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Afghanistan: la guerra più lunga degli Stati Uniti

di Giampiero Gramaglia - 08/06/2010

Fonte: Il Fatto Quotidiano

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Gli strateghi della comunicazione dell’amministrazione Bush, che avevano inventato la formula della “guerra al terrorismo”, avevano anche parlato della “lunga guerra”. Barack Obama la guerra al terrorismo l’ha cancellata dai documenti strategici. Ma il conflitto in Afghanistan è divenuto il più lungo mai combattuto dagli Stati Uniti: 104 mesi dopo l’attacco ai talebani nel novembre 2001, la guerra afghana ha superato i 103 mesi di quella nel Vietnam. Diverso però il numero dei caduti Usa: furono oltre 58 mila allora, sono appena più di mille ora. Alle stelle, invece, i costi economici: in Afghanistan e in Iraq, per fare la guerra, Washington ha già speso più di mille miliardi di dollari, secondo i calcoli di una democratica dell’Illinois, Jan Scharowsky. I conflitti mondiali del XX Secolo – la Seconda guerra mondiale durò 44 mesi per gli americani, che vi entrarono dopo l’attacco a Pearl Harbour; la Grande Guerra neppure due anni – e i conflitti storici – la Guerra Civile 48 mesi, la rivoluzione contro i britannici 81 mesi – furono nettamente più brevi.

L’Iraq dura da 86 mesi ma s’avvia alla conclusione con il disimpegno dell’estate prossima; il Vietnam si trascinò dal 7 agosto 1964, quando il Congresso diede al presidente Johnson i poteri di guerra, al marzo del 1973, quando il presidente Nixon ordinò il ritiro di tutti i combattenti. In Afghanistan, il presidente Obama prevede che il ritiro delle truppe Usa cominci nel luglio 2011. Sul terreno, si prepara un’offensiva contro i talebani, imminente nel centro e nel sud del Paese. Le cronache fanno però pensare che all’offensiva, per ora, ci siano loro, i talebani: ieri hanno attaccato con tre kamikaze (rimasti sul terreno) un centro di addestramento della polizia a Kandahar, facendo due vittime, tra cui un americano; e nella provincia di Farah hanno intercettato, catturato e ucciso un mullah che – secondo un loro portavoce – “cooperava con il governo”.

Gli episodi di ieri seguono la decisione del presidente afghano Hamid Karzai, che è in Turchia per un vertice asiatico e un incontro trilaterale Turchia/Afghanistan/Pakistan, di sostituire di colpo i vertici dei servizi di sicurezza. I capi “dimessi” hanno così pagato un’incursione dei talebani – tre uomini vestiti da donna, con il burqa – che il 2 giugno erano riusciti ad avvicinarsi alla tenda della Jirga, l’Assemblea degli Anziani, dove c’erano 1600 delegati. Karzai cerca di voltare pagina e, intanto, prova ad attuare i consigli della Jirga incoraggiando il dialogo con i talebani moderati (ad esempio, accelerando la liberazione dal carcere di quanti sono imprigionati senza prove certe). L’offensiva americana imminente vorrebbe sottrarre ai talebani il controllo del territorio intorno a Kandahar. Ma la situazione sul terreno continua a deteriorarsi: con i dieci caduti di ieri – un giorno nero – dopo i cinque di domenica, i militari stranieri morti in Afghanistan a giugno sono già almeno 21. A maggio, furono 50: uno dei mesi più cruenti fra i 104 del conflitto. Il comandante delle forze internazionali, il generale Usa Stanley McChrystal, progetta un’azione più lenta e metodica delle precedenti offensive: vuole man mano conquistare la fiducia della gente.

Ma il progetto cozza contro episodi come quello del 21 febbraio: 23 civili furono uccisi per “gravi errori di valutazione”; e ammettere la colpa tre mesi dopo non restituisce le vittime alle loro famiglie. Sotto accusa, l’imperizia e l’approssimazione d’una squadra di operatori di droni Predator, di stanza in Nevada. Un rapporto dell’Onu afferma che i droni violano le leggi di guerra: i loro attacchi diretti dalla Cia hanno causato la morte “di centinaia di civili”. Riuniti a Madrid i delegati per Afghanistan e Pakistan di 30 Paesi preparano le prossime scadenze. A Bruxelles, la Nato ammette che servono almeno altri 450 addestratori (il 20% dei 2.300 previsti): devono mettere in grado le forze afgane di garantire gradualmente, dalla fine del 2010, la sicurezza nel loro Paese.