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La Fabbrica del Terrore made in U. S. A. secondo Webster Griffin Tarpley

di Francesco Lamendola - 31/05/2010

 

Fin dal 2007 Arianna Editrice di Bologna ha tradotto in italiano e pubblicato l’ampia inchiesta di Webster Griffin Tarpley, giunta ormai alla quarta edizione negli Stati Uniti, «11 Settembre. La fabbrica del Terrore made in U.S.A.» (titolo originale: «9/11 Synthetic Terror»), un libro dal quale si può parzialmente dissentire, ma la cui lettura resta comunque indelebilmente impressa per la vastità degli scenari che apre e per la paurosa complessità - e, al tempo stesso, se ci è concesso l’ossimoro, per la incredibile semplicità - dei meccanismi e dei gruppi di potere coinvolti nella spirale del terrorismo internazionale.

La parte più originale del volume, infatti, è proprio quella in cui l’Autore dispiega davanti ai nostri occhi l’allucinante scenario di quello che egli definisce “il Terrorismo sintetico”, vale a dire un terrorismo di Stato, creato artificialmente dai servizi segreti, o da frammenti dei servizi segreti, di alcune potenze mondiali, prima fra tutte quella statunitense.

L’idea in sé non è nuova e rientra, come ognuno ben vede, nel più ampio panorama delle teorie politiche definite oggi, non senza una punta di disprezzo da parte della cultura ufficiale, cospirazioniste, a cominciare da quelle, dettagliate e suggestive, di David Icke, fino a quelle mensilmente portate avanti da riviste come «Nexus»; e che gli studiosi accademici disdegnano anche, o principalmente, a causa dei collegamenti che esse istituiscono con la problematica ufologica, con le “abductions” aliene e con gli esperimenti segreti condotti in alcune basi sotterranee, come l’area 51 del Nevada, forse in collusione con entità extraterrestri.

Ad ogni modo, il secondo capitolo del grosso volume di Webster Griffin Tarpley, intitolato appunto «Teoria e prassi del Terrorismo sintetico», si mantiene sul solido terreno di questo mondo e delinea un quadro d’insieme allarmante, ma anche verosimile, di come si possano fabbricare a tavolino le più gravi emergenze terroristiche, per poi ottenere dall’opinione pubblica, spaventata e disinformata, l’assenso necessario alle politiche delle élite occulte globali; politiche che, in un contesto democratico, non troverebbero consensi in condizioni normali, sia per la loro estrema distruttività sul piano ecologico, sia per la mostruosa avidità di potere e di risorse economiche e finanziarie di cui sono la brutale espressione.

 

«Il terrorismo, nell’era moderna - scrive l’Autore - è il mezzo  con cui le oligarchie scatenano contro i popoli guerre segrete, che sarebbe politicamente impossibile fare apertamente.  L’oligarchia, a sua volta, ha sempre lo stesso programma politico, che non è cambiato dai tempi di Tucidide, di Platone e dello scrittore, che gli storici classici chiamano Vecchio Oligarca (Pseudo Senofonte): il programma dell’oligarchia è di perpetuare l’oligarchia. La specifica forma politica ed economica dell’oligarchia è molto meno importante.

Secondo la visione ingenua, il terrorismo nasce direttamente dall’oppressione, dalla miseria economica e dalla disperazione politica. I popoli oppressi e sfruttati, o colonizzati da una potenza straniera, si suppone si uniscano spontaneamente, creino un’organizzazione e, dopo un certo periodo di tempo di preparazione, procedano alla lotta armata contro oppressori e occupanti. Ma questa è la più rara delle eccezioni.

Questa visione ingenua è cieca di fronte ai principali attori istituzionali nel mondo del terrorismo: le agenzie di servizi segreti come CIA, FBI, NSA, KGB, Stasi, MI6 e così via. Le agenzie dei servizi segreti sono istituzioni in cui è all’opera l’essenza stessa dell’oligarchia: poiché il godimento dei privilegi oligarchici arriva inevitabilmente a spese del popolo, divengono indispensabili metodi di controllo segreti. Le agenzie dei servizi segreti  nelle forme moderne risalgono alla Repubblica di Venezia, famosa per il suo consiglio di amministrazione dei servizi segreti, il Consiglio dei Dieci e la sua pervasiva rete di spie, informatori e provocatori; la Repubblica di Venezia è stato il sistema oligarchico più duratura della storia. Nonostante le differenze culturali tutte queste agenzie di servizi segreti sono fondamentalmente simili. Il terrorismo, in genere, inizia con queste agenzie segrete e oggi, con più probabilità, nei loro tentacoli privatizzati, come quelli che la comunità dell’intelligence negli USA ha iniziato ad avere a partire dal decreto esecutivo 12333 del presidente Reagan.

