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I combattimenti tra gladiatori nell’impero romano

di Giovanni Pellegrino - 27/05/2010

Nell’impero romano i combattimenti tra gladiatori ebbero una grandissima importanza: sia dal punto di vista politico, sia dal punto di vista sociale, sia da quello psicologico. In questo articolo cercheremo di spiegare per quali ragioni le lotte tra gladiatori nelle arene degli anfiteatri assunsero nell’impero romano una così grande importanza politica, sociale e psicologica.

Per quanto riguarda l’aspetto politico un autore come Carcopino, che ha studiato molto a fondo il ruolo che rivestivano nel mondo romano tali spettacoli, sostiene che gli imperatori cercavano di organizzare spesso i combattimenti tra gladiatori per distrarre la plebe romana dai gravissimi problemi esistenziali che l’affliggevano. Per dirla in altro modo, gli spettacoli che venivano organizzati dagli imperatori negli anfiteatri servivano a dare più stabilità al loro potere, in quanto in ultima analisi essi erano una potente forma di diversione e di distrazione per la plebe romana, che assistendo a tali spettacoli si dimenticava completamente di problemi gravi come la disoccupazione, la difficoltà di procurarsi i generi alimentari necessari per sopravvivere, il fatto di abitare in ambienti dove non esistevano neanche le condizioni minime di igiene e dove gli spazi a disposizione di ogni individuo erano tanto ristretti che essi erano come sardine in scatola, ed infine costituivano un modo per evitare che la noia, la depressione e la disperazione spingessero gli individui appartenenti alle classi più povere a prendere in considerazione la possibilità di scatenare rivolte e sommosse contro gli imperatori o i loro rappresentanti.

Dunque l’allestimento degli spettacoli in questione fu un mezzo molto efficace attraverso il quale le classi dominanti distrassero le masse dai terribili problemi economici e sociali con i quali esse dovevano fare i conti nella realtà quotidiana. Se vogliamo fare un discorso molto sintetico possiamo dire che le enormi somme dilapidate dagli imperatori per organizzare tali spettacoli ebbero il risultato di evitare che le masse popolari riflettessero sui loro gravi problemi quotidiani e sul fatto che erano crudelmente sfruttate dai potenti. Gli imperatori infatti sapevano che se le classi inferiori avessero cominciato a riflettere sulle loro condizioni economiche e sociali esisteva il concreto rischio che esse prendessero coscienza della loro triste condizione e si trasformassero in classi pericolose in grado di mettere in serio pericolo l’ordine pubblico e la vita stessa non solo degli imperatori ma degli appartenenti alle classi dirigenti.

Infatti i combattimenti tra gladiatori affascinavano ed alienavano le masse popolari molto più degli spettacoli teatrali: la brutale violenza dei combattimenti che spesso si susseguivano per più giornate ad intervalli brevissimi, le grida degli spettatori eccitati dalla crudeltà di tali spettacoli e la musica fragorosa che accompagnava le lotte tra gladiatori riuscivano ad alienare le masse che tra l’altro molto spesso scommettevano somme di denaro sull’esito dei vari duelli. Purtroppo bisogna ammettere che la grandissima maggioranza degli spettatori si recavano negli anfiteatri perché erano attirati dall’animalesco piacere derivante dalla vista del sangue dei gladiatori uccisi o feriti. Si trattava come appare evidente di un piacere sadico che certamente non faceva onore alla plebe ma purtroppo fa parte della natura umana provare piaceri sadici e perversi (questo purtroppo ci ha insegnato la storia e non dobbiamo pensare che solo nell’impero romano gli individui fossero attratti da tali piaceri).

Tuttavia a parziale giustificazione della forte attrazione che la plebe romana provava nei riguardi di tali spettacoli crudeli e disumani vogliamo mettere in evidenza che le continue frustrazioni che le classi inferiori dovevano subire praticamente tutti i giorni (povertà, disoccupazione, emarginazione sociale, insopportabile pressione fiscale, insopportabili governi tirannici e spietati di non pochi imperatori e l’assoluta mancanza di qualcuno che li aiutasse a migliorare almeno in parte le loro insostenibili condizioni di vita) finiva per rendere questi individui feroci, spietati e privi di senso di umanità in quanto come ci insegna la psicologia sociale le continue frustrazioni fanno venir fuori la parte animalesca che è presente nella natura umana.

