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Ho messo i pannelli solari (seconda parte)

di Fillippo Schillaci - 25/05/2010


Pubblichiamo la seconda parte del racconto di Filippo Schillaci in merito alla sua esperienza di installazione dei pannelli solari nella sua abitazione. Dopo tante trafile, finalmente può usufruire dell'energia solare, un primo passo di ecosostenibilità. Tuttavia, le zone oscure all'atto pratico restano, nonostante il sole.


impianto fotovoltaico
L’impianto fu installato e collaudato: pompe di calore, pannello termico e pannelli fotovoltaici cominciarono a funzionare regolarmente
Finiti i giri di valzer con la finanziaria si passò dunque all’installazione, che fu la fase più breve (tre giorni di lavoro appena) e tranquilla, a parte qualche fugace disagio per la parte dei lavori che coinvolgevano l’interno della casa. L’inverter e i vari dispositivi di contorno, infatti, preferii farli installare all’interno, sia per mia comodità nella lettura dei dati, sia per ragioni di sicurezza. Andiamo avanti. L’impianto fu installato e collaudato: pompe di calore, pannello termico e pannelli fotovoltaici cominciarono a funzionare regolarmente. Rimaneva solo da collegare questi ultimi alla rete ENEL.

Ma soprattutto rimaneva da affrontare ancora una montagna di burocrazia: per l’allaccio alla rete e lo scambio “sul posto”, per gli incentivi (il “conto energia”), per la detrazione dall’IRPEF sull’impianto termico e le pompe di calore e per non so cos’altro. Ci pensò la ditta e a me non rimase che vergare alcune dozzine di firme su una montagna di documenti che giocoforza dovetti rinunciare a leggere. Lo feci in base alla considerazione che, poiché stavo seguendo una procedura standardizzata a livello nazionale, le probabilità di cadere in un imbroglio erano estremamente basse.

C’è da dire che la mole di burocrazia che caratterizza questa fase post impianto è tale che, a meno che non siate appassionati di enigmistica, scartoffie e labirinti (quella disgrazia storica che chiamano burocrazia si situa in un misterioso crocevia fra questi tre esoterici prodotti della mente umana), è fondamentale trovare una ditta che si assuma il carico di svolgerla per il cliente. La maggior parte delle ditte che contattai, in effetti, svolge questo servizio salvavita, ma non tutte. Attenzione dunque a non trascurare questo elemento.

Ci fu un aspetto che non mi piacque: fu quando ricevetti una mail da parte di un ingegnere a cui la ditta aveva affidato la pratica per la detrazione sull’IRPEF. Egli mi chiedeva, fra l’altro, di cedere a titolo gratuito a lui i “titoli di efficienza energetica (TEE) che l’Autorità per l’Energia Elettrica e il Gas (AEEG) rilascerà”. Domandai, sempre via mail, cosa sono i TEE e perché mi si chiedeva di cederli. Nessuna risposta. Lo domandai di nuovo. Nessuna risposta. Infine telefonai. L’ingegnere mi sembrò un po’ infastidito dal fatto che io chiedessi delucidazioni. Comunque, telegraficamente, rispose. Nel frattempo avevo fatto un po’ di ricerche per conto mio, a dire il vero senza capirci molto, perché i TEE sono appunto dei titoli, ovvero qualcosa di simile alle azioni, ovvero un’entità squisitamente appartenente al mondo della finanza, di cui non so né mi interessa sapere nulla.

Il loro valore è di 100 euro ogni 11.628 kWh di energia termica o 5.347 kWh di energia elettrica risparmiata. Ma non ho mai consumato, né dunque posso ora risparmiare, così tanto e dunque nel mio caso si sarebbe trattato di somme davvero minime. L’ingegnere mi disse anche che questi titoli non possono essere gestiti da un privato, né da me né da lui dunque, e che egli chiedeva che gli fossero ceduti solo in funzione di non ricordo che beneficio che da ciò deriverebbe all’Unione Europea. Rimasi un po’ scettico di fronte a tanto senso del bene comune da parte sua ma non approfondii. Feci bene? Feci male? Non lo so. Ma il punto è che anche questo aspetto della vicenda, essendo in stile “piano finanziario”, era totalmente al di fuori degli intenti che mi avevano spinto ad avviarla nonché, direi, anche della mia generale visione dei rapporti che intendo stabilire col mondo.

