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L'Italia senza ambiente

di Mario Tozzi - 07/06/2010

 

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Possiamo fare qualcosa per evitare che l’ennesima giornata della Terra diventi solo l’ennesima occasione perduta? Potremmo, volendo, a tutti i livelli. Prima di tutto potremmo noi, singoli cittadini, nel nostro “piccolo” quotidiano che può diventare un “grande” collettivo. Un esempio concreto? I consumi d’energia, che possiamo abbattere drasticamente con poche, semplici operazioni a buon mercato, per esempio utilizzando lampadine a basso consumo, elettrodomestici di classe A o spegnendo le famigerate spie di stand-by che, solo in Europa, impegnano l’energia di un paio di grosse centrali elettriche. Possiamo poi essere parchi nel consumo di acqua: basta avvitare i rompigetto ai rubinetti per miscelare acqua e aria al 50% e risparmiare di conseguenza. E possiamo distinguere i rifiuti, separarli per classi, preoccuparci che vengano differenziati.
Addirittura possiamo orientare i consumi, scegliendo in base alle etichette i prodotti maggiormente compatibili con un ambiente sano, influendo così sulla produzione dei beni. Possiamo infinire coibentare fino a rendere passive le nostre abitazioni da un punto di vista energetico.
Ma tutto questo serve a poco se non ci aiutano le istituzioni locali, se cioè il comune non  predispone la raccolta differenziata e non ripara la rete capillare delle tubature dell’acqua. O se, ancora, non si impegna a sostituire l’intera illuminazione pubblica con quella a luce fredda (led), recuperando in pochi anni quanto investito e risparmiando poi per sempre.
Purtroppo comuni e regioni hanno il respiro accorciato dal limite fatidico dei cinque anni delle elezioni, e dunque non riescono a condurre questo ragionamento fino in fondo. Ma ancora a poco serve tutto ciò se non c’è una politica governativa nazionale che vada in quella stessa direzione.
Invece in Italia si va nella direzione opposta: siamo il solo paese moderno in cui un ramo del parlamento ha espresso un documento scettico sul cambiamento climatico. E l’unico al mondo in cui il capo dell’esecutivo ci ha raccontato, tutto sorridente, che quest’anno ha fatto talmente freddo che lui si è preso ben tre raffreddori, dunque perché impegnarci contro il cambiamento climatico e gli sprechi, ché costa così tanto?
Questo è stato l’inizio d’anno più caldo dal 1881, ma la sensazione personale qui sembra contare più dei dati scientifici.
In ultima analisi, se non si sceglie il risparmio energetico a livello nazionale e la via delle energie rinnovabili, ma si ripropone incredibilmente il costosissimo nucleare, davvero i nostri piccoli sforzi casalinghi e quelli eventuali delle istituzioni locali servono a poco.
E tutto questo serve ancora meno se le multinazionali di impresa (le cosiddette corporation) non  sterzano a centottanta gradi, se cioè non imparano a perseguire un profitto verde.
Se non decolla in Italia un’industria delle rinnovabili - noi che siamo il paese del sole -  ma che speranze ci sono, quando in Germania lo sviluppo del solare è dieci volte maggiore che da noi? Se le imprese italiane non hanno nemmeno il coraggio di abbandonare per tempo lo shopper di plastica monouso, pure se abbiamo già noi stessi le eccellenze in quello biodegradabile, ma dove sono “innovazione & ricerca” su cui tutti gli altri hanno già puntato?
Uscirà dalla crisi economica l’imprenditore che meglio declinerà la parola ecologia, ma noi siamo troppo arretrati o ignoranti o in malafede per capirlo. Basti dire che tutte le industrie e i governi del mondo hanno responsabili scientifici, tranne noi, per capire l’importanza che diamo alla ricerca scientifica anche nel campo ambientale.
Non sappiamo negli altri paesi, ma per l’Italia la giornata dell’ambiente non ha molto  senso.