Per fare un esempio concreto (che dimostra come nella maggior parte della plebe romana tale parte animalesca era diventata molto ipertrofica) riteniamo molto illuminanti a tale riguardo le parole di Seneca e di Lattanzio, i quali ci riferiscono in alcune loro opere che accadeva spesso che gli spettatori dei combattimenti tra gladiatori provassero addirittura sdegno quando uno dei due combattenti non veniva ucciso rapidamente dall’altro. Lattanzio e Seneca attestano la straordinaria ferocia delle esclamazioni che la folla che assisteva all’uccisione del gladiatore pronunciava nel momento in cui uno dei due combattenti veniva ucciso, sia nei riguardi del gladiatore ucciso sia nei riguardi di quello che lo aveva ucciso. Quando poi accadeva che, a torto o a ragione, gli spettatori di un combattimento tra gladiatori si convincevano che i due combattenti prendevano tempo – in quanto nessuno dei due voleva uccidere l’altro e di conseguenza il loro scontro si prolungava oltre il tempo abituale – gli spettatori venivano presi da un vero e proprio raptus isterico collettivo, che li spingeva non solo ad insultare pesantemente i due gladiatori, ma anche a chiedere che entrambi, se non avessero modificato il loro atteggiamento, fossero dati in pasto alle belve feroci.

Spesso poi alla fine dei combattimenti tra gladiatori avvenivano fenomeni che possono essere definiti solamente fenomeni di isterismo collettivo. Molti individui che avevano assistito agli spettacoli che avvenivano nell’arena degli anfiteatri si lanciavano nell’arena per succhiare avidamente il sangue ancora caldo dei gladiatori uccisi, poiché erano convinti che il sangue dei gladiatori uccisi fosse in grado di guarire alcune malattie. Possiamo dire che queste scene di vampirismo sui gladiatori uccisi sono scene veramente degne di figurare in un film dell’orrore.

Riguardo il fascino esercitato dai gladiatori sul popolo dobbiamo mettere in evidenza che i combattimenti tra gladiatori non erano oggetto di discussione tra gli individui appartenenti alle classi popolari solamente nel periodo di tempo durante il quale si svolgevano tali spettacoli negli anfiteatri, ma anche negli intervalli che trascorrevano tra uno spettacolo e l’altro i gladiatori erano sempre al centro delle discussioni dei loro ammiratori, cosicché possiamo affermare che il racconto delle imprese di determinati gladiatori, o il racconto dell’uccisione di un gladiatore famoso, oppure semplicemente le discussioni che a volte sfociavano in vere e proprie liti su quali fossero i gladiatori più valorosi che si esibivano negli anfiteatri erano uno stabile oggetto di discussione giornaliero (volendo fare un paragone con la nostra epoca, come oggi esistono i tifosi delle squadre di calcio che tutti i giorni parlano delle imprese dei loro idoli, e spesso sono pronti a scatenare delle vere e proprie liti con i tifosi di altre squadre al fine di sostenere che la loro squadra è migliore, allo stesso modo i “tifosi” di un determinato gladiatore parlavano quasi tutti i giorni del valore e dell’eroismo di quest’ultimo, ed inoltre erano pronti a scatenare violente liti con quelli che sostenevano che il gladiatore da loro esaltato era più valoroso, esattamente come succede oggi nel mondo del calcio. Alcuni autori cristiani affermano che in alcune liti sorte per questi motivi alcuni individui erano stati addirittura uccisi perché avevano messo in dubbio il valore di un determinato gladiatore. In conclusione possiamo dire che se oggi alcuni muoiono per liti dovute a motivi calcistici al tempo dell’impero romano alcuni individui vennero uccisi per motivi altrettanto banali, ovvero per il fanatismo che scatenavano non le squadre di calcio ma i combattimenti tra gladiatori).

Nel corso dei combattimenti tra gladiatori nelle arene degli anfiteatri avvenivano anche forti fenomeni che, volendo utilizzare le categorie della sociologia, possono essere considerati fenomeni di contagio psichico. Per chiarire come fossero forti questi fenomeni riassumeremo un episodio narrato da Agostino nelle Confessioni: episodio veramente molto significativo.

Agostino ci racconta che nel periodo della sua giovinezza aveva stretto un forte rapporto di amicizia con Alipio, uomo da lui molto stimato per le sue grandi virtù morali e per la sua lealtà e bontà. Un giorno Alipio venne trasportato a viva forza da alcuni suoi conoscenti nell’anfiteatro dove erano in corso combattimenti tra gladiatori. Alipio era sicuro che non si sarebbe mai fatto prendere da tali spettacoli, essendo contrario ad ogni forma di violenza. Ma mentre assisteva ai combattimenti tra i gladiatori Alipio contro la sua volontà cominciò a risentire del clima di esaltazione che esisteva all’interno dell’anfiteatro e cominciò ad osservare con interesse le lotte tra i gladiatori. Pian piano egli si rese conto che provava addirittura piacere nell’osservare i sanguinosi duelli tra i gladiatori e non provò nessun turbamento nel momento in cui assistette all’uccisione di alcuni gladiatori.

