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Alex Langer: oltre destra e sinistra, avanti

di Fiorello Cortiana - 23/05/2010

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Ci sono persone che con il loro esempio e le loro parole seminano una inquietudine feconda, Alex Langer è una di queste. Uso il presente perché al di là della sua ultima scelta disperata, che resta una malinconica ferita nell'animo di chi ha condiviso le sue esperienze e la sua eredità culturale, politica ed esistenziale, costituisce una riserva d'intelligenza per affrontare i nodi del nostro tempo. Alex era stato un profeta gentile e determinato a indicare con la presenza diretta i problemi e le questioni che le ideologie del Novecento costringevano dentro schemi precostituiti.
Alexander Langer era nato nel 1946 a Vipiteno, padre medico viennese, di origini ebraiche, madre farmacista tirolese. Una famiglia controcorrente che non si schierava tra gli odi e le tensioni delle comunità italiana e tedesca. Non solo le amicizie erano trasversali, ma così la conoscenza delle lingue e delle scuole portandolo così a interrogarsi sull'appartenenza comunitaria e sul rapporto tra le culture diverse. A Bolzano, diciottenne, insieme a ragazzi di lingua madre tedesca, italiana e ladina crea un gruppo di studio e la rivista Die Brucke-Il Ponte superando luoghi comuni e prevenzioni, sperimentando così la possibile convivenza. E per tutta la vita ha attraversato differenze e contrapposizioni, costruendo "ponti" di dialogo, confronto e convivenza insieme alle persone di buona volontà, indipendentemente dalle appartenenze.
Dall'incontro con Don Milani, mentre era universitario a Firenze, all'esperienza di Lotta Continua, del cui quotidiano fu anche direttore responsabile, ai movimenti ecologisti europei e italiani, fu uno dei fondatori dei Verdi e presidente del gruppo al Parlamento europeo. Dall'Alto-Adige-Sud Tirol vedeva i confini come cerniere, per questo le problematiche nel rapporto tra Nord e Sud del mondo e la situazione dei paesi dell'Europa dell'Est divennero centrali affinché il processo dell'unificazione europea fosse capace di senso. L'indifferenza o al contrario gli interessi nazionali delle capitali europee dentro la contesa nell'ex Jugoslavia rivelavano, in quel teatro di mattanze etniche, tutti i limiti di una Europa politica incapace di essere tale. Alex Langer dal Parlamento europeo percorse quelle capitali per spiegarlo ai presidenti e spese tempo, intelligenza e risorse direttamente sul campo, per scongiurare la deriva genocida tra le comunità slave. Cercava ovunque una riserva di umanità, una coscienza di specie, per costruire i ponti interrotti dagli integralismi e poi dalle bombe: «Quando mi trovo di fronte a un conflitto di natura etnica, mi metto per prima cosa a vedere se esiste qualche gruppo che riesca a riunire al proprio interno persone dell'uno e dell'altro schieramento. L'esperienza di un gruppo interetnico, o se volete del gruppo pilota che accetta di sperimentare su di sé le possibilità e i limiti, i problemi della convivenza interetnica, per me rimane una cosa assolutamente determinante». Da quei ponti distrutti Langer andava dai capi di stato europei per invitarli ad andare oltre l'ipocrita neutralità verso gli aggrediti e gli agressori consapevole che «l'Europa, infatti, muore o rinasce a Sarajevo».
Un'Europa capace di consapevolezza e responsabilità verso le sfide aperte da un modello di sviluppo energivoro e discriminante, che iniziavano a presentare il conto nel finire del secolo: ambiente, migrazioni, integralismi. Occorreva e occorre un altro passo, un altro sguardo: «Sinora si è agìto all'insegna del motto olimpico "citius, altius, fortius" (più veloce, più alto, più forte) che meglio di ogni altra sintesi rappresenta la quintessenza dello spirito della nostra civiltà, dove l'agonismo e la competizione non sono la mobilitazione sportiva di occasioni di festa, bensì la norma quotidiana e onnipervadente. Se non si radica una concezione alternativa, che potremmo forse sintetizzare, al contrario, in "lentius, profundius, suavius" (più lento, più profondo, più dolce), e se non si cerca in quella prospettiva il nuovo benessere, nessun singolo provvedimento, per quanto razionale, sarà al riparo dall'essere ostinatamente osteggiato, eluso o semplicemente disatteso». Una lucida intuizione, una ispirazione alta che viveva, con piena consapevolezza, anche dentro il contesto politico italiano, per questo con grande e curiosa disponibilità attraversammo i ponti veneziani per incontrare, a casa di Monica Centanni e Paolo Tonin, Umberto Croppi e altri che dai Campi Hobbit stavano facendo percorsi simili al nostro. Così di fronte alla crisi della Prima Repubblica, in luogo delle risposte antipolitiche o demagogiche, nel 1994 proponeva ai veri ecologisti di andare "oltre la destra e la sinistra" per essere "avanti": «Ci vuole una formazione meno partitica, meno ideologica, meno verticistica e meno targata "di sinistra". Ciò non significa che bisogna correre dietro ai valori della maggioranza berlusconiana, anzi. Occorre un forte progetto etico, politico e culturale, senza integralismi ed egemonie, con la costruzione di un programma e una leadership a partire dal territorio e dai cittadini impegnati, non dai salotti tv. Bisogna far intravvedere l'alternativa di una società più equa e più sobria, compatibile con i limiti della biosfera e con la giustizia. Da molte parti si trovano oggi riserve etiche da mobilitare che non devono restare confinate nelle "chiese", e tantomeno nelle sagrestie di schieramenti e ideologie. Ma forse bisogna superare l'equivoco del "progressismo": l'illusione del progresso e dello sviluppo alla fin fine viene assai meglio agitata da Berlusconi». La laicità dello sguardo consente letture profetiche. È significativo che, nella regione dove promosse la Fiera delle Utopie Concrete, il comune umbro di Amelia dedichi una via ad Alex Langer e che, nell'occasione, la Casa-laboratorio di Cenci e la rivista Lo Straniero organizzino, sempre ad Amelia, per oggi e domani - sabato 22 e domenica 23 maggio - due giornate di studio, con persone che hanno avuto percorsi diversi, ma con la stessa inquietudine costruttiva. "Alexander Langer tra ieri e domani" un titolo felice per la piena attualità della sua suggestione, così leggera e così intensa.