 48 ore di razzi contro la base, a cui gli italiani hanno risposto con i mortai della 106esima compagnia del 2° reggimento alpini di Cuneo. Questo è stato il 'battesimo del fuoco' per gli alpini della brigata Taurinense, che erano appena arrivati al fronte per dare il cambio alla brigata Sassari di fanteria meccanizzata.

L'impegno bellico dell'Italia in Afghanistan continua a crescere senza sosta, in termini di uomini e mezzi da combattimento inviati al fronte, e quindi anche di costi economici e, come si è visto oggi, umani.
Sta iniziando infatti il dispiegamento dei famosi rinforzi promessi da Berlusconi a Obama, che nel giro di alcuni mesi porterà le truppe italiane schierate sul fronte afgano dalle 3.300 attuali ad oltre 4mila.

Tra poche settimane verrà inviato un quarto 'battle group' formato da due compagnie di bersaglieri della brigata Garibaldi con cingolati Dardo e da una compagnia della brigata di fanteria corazzata Pinerolo dotata dei nuovi carri Freccia. Il dispiegamento verrà completato dopo l'estate con l'invio del reggimento lagunari Serenissima, forti dei loro mortai da 120 millimetri.

Tutto questo farà lievitare ad almeno 750 milioni di euro il costo annuo della missione di guerra italiana in Afghanistan, che ancora oggi il ministro degli Esteri Franco Frattini, si ostina a definire ''missione di pace''. Ma, soprattutto, farà inevitabilmente aumentare la probabilità di nuove perdite tra i nostri soldati, mandati a combattere, a uccidere e a morire dai nostri governanti non per difendere il nostro Paese, ''per tenere lontano il terrorismo dalle nostre case'', come ribadito oggi dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, ma semplicemente per salvaguardare l'alleanza (sarebbe meglio dire la sudditanza) nei confronti dell'alleato americano.