Questo episodio raccontato da Agostino dimostra come i crudeli spettacoli che avvenivano nelle arene degli anfiteatri potevano influenzare persino gli spettatori che odiavano la violenza gratuita ed erano dotati di nobili sentimenti. Ciò si può spiegare in un sol modo: all’interno degli anfiteatri sia a causa del numero grandissimo degli spettatori, sia a causa delle urla selvagge di tali spettatori, sia a causa del potere che la musica che accompagnava tali spettacoli aveva sulla mente degli spettatori, si scatenavano fenomeni di contagio psichico così violenti da condizionare chiunque, cosicché anche il più pacifico degli individui poteva diventare un sadico che godeva nel vedere il sangue dei gladiatori uccisi.

Agostino, nel raccontare tale episodio, mette in evidenza che Alipio proprio dopo aver visto il sangue dei gladiatori uccisi o feriti sparso sulla sabbia dell’arena dell’anfiteatro aveva addirittura cambiato il suo abituale sguardo ed aveva assunto uno sguardo feroce, che dimostrava come egli si divertisse in maniera scellerata: sembrava quasi che la sua personalità fosse cambiata, al punto tale che Agostino afferma che gli sembrava che Alipio fosse diventato simile in tutto e per tutto agli altri spettatori.

A questo punto riteniamo opportuno dire qualcosa sui giudizi che gli intellettuali romani davano intorno agli spettacoli che avvenivano nelle arene degli anfiteatri.

Per quanto riguarda gli intellettuali cristiani appare ampiamente scontato il fatto che essi condannavano duramente i combattimenti tra gladiatori, in quanto tali spettacoli erano totalmente incompatibili con la morale e con le credenze religiose dei cristiani.

Alcuni autori cristiani definivano i combattimenti tra gladiatori spettacoli di carattere demoniaco. A titolo di esempio del modo in cui gli intellettuali cristiani condannavano i giochi dei gladiatori citeremo il pensiero di Lattanzio. Egli riferendosi agli spettacoli che avvenivano nelle arene degli anfiteatri affermò che tutte quelle persone che si recavano negli anfiteatri per assistere con sadico piacere agli assassini dei gladiatori dimostravano di essere ancora peggiori dal punto di vista morale dei gladiatori che uccidevano i loro simili.

Lattanzio affermava che gli individui che assistevano a tali spettacoli avevano le stesse responsabilità morali di quelle persone che compivano degli omicidi o incitavano altre persone a compiere omicidi. Secondo Lattanzio neppure quei gladiatori che erano stati condannati a combattere nelle arene, in quanto si erano resi colpevoli di omicidi o di altri gravi reati, e neppure i prigionieri di guerra, meritavano di essere condannati a morire nelle arene degli anfiteatri al solo scopo di far divertire degli spettatori che dimostravano di essere crudeli e spietati e di essere più simili ad animali che non ad esseri umani.

Per quanto riguarda invece gli intellettuali pagani dobbiamo dire che una parte di essi era favorevole ai combattimenti tra gladiatori mentre un’altra parte, minoritaria, condannava tali combattimenti. Per quanto riguarda quelli che erano favorevoli citeremo il pensiero di Cicerone e di Plinio il Giovane mentre come rappresentante degli intellettuali pagani che erano contrari a tali spettacoli citeremo il pensiero di Seneca.

Cicerone era favorevole ai giochi dei gladiatori poiché era convinto che quando essi combattevano nell’arena le persone che assistevano a tali lotte venivano addestrate in maniera molto efficace a sopportare il dolore ed a non aver paura della morte. A nostro avviso risulta sorprendente che un uomo come Cicerone, dotato di principi morali e di grandi qualità intellettuali, utilizzasse per giustificare i combattimenti tra gladiatori un argomento così poco convincente. Infatti non ha senso affermare che gli spettatori che assistevano ai combattimenti tra gladiatori imparavano a sopportare il dolore, in quanto il dolore delle ferite certamente non era sopportato dagli spettatori, ma al contrario quelli che dovevano sopportare il dolore delle ferite e dovevano sfidare la morte erano solamente i gladiatori, mentre gli spettatori non sfidavano in nessun modo la morte ma si divertivano ad assistere alla morte degli altri con notevole ferocia.

A sua volta Plinio il Giovane aveva in più di un’occasione espresso un giudizio molto favorevole intorno ai combattimenti tra gladiatori in quanto a suo dire nei periodi nei quali Roma non era impegnata in nessuna guerra i massacri dei gladiatori che avvenivano nelle arene servivano ad aumentare il coraggio dei cittadini romani, in quanto essi ammirando l’amore della gloria e il desiderio di vittoria di tutti i gladiatori si abituavano a loro volta a desiderare della gloria in battaglia.

