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Il Granaio della Memoria

di Elisabeth Zoja - 31/05/2010


Al prossimo incontro di Terra Madre, che si terrà a ottobre, Slow Food distribuirà mille telecamere a mille comunità indigene e contadine nel mondo. L’idea è quella di raccogliere riti, racconti e musiche per dar vita a un "Granaio della Memoria" in grado di preservare la diversità propria delle culture del cibo e che rischia di andare perduta.



carlo petrini
“Non ci fa paura la fatica ma la perdita di senso” ha dichiarato Carlo Petrini, patron di Slow Food e fondatore di Terra Madre
“Non ci fa paura la fatica ma la perdita di senso” ha dichiarato Carlo Petrini, patron di Slow Food e fondatore di Terra Madre, movimento che riunisce numerose reti locali per un nuovo modello agricolo. Per evitare questa perdita di senso Petrini ha lanciato un nuovo progetto di Slow Food in continuum con Terra Madre: il Granaio della Memoria.

Questo granaio dovrà essere “non un museo, ma una miniera dalla quale tutti possano poi attingere”, ha spiegato Petrini in un discorso tenuto il 15 maggio scorso nel quale presentava questo nuovo programma. Allo stesso modo in cui Slow Food è diventata ormai internazionale (copre 153 paesi), anche il Granaio della Memoria cercherà di raccogliere testimonianze da tutti gli angoli del mondo. La sua sede ufficiale sarà l’Università di Scienze gastronomiche a Pollenza, a una cinquantina di km a sud di Ancona.

Come verrà raccolta questa “memoria”?

“Al prossimo incontro di Terra Madre (a ottobre) io vorrei consegnare 1000 telecamere agli indigeni e ai contadini del mondo perché loro stessi raccontino la loro memoria, la loro vita, la saggezza e i drammi del passato”, spiega Petrini. Sono state scelte le telecamere perché si cercherà di registrare anche riti, dialetti e musiche, “L’universo non può essere raccontato nella monocultura del linguaggio scritto”.

Bisogna evitare questa monocoltura poiché “la biodiversità non esiste soltanto nelle sementi ma anche nelle lingue, nelle culture e nelle storie. Slow Food vuole ridare voce a chi è rimasto senza voce: gli indigeni che hanno perso il loro modo di coltivare la terra e le loro sementi, i contadini che sono i veri scienziati del campo e che non sono ascoltati. Le donne la cui attività è strettamente connessa alla vita, gli anziani che sono custodi delle esperienze”.

carlo petrini granaio del mondo slow food
“Al prossimo incontro di Terra Madre [a ottobre] io vorrei consegnare 1000 telecamere agli indigeni e ai contadini del mondo"
Il Granaio della Memoria raccoglierà dunque:

Testimonianze orali (per proteggere lingue a rischio di estinzione, come lo Haida, la lingua nativa dei canadesi)

Riti (ad esempio il Cantar Maggio, canto augurale per un buon raccolto)

Storie di vita

Musiche (come le percussioni suonate dalle donne delle isole Saloum in Senegal)

Prodotti contadini (come il caprino stagionato del Planalto di Bolona, nelle isole del Capo Verde).

L’idea di fondare questo granaio è nata da una constatazione, racconta Petrini: “Sappiamo tutti che c’è una perdita della trasmissione orale fra padri e figli, per una crisi dei rapporti intergenerazionali. Fra i giovani c’è la convinzione che ascoltare gli anziani non serva più a nulla, perché tanto su Google c’è tutto”.

All’osservazione che esistono già molti documentari di questo genere Petrini obietta: “La nostra proposta è diversa. […] Loro saranno protagonisti e registi delle loro storie. Io vorrei che davvero, nel granaio, entrasse tutto: come si cuoce il riso in Thailandia, quali sono i riti dei contadini del Belice o di quelli del Mozambico”.

Inoltre Petrini si augura di ricevere il sostegno di un personaggio considerevole: “Penso che la persona giusta per la consegna delle telecamere sia il nostro Nobel Dario Fo.

Come potrà, però, un movimento per la difesa della cultura alimentare come Slow Food, raccogliere un sapere che va ben oltre l’alimentazione?

“Slow Food ha capito che i fondamenti del cibo sono i fondamenti della vita, che la scienza e la storia del cibo sono la storia dell’umanità”, afferma Petrini, e offre un esempio: “Il primo atto di vita che fa un neonato è cercare la mammella della madre e succhiare il latte, e in questo modo dà piacere anche alla madre stessa, questa è gastronomia!” Oggi invece moltissime madri usano i tiralatte, anche quando non ne avrebbero bisogno. “Abbiamo oggi perso il rapporto col cibo”.

dario fo
“Penso che la persona giusta per la consegna delle telecamere sia il nostro Nobel Dario Fo”
Un’altra domanda rivolta spesso a Petrini è se il progetto sarà di destra o di sinistra. “Io non ci dormo la notte. Alcuni punti li abbiamo però ben chiari. L’essenza della nostra politica è la forte convinzione che la visione del mondo sia olistica, cioè che tutto sia connesso a tutto”.

“Destra e sinistra dicono che per la ripresa (dalla crisi) servono il rilancio dell’economia e dei consumi. […] Non hanno ancora capito che sviluppo sostenibilie è un ossimoro”. Secondo Petrini bisognerebbe invece ridurre i consumi; lo slogan del progetto suona, infatti: “intelligenza affettiva, austera anarchia”. “Il senso di un’intelligenza affettiva è il primo elemento forte del progetto Terra Madre, costituito da persone diverse fra loro, che parlano diverse lingue ma che trovano nelle tematiche comuni la forza di agire. Il secondo elemento forte di Terra Madre è l’austera anarchia, ognuno a casa sua applica i principi comuni secondo le consuetudini del paese in cui vive”.

Austerità significa però anche ridurre gli sprechi: attualmente “produciamo cibo per 12 miliardi di viventi”, afferma Petrini, ma ne nutriamo solo 6 (secondo le ultime indagini della FAO un miliardo di persone non mangia). Il patron di Slow Food la chiama “la follia del comprare 3, pagarlo 2 e consumare 1!”

Tali sprechi sono in forte contrasto con la cultura alimentare che abbiamo alle spalle. Molti grandi piatti della cucina italiana sono stati inventati con gli avanzi: “La ribollita toscana, gli agnolotti piemontesi, c’era in tutto questo una forma di rispetto”.

Secondo Petrini il Granaio della Memoria ci avvicinerà ai contadini, trasformandoci così in “co-produttori”. “È quello che gli antichi chiamavano il respiro della vita […] che deve essere in sintonia con la terra che metabolizza e ridà la vita. Se vogliamo accelerare questo meccanismo rompiamo il sistema”. Petrini conclude: “Bisogna ritrovare il tempo di fare le cose bene. Dobbiamo cambiare strada […] conoscere i contadini, pagare un po’ di più se la qualità è buona”.