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Speciale McItaly

di Luca Bernardini - Valter Musso - Daniela Corso - 10/06/2010


 

 
 
Un nuovo panino è arrivato sui tavoli di MacDonald's (di seguito McD), accompagnato da una promozione pubblicitaria massiccia e, caso senza precedenti, dal patrocinio del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Il Dicastero riconosce in esso un importante mezzo per alleviare la crisi della nostra agricoltura e per avvicinare i giovani al gusto italiano attraverso alcuni prodotti simbolo. Il panino è McItaly, il cui nome sintetizza le realtà coinvolte: la multinazionale della ristorazione americana e l’Italia (basta entrare in un fast food McD per vedere il tricolore in ogni dove: nemmeno dopo la vittoria del mondiale di calcio se ne vedevano così tanti). Comunque cerchiamo, qui di seguito, di capire con i dati a disposizione e quelli che abbiamo ottenuto da interviste ai protagonisti, se tanta attenzione istituzionale sia fondata.
Noi di Slow Food crediamo di no: l’abbiamo scritto e detto in diversi interventi che trovate al fondo dell’articolo.
Come sottolinea il sociologo dei consumi Giampaolo Fabris su La Repubblica del 8/02/2010: «Legittimare come immagine una proposta alimentare tanto contrastante con quel modo di mangiare all’italiana, a cui viene accreditata nel mondo una indiscussa egemonia ed eccellenza, significa una colpevole concessione di credito. C’è una profonda differenza tra il cibo e ogni altro comparto del consumo. Il cibo è parte integrante della cultura materiale di un Paese, della sua identità. Il cibo è anche ideologia che esprime il sistema di valori della società che lo ha elaborato nei secoli».
A margine del ragionamento che andiamo a sviluppare concedeteci una battuta: viste le realtà coinvolte nella fornitura dei prodotti per la preparazione del panino, sarebbe stato più corretto il patrocinio del Ministero dello Sviluppo Economico (un tempo Ministero dell’Industria). Infatti il fornitore McD più vicino al mondo contadino è una cooperativa di secondo grado (sono "cooperative di cooperative" che si uniscono per fornire servizi comuni alle cooperative). Infatti tutti gli altri sono più vicini all’agroindustria che alla terra.
Ma soffermiamoci sugli aspetti educativi ed economici.

McD punta a incontrare il “gusto italiano”

Partiamo da un fatto. Il gusto italiano non esiste, o meglio esistono migliaia di sfumature del gusto locale, presenti se vogliamo addirittura in ogni nucleo famigliare. Esistono migliaia di panini che ciascuno di noi individuerebbe come suo panino “identitario”. McD sta rubando l’anima di un concetto ricco e complesso come può essere quello del Made in Italy.
Fra l’altro, chi prima della nuova proposta di McD ha mangiato qualcosa di simile al McItaly? Un panino con: hamburgher, crema di carciofi, una foglia di insalata, qualche grammo di asiago. Dove si è mai visto? Noi non l’abbiamo mai visto, anche se il Ministro Zaia afferma: «E’ un panino che potrebbero fare tranquillamente la mamma o la nonna a casa» (da Radio24, Il Gastronauta del 6/02/2010). Potrebbero ... ma intanto non lo fanno.
Il gusto italiano è un hamburger salsoso con insalata e una fetta di formaggio? Operazione di marketing senz’altro di successo quella di McD, in grado come si è visto di attirare anche importanti organismi istituzionali d’Italia.

Il McItaly non è educativo

«McItaly ci consentirà di dialogare con i giovani, lavorando sul loro imprinting gustativo: il 31% dei clienti McD ha un’età compresa tra i 20 e i 35 anni, l’11% tra i 15 e 19» parola del Ministro Zaia. Noi ribattiamo che molto probabilmente i ragazzi finiranno col mangiare distrattamente il McItaly. In poche parole i prodotti dop saranno gustati come il Big Mac. Provate a chiedere a un adolescente che sta addentando il MacItaly da dove viene l’asiago. Noi l’abbiamo fatto in un fast food piemontese. Nessun ragazzo/a ha risposto correttamente, ma non sembrano poi molto interessati alla cosa. Piuttosto osservano che il McItaly è troppo caro (4.20 euro, il Big Mac 3.60) e il formaggio neanche si sente: la crema di carciofi copre tutti i sapori. Tant’è che se chiedi loro quale è il vero panino italiano, che ti dicono? Pane e salame. Forse l’imprintig gustativo dalla M dorata dovrà aspettare... anche perché l’amministratore delegato della McD Italia, Roberto Masi, afferma: «il McItaly è un panino per adulti» (da La7 - Omnibus di giovedì 11/02/2010).

Il McItaly fa bene?