Per quanto riguarda gli intellettuali pagani che erano assolutamente contrari agli spettacoli che avvenivano nelle arene degli anfiteatri riteniamo opportuno citare il pensiero di Seneca, uno dei più importanti filosofi romani. Seneca sosteneva che le lotte tra gladiatori andavano condannate per almeno due motivi: in primo luogo, era assurdo ed espressione di grande ferocia provare piacere e divertimento nell’assistere all’uccisione dei gladiatori (Seneca metteva in evidenza che non si può cercare il divertimento in modo così barbaro). In secondo luogo, tali spettacoli facevano venir fuori la parte animalesca insita nella natura umana, ragion per cui erano oltre che crudeli e feroci anche dannosi, poiché il filosofo romano partiva dal principio che qualsiasi cosa riuscisse a rafforzare la parte più nobile della natura umana era da considerare degna di ammirazione e di lode, mentre qualsiasi cosa od evento che rafforzasse la parte animalesca presente nella natura umana doveva essere condannata senza nessuna discussione.

Prenderemo infine in considerazione l’atteggiamento assunto dagli imperatori romani nei riguardi dei combattimenti tra gladiatori, dal momento che non tutti gli imperatori davano gli stessi giudizi su tali spettacoli. Cominceremo da quelli che li esaltavano con maggiore enfasi.

Senza nessun dubbio uno degli imperatori che maggiormente provava piacere nell’organizzare e nell’assistere ai combattimenti tra gladiatori era Nerone, che in più di un’occasione dimostrò di provare un’eccitazione maniacale ancora più forte di quella provata dalla plebe nell’assistere ai massacri dei gladiatori.

Anche altri imperatori dimostrarono di gradire al massimo grado i combattimenti tra gladiatori. Per fare un esempio, Gallieno era tanto affascinato da tali spettacoli da ordinare che le scene più emozionanti alle quali aveva assistito durante tali combattimenti venissero addirittura incise sulle monete. Altri imperatori non si limitarono a manifestare il loro gradimento nei confronti delle lotte tra gladiatori in forma ufficiale, ma si diedero con grande impegno ad organizzare personalmente l’allestimento dei combattimenti in questione. Inoltre dobbiamo mettere in evidenza che alcuni imperatori vollero che le gesta dei gladiatori più famosi fossero tramandate ai posteri per mezzo di iscrizioni.

Tuttavia ci furono anche alcuni imperatori che non apprezzavano sul piano personale gli spettacoli che avvenivano negli anfiteatri. Per fare un esempio Marco Aurelio in più di un’occasione affermò in pubblico che giudicava i ludi tra gladiatori crudeli e noiosi al punto tale che avrebbe provato piacere ad abolirli. Ma, come abbiamo detto in precedenza, gli imperatori si servivano degli spettacoli negli anfiteatri per evitare che il popolo si rendesse conto delle proprie misere condizioni e del fatto che gli appartenenti alle classi subalterne venivano sfruttati dagli individui appartenenti alle classi dominanti. In sintesi i combattimenti tra gladiatori impedivano al popolo di prendere coscienza di cose che potevano metter in pericolo il potere degli imperatori e delle classi dominanti. Marco Aurelio, consapevole di tale fatto, benché fosse contrario ai combattimenti tra gladiatori affidò l’incarico di organizzare tali spettacoli ai cittadini più ricchi. In qualche circostanza Marco Aurelio decise di sovvenzionare egli stesso l’allestimento degli spettacoli che avvenivano negli anfiteatri, ben sapendo che tali spettacoli erano una specie di oppio per le classi popolari romane. Comunque c’è da dire che rispetto ad altri imperatori Marco Aurelio diminuì la quantità di denaro destinata all’allestimento di tali spettacoli. Anche Antonino Pio seguì l’esempio di Marco Aurelio diminuendo la quantità di denaro destinata all’allestimento di tali spettacoli.

Chiudiamo questo articolo chiarendo il comportamento e il giudizio dato da Costantino, primo imperatore cristiano, sui giochi che avvenivano nell’arena. Subito dopo la vittoria che Costantino ottenne su Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio l’imperatore, pur essendosi già convertito al cristianesimo, assistette in maniera ufficiale ai combattimenti tra gladiatori dimostrando in tal modo di gradire tali spettacoli. Tuttavia Costantino nel 324 promulgò una legge che aveva come scopo quello di proibire i combattimenti tra gladiatori nei periodi di tempo nei quali Roma non era impegnata in guerra. In realtà tale legge emanata da Costantino venne applicata in maniera molto blanda e poco frequentemente sempre per il solito motivo: anche Costantino temeva che se avesse realmente proibito in maniera sistematica i combattimenti tra gladiatori sarebbero potuti scoppiare rivolte ed insurrezioni che avrebbero potuto mettere in pericolo il suo regno, dal momento che il popolo romano era troppo affascinato dai combattimenti tra gladiatori per accettare di farne a meno.