Decisi infine che non mi interessava tenermi delle entità di natura strettamente finanziaria, che in fondo non avrei nemmeno saputo gestire, né avevo intenzione di imparare a farlo. Gli cedetti volentieri i TEE e non seppi più nulla di lui.

contatore enel
Torniamo all’ENEL e alla procedura di allaccio alla rete elettrica e di stipula della convenzione per lo scambio sul posto e per il conto energia
Torniamo all’ENEL e alla procedura di allaccio alla rete elettrica e di stipula della convenzione per lo scambio sul posto e per il conto energia. Questa fase, per quanto ne so, può essere banale o terrificante a seconda del luogo in cui si vive. Per Alberto, il tecnico del sole che intervistai quando scrissi la parte sull’energia di Vivere la decrescita, fu un calvario. In Trentino, egli mi disse, è la cosa più semplice del mondo. E nel Lazio? Anche qui dipende dal luogo. In provincia di Latina, mi disse il tecnico installatore, i tecnici ENEL ci mettono 40 giorni a muoversi; nella parte della provincia di Roma in cui abito io hanno i riflessi più pronti: 10, 15 giorni al massimo.

Intanto un tecnico dell’ENEL era già venuto a fare un primo sopralluogo di verifica dell’impianto. Tutto bene o quasi; obiettò che il contatore di produzione era troppo in alto (poco più di 2 metri) e che per raggiungerlo l’operatore sarebbe dovuto salire su una sedia o una scaletta, il che avrebbe messo a repentaglio la sua sicurezza. Avrei a questo proposito una piccola, umile richiesta: signor “homo sapiens”, potrebbe ogni tanto – dico solo ogni tanto, per carità – evitare di rendersi ridicolo? Faccia un piccolo sforzo, vedrà che ci riesce. Quel tecnico un piccolo sforzo evidentemente lo fece (il che va a sua imperitura gloria) perché non insistette più di tanto su questo tema e infine diede all’impianto il suo imprimatur. E, due settimane dopo, l’allacciamento fu.

Così adesso, oltre all’acqua piovana, ho finalmente cominciato a utilizzare un’altra delle risorse che “mi piovono addosso”: l’energia del sole. C’è ancora un non trascurabile numero di cose da fare prima di poter definire la mia casa “ecosostenibile” ma questo tassello, intanto, è andato al suo posto.

Come funziona l’impianto? Il fotovoltaico fa egregiamente il suo dovere e in due mesi di attività ha già prodotto 354 KWh. Le pompe di calore funzionano anch’esse molto bene e riscaldano gli ambienti con un consumo relativamente contenuto, tanto più accettabile visto che adesso l’energia non proviene da una fonte fossile. L’impianto termico mostra un po’ dei limiti nelle giornate di cielo coperto quando per scaldare i 150 litri di acqua contenuti nel suo boiler ha bisogno dell’aiuto di una resistenza elettrica, venendo così a funzionare come uno scaldabagno elettrico.

scaldabagno elettrico energia
Sto pensando di riattivare un piccolo scaldabagno elettrico da 30 litri da usare in queste giornate dato che per riscaldare 30 litri ci vuole meno energia
Questo non va molto bene, tanto che sto pensando di riattivare un piccolo scaldabagno elettrico da 30 litri da usare in queste giornate dato che per riscaldare 30 litri ci vuole meno energia che per riscaldarne 150 (oltre tutto utilizzati quasi sempre solo in parte) e che, trovandosi esso in casa, è meno esposto al freddo notturno e dunque conserva meglio il calore. Non trovo ideale questa soluzione ma, essendo la mia casa priva di un impianto di riscaldamento ad acqua, essa è per ora quanto di meglio io possa concretamente attuare.

E il mondo esterno? Come funziona il mondo esterno? Ovvero il mondo degli incentivi e dello scambio sul posto? Per gli incentivi, ovvero il conto energia, staremo a vedere. Per lo scambio sul posto, ho saputo dalla ditta che ha effettuato l’installazione che, mentre l’ENEL fattura nelle sue bollette le solite tariffe per l’energia prelevata dalla rete, il GSE paga l’energia immessa secondo una tariffa decurtata. Perché? Per le spese di trasporto dell’energia. Spese di trasporto? Ma lo scambio non è “sul posto”? Cosa c’entra il trasporto? La faccenda, mi dice il tecnico installatore, non è chiara e “qualcosa dovrà succedere”. Nel frattempo mi consiglia di gestire i consumi in modo da scambiare “sul posto” il meno possibile, ovvero consumare di più nei momenti in cui l’impianto produce di più. In tal modo l’energia consumata è quella prodotta localmente, senza scambi con la rete e senza che intervengano giochi di prestigio monetari. Il consiglio è in perfetta assonanza con i miei principi e dunque mi ci attengo per tutti gli usi in cui è possibile. In attesa che il mondo cambi.