Le agenzie dei servizi segreti sono fataliste o realiste, nel senso che considerano inevitabili i cambiamenti sociali e politici su larga scala. Non appena identificano un fenomeno nascente che non hanno ancora penetrato, il loro unico pensiero è di come infiltrarvi i oro agenti e le loro risorse umane, così da poterlo guidare o influenzare man mano che cresce. Ogni volta che i leader delle agenzie di spionaggio vedono un treno che parte da una stazione, il loro unico pensiero è salirvi a bordo, indipendentemente dalla destinazione, come mi ha assicurato alcuni anni or sono il generale Paul Albert Scherer, ex capo del controspionaggio dell’esercito della Germania Ovest (“Militarischer Abschirmdienst”) e uno dei massimi esperti in questo campo. Ciò si applica a maggior ragione ai gruppi terroristici, su cui attenzione delle agenzie di servizi segreti è così concentrata che il loro compiuto è più spesso quello di fondare, e molto meno spesso quello di infiltrare gruppi già esistenti assumendone il controllo.

Il mondo delle agenzie d’intelligence è un regno di falsità, camuffamento, inganni, violenza, indicibili crudeltà, frodi, slealtà e tradimenti. È il più tetro e desolante settore dell’agire umano, dove nessun valore umano può esistere. Non conosce né misericordia, né speranza, né redenzione… [pp. 76-77]»

 

La panoramica di Webster Griffin Tarpley parte dalla “congiura delle poveri”, nella Londra di Giacomo I, l’anno di grazia 1605 (congiura dietro la quale si muovono gli agenti segreti veneziani, interessati a provocare un conflitto tra la l’Inghilterra e la Spagna) e arriva fono a Osama Bin Laden, che egli inserisce nella categoria degli “zimbelli”, insieme a Lee Oswald, il presunto uccisore di j. F. Kennedy: infatti, gli “zimbelli” sono degli assassini o dei capi terroristi completamente strumentalizzati dai servizi segreti per svolgere i lavori più sporchi, dopo di che vengono fatti sparire o vengono sostituiti da sosia, affinché l’opinione pubblica polarizzi sempre la propria attenzione su di essi e non sui loro possibili mandanti e burattinai.

Nel mezzo, la disamina di Tarpley comprende i circa trenta attentati orditi dalla CA alla vita di De Gaulle, a causa del suo rifiuto di integrarsi nel sistema politico-militare della N.A.T.O.; la riuscita eliminazione di Enrico Mattei, il geniale autore di un tentativo di sganciare l’economia italiana dal cartello petrolifero anglo-statunitense; il riuscito attentato a Kennedy; e l’intera stagione del terrorismo italiano e tedesco degli anni Settanta del ‘900. Ricordiamo che l’Autore si era a suo tempo particolarmente occupato del fenomeno delle Brigate Rosse e specialmente del rapimento di Aldo Moro, arrivando alla conclusione che uomini come Toni Negri, ad esempio, hanno svolto obiettivamente il ruolo di “zimbelli” nei confronti dell’oligarchia, ben decisa a impedire l’ingresso del P.C.I. nel governo e a consolidare i propri privilegi.

Ma ce n’è anche per Mazzini e per la “Giovine Italia”, che, secondo Tarpley, altro non sarebbe stata che una delle tante organizzazioni terroristiche finanziate e strumentalizzate dalla Marina britannica per creare difficoltà alle tre potenze che il liberalismo inglese si compiaceva di definire “arbitrarie”: Austria, Prussia e Russia.

Troppo ampio sarebbe il discorso anche solo per riassumere quest’unico capitolo del libro di Tarpley, che, in totale, conta 650 pagine; ma, ripetiamo, si tratta di una lettura affascinante, che stimola continuamente il senso critico del lettore e che lo guida a porsi in maniera nuova di fronte ad alcune presunte “verità” della storia moderna e contemporanea.

Il punto d’arrivo (provvisorio) è, ovviamente, l’attentato dell’11 settembre 2001: il più classico, il più spregiudicato, il più cinico di tutti gli attentati pianificati dall’oligarchia occulta per perseguire i propri fini: fuorviare l’opinione pubblica mondiale, ottenendo un mandato in bianco dai propri cittadini e gettando le basi, di fatto, per una dittatura poliziesca globale, oltretutto con il pretesto di difendere i “sacri” valori della libertà e della democrazia.