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Il mondo dei cabalisti

di Moshe Idel - 26/05/2010

 

 

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Fra tradizione e moda new age


Intervista a Moshe Idel, studioso della cultura ebraica che ha rinnovato un modo secolare di affrontare i legami tra religiosità e introspezione psichica La sua nuova interpretazione ha scatenato in Israele una violenta controversia Diceva Scholem: "Beato chi ti aiuta a correggere gli errori e non te li scaglia contro" "Ciclicamente si rinnova la convinzione che stia arrivando il messia. E non viene"

Nell´ebraico moderno Qabbalah è parola che si usa normalmente per indicare una ricevuta fiscale, participio dal verbo leqabbel, cioè "ricevere"; e pazienza se nel mondo contemporaneo impazza la mistica giudaica dei cabalisti, deformata in foggia new age. Scopriamo a un tratto legami stupefacenti fra l´introspezione dell´anima sperimentata nella prassi religiosa d´altri tempi e lo studio dell´inconscio con le tecniche della psicoanalisi. Questo strano tragitto, perfino la Qabbalah modaiola di Madonna & co, non viene certo deprecato ma suscita semmai l´ironia di Moshé Idel, dopo una vita dedicata alla sempre nuova reinterpretazione dei testi medievali e moderni, dalla Spagna alla Mitteleuropa passando per le sinagoghe di Safed, la città della Galilea ove s´incontrarono questi scrutatori dell´Inconoscibile. Succeduto a Gershom Scholem nell´insegnamento di mistica ebraica all´università di Gerusalemme, ventidue anni fa Moshé Idel ebbe il coraggio di ribaltarne la visione con il libro Qabbalah, nuove prospettive che oggi Adelphi ripubblica aggiornato e corredato da un´ampia introduzione. Quando lo incontro a Verona insieme a Elisabetta Zevi, responsabile dell´ebraistica di Adelphi, durante una pausa del seminario "Filosofia versus Kabbalah" organizzato dalla Fondazione Campostrini, questo professore israeliano di origine romena può sorridere compiaciuto sugli esiti della controversia: «Nessuno studioso è un papa, mi sforzo di correggere i miei errori. Ma le ricerche storiche fiorite in questo ventennio non hanno certo legittimato il violento dibattito sollevato in Israele contro di me, per lealtà al maestro, dai seguaci di Scholem».
Dunque è sbagliato tradurre letteralmente il concetto di Qabbalah, cioè "ricevuta", come una Tradizione intoccabile?
«La Qabbalah è senza dubbio una Tradizione, come tale ci viene tramandata e dunque va studiata col dovuto rigore. Ciò che non ci esime dal reinterpretarla depurandola dagli errori di chi ci ha preceduti».
Per questo rifiuta l´accusa di aver tradito Gershom Scholem?
«Quando mi ricevette la prima volta io ero un giovane laureando e lui già un professore emerito. Gli sottoposi quelle che a me parevano delle contraddizioni fra suoi testi di epoche diverse. Fu brusco, se li fece lasciare sul tavolo, sottolineati. Alcuni giorni dopo ricevetti a casa una sua lettera di meticolosa risposta. Si concludeva con una frase che non dimentico: "Benedetto colui che ti aiuta a correggere i tuoi errori invece di scagliarteli contro". Seguo ancora quell´insegnamento del maestro Scholem che mi accolse al suo fianco».
Ma lei, Moshé Idel, è solo uno studioso o anche un mistico?
«Spero di non deluderla ma sono solo uno studioso, la parola chiave che mi sospinge è la curiosità. Come ci rivela la sua autobiografia, Scholem da giovane utilizzò delle tecniche mistiche nel suo approccio alla Kabbalah. Non a caso la elevò a sistema di pensiero ebraico, come tale contrapposto ai sistemi filosofici organici di Kant e di Hegel. Io invece vedo nella Kabbalah più semplicemente un modo di vivere. Considero il ritmo della vita più significativo delle idee, senza bisogno di contrapposizioni filosofiche».
Lei non è un mistico, non è un filosofo. Come può allora addentrarsi nella sfera dell´irrazionale?
«Razionale, irrazionale: per me sono solo etichette. Non cerco la verità nei sistemi filosofici, per me Aristotele è sbagliato come Platone. Tutto ciò che pensiamo è immaginario. Il razionalista Maimonide ha un posto d´onore nella storia dell´ebraismo ma è un immaginario come i cabalisti».
Insisto, questa dichiarata estraneità all´introspezione non costituisce un limite ai suoi studi?
«Ammetto che mi è stata preziosa la relazione instaurata con un mistico studioso della Kabbalah come rav Mordechai Attia. Grazie a lui posso dire di avere conosciuto la vicenda esistenziale di un cabalista vero. Ma certo non l´ho seguito quando pretendeva di retrodatare in tempi biblici il testo fondamentale della Kabbalah, lo "Zohar". Resta incontrovertibile la sua collocazione medievale sancita da Gershom Scholem».
Eppure ammetterà che il boom degli studi contemporanei sulla Kabbalah si deve alla portentosa capacità con cui la mistica ebraica anticipa l´indagine psicanalitica dell´animo umano.
«David Bakan pubblicò nel 1957 una ricerca per dimostrare l´influsso della Kabbalah sul pensiero di Freud. La considero un´esagerazione. Ma indubbiamente la Vienna di Freud era una piazza in cui i rabbini contavano, e Freud sapeva di cultura ebraica più di quanto s´immagini. È probabile che abbia subito l´influsso del chassidismo, dubito invece che conoscesse a fondo la Kabbalah».
Ma il movimento chassidico fondato in Polonia da Baal Shem Tov nel diciottesimo secolo non è forse la terza manifestazione della Kabbalah? E poi, guarda caso, quel mistico viene ricordato come un guaritore miracoloso…
«Certamente. Anche se ce lo hanno tramandato studiosi come Martin Buber, inesperti di Kabbalah, è lì che la mistica ebraica si è rivivificata giungendo fino a noi come esperienza creativa».
L´imprevedibile diffusione mondiale degli studi sulla Kabbalah è figlia di uno spirito dei tempi apocalittico?
«Può darsi. Ciclicamente si rinnova la convinzione che il Messia possa venire ogni momento. Ma non viene. Resto scettico di fronte a manifestazioni di messianesimo politico derivate da eventi storici all´apparenza portentosi, come ad esempio la vittoriosa Guerra israeliana dei Sei Giorni. Tali circostanze segnalano che, a differenza di quanto sosteneva Gershom Scholem, la Kabbalah può essere alimentata dall´euforia piuttosto che dal trauma dell´esilio. Ma resta una parzialità della vicenda ebraica».
La Kabbalah come continuità anziché come rivoluzione?
«Esatto. Sarebbe limitativo studiarla come risposta a una crisi storica quando invece si rinnova fra noi come tradizione».
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