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Iraq. La verità è reato

di Alessia Lai - 09/06/2010

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Rivelare la verità è reato. Bradley Manning, un analista informatico dell’intelligence nordamericana è stato arrestato con l’accusa di aver trasmesso di nascosto a una ong, nello scorso aprile, il video che testimoniava di una strage compiuta da militari statunitensi a Baghdad nel 2007.
Il video aveva fatto il giro del mondo, era la registrazione di un’azione di militari Usa a bordo di un elicottero Apache. I soldati colpirono mortalmente dodici persone dopo essersi accertati in modo superficiale del fatto che queste possedessero delle armi. Ma i bersagli erano disarmati, e nel raid, che colpì anche il furgone dal quale le persone erano scese, vennero feriti anche due bambini, che si erano nascosti all’interno del veicolo.
Fra le vittime ci furono anche un cameraman della Reuters, Namir Noor Ewldeen, e il suo autista Saeed Chmagh. Erano immagini classificate come “secret”, nessuno poteva vedere quel che da anni viene detto: le truppe Usa sparano ai civili.
Per vie sconosciute il documento era giunto all’ong WikiLeaks, che lo aveva diffuso nell’aprile scorso con il titolo: “Collateral Murders” (Omicidi Collaterali).
Nel video si sente chiaramente la voce del mitragliere che insiste affinché dal comando gli diano il via libera per aprire il fuoco, affermando che quello che poi sarebbe stato identificato come il giornalista della Reuters stava puntando un’arma verso il velivolo “pronto a sparare”. In realtà Namir Noor Ewldeen impugnava un macchina fotografica. Ma il soldato ricevette il via libera e sparò senza esitazione, uccidendo sette persone su otto. L’ottavo, ferito gravemente ma vivo, l’autista Saeed Chmagh si trascinò a stento verso un cancello aperto nell’estremo tentativo di mettersi in salvo. “Sta cercando di raccogliere un arma, datemi il permesso di sparare”, gridò al comando di terra il mitragliere. Un nuovo ok diede la possibilità al soldato di aprire ancora una volta il fuoco. La strage era compiuta. Venne scoperta poco dopo dalle truppe di fanteria statunitensi, che arrivate sul posto trovarono dentro il furgone anche i due bimbi gravemente feriti. Era il 2007 e allora tutto venne tenuto nascosto. A tre anni di distanza le immagini sono state rese pubbliche dal sito della ong statunitense e i vertici militari Usa hanno dovuto ammettere l’errore pur senza calcare troppo la mano:“I due giornalisti non hanno fatto nulla per farsi riconoscere e per farci capire che avevano con sé macchine fotografiche e non armi”, si sono giustificati a Washington. Nessuno è stato quindi indagato né punito per quei fatti. L’unico a pagare sarà la presunta fonte che ha rivelato la strage.
Il portavoce di WikiLeaks, Daniel Schmitt, ha sottolineato che le loro fonti sono anonime: “non possiamo confermare nulla. Né sappiamo se questo uomo (Bradley Manning) è davvero la nostra fonte”. “Se lo fosse comunque - prosegue Schmitt - merita la nostra riconoscenza”. Ma Manning, comunque, è stato arrestato a Baghdad e ora si troverebbe detenuto in Quwait in attesa di processo. Sarebbe stato scoperto grazie a una soffiata di un ex hacker – scriveva ieri il New York Times - che avrebbe raccolto le sue  “confessioni” via e-mail e sms. Manning avrebbe inviato a WikiLeads circa 260mila dispacci diplomatici e un video di un raid aereo Usa in Afghanistan nel quale persero la vita 97 civili.