A questo punto una domanda sorge spontanea. Avevamo bisogno di questo panino? Guardando i dati nutrizionali, il McItaly non è né meglio né peggio degli altri panini del fast food. La cosa che lascia a dir poco perplessi è come il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali abbia potuto concedere il proprio patrocinio a un prodotto con così importanti criticità nutrizionali. Il McItaly assembla materie prime, che secondo gli standard industriali si possono anche definire di qualità, in un composto però completamente avulso dalla nostra tradizione. Nessun pasto della dieta mediterranea concentra così tanto sale, proteine e lipidi in una sola portata. Senza contare poi che il panino viene quasi sempre accompagnato da patate fritte e bibite zuccherate (un vero pranzo made in Italy...). Un solo pasto può raggiungere così il 60% delle calorie giornaliere raccomandate. Con il McItaly viene sdoganato come salubre un prodotto solo sul presupposto della qualità e provenienza delle materie prime, senza contestualizzare il prodotto in sé. Questo panino è una bomba di calorie (715 Kcal, il 36% del fabbisogno quotidiano di una donna) e sodio (3.3 g, cioè il 66% del fabbisogno quotidiano secondo l’Oms). Tutto questo pone il paradosso che da una parte il Ministero dell’agricoltura mette il proprio logo sul McItaly, dall’altra si impegna in campagne di concerto con il dicastero della Sanità contro l’obesità e le diete troppo ricche di sale, responsabili di ipertensione e malattie cardiovascolari. Vogliamo proprio dare l’ “imprinting” gustativo del McItaly ai giovani? I più colpiti dall’epidemia di obesità? Dalle pagine de La Stampa (10/02/2010) Giuseppe Mele, presidente della Federazione italiana medici e pediatri, afferma: «L’allarme è più che giustificato perché l’obesità infantile ha origine in età sempre più precoce e non riguarda l’aumento del volume delle cellule, come accade nel normale ingrassamento, bensì nel loro numero. Stiamo parlando di un’obesità che rischia di diventare irreversibile». Precisiamo che per quanto ci risulta il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali italiano è l’unico al mondo ad aver dato il proprio patrocinio a un panino McD. Ci sarà un motivo?

Il McItaly cibo quotidiano

Un’altra domanda: come si fa a identificare nel panino McItaly il gusto italiano? Sembra eccessivamente sbrigativo, una considerazione che non deve andare più in là di uno slogan. Ma non è su questo che qui ci vogliamo soffermare. Ritorniamo ai due concetti iniziali: economia ed educazione. Non stentiamo a credere che su questi due presupposti si fondi l’iniziativa del Ministero. Ogni giorno circa 16 milioni di italiani consumano pasti fuori casa (secondo altri dati 20). Di questi, 660 mila si recano da McD (cioè il 4,12%). I pasti forniti dalla multinazionale americana sono tanti, ma soddisfano solo in piccola parte le richieste. Sicuramente un ruolo più importante nell’avvicinare i giovani ai cibi di qualità sia dal punto di vista numerico sia dal punto di vista dell’educazione del gusto lo svolge la ristorazione collettiva. Pensiamo alle mense scolastiche, a quelle aziendali e ospedaliere. Realtà spesso pubbliche, alcune di queste hanno come fine l’educazione delle nuove generazione. Il più delle volte però le mense sono guidate da capitolati che hanno come unico obiettivo fornire pasti a basso prezzo, senza tenere conto della territorialità, della stagionalità o dell’apporto nutrizionale. Ci ricordiamo ancora della vicenda del pangasio nelle mense scolastiche...
Dobbiamo in primo luogo ripensare al ruolo delle mense quale ambiente ad alto valore didattico (senza trascurare l’aspetto economico). Fornendo prodotti di stagione e del territorio si incentiverebbe un’economia agricola virtuosa, rispettosa dell’ambiente e del lavoro contadino. Non grandi centrali di acquisto, dove il lavoro del contadino è solo un optional, dove l’unica cosa che interessa è la quantità a poco prezzo. Le mense che stringono accordi con i produttori locali e coinvolgono i commensali sono senza dubbio realtà che efficacemente fanno economia ed educazione. Formeranno persone ben nutrite e ottimi testimonial del Made in Italy. Quindi prima di McD lavoriamo e diamo il patrocinio alle mense. Aiutiamo le aziende (scuole, ospedali, ….) a costruire dei punti ristorazione che non siano in antitesi con il modo di mangiare sano e italiano.

«McD rappresenta un importante sbocco in nuovi segmenti di mercato per i nostri contadini. La nostra agricoltura non poteva perdere quest'occasione», On. Luca Zaia

Carne
La bresaola della Valtellina, che sappiamo essere fatta prevalentemente con carne brasiliana, proviente dalla Montana Spa, la quale appartiene al 50% al Gruppo Cremonini e al 50% alla Jbs S.a., multinazionale (guarda caso) brasiliana, «il più grande produttore al mondo di carni bovine» (dal loro sito).
«Ho spiegato al ministro Paolo De Castro (allora Ministro dell’agricoltura) - dice il presidente Renzo Fossato dell’Uniceb, l'unione degli importatori di carne - che senza la carne brasiliana noi non produrremo più la bresaola» (da La Repubblica 31/01/2008).
La carne degli hamburger è 100% italiana, ma l’azienda fornitrice è l’Inalca, al 50% della brasiliana Jbs già conosciuta sopra. Ma questa carne come viene prodotta, da dove deriva? Da allevamenti industriali? Quando si parla di allevamenti industriali, non dimentichiamo che si parla di quegli stabilimenti da tempo nell’occhio del ciclone per il loro disastroso impatto ambientale provocato dalle acque reflue, per le emissione di metano (gas serra circa 24 volte peggiore rispetto all’anidride carbonica) da parte dei ruminanti e per le accuse di non rispettare le regole minime riguardo al benessere degli animali. La vera promozione ed educazione sarebbe sostenere in primo luogo consumi alternativi a quelli della carne, o al più consumi di carne prodotta in modo sostenibile.
Formaggio - Il parmigiano reggiano, primo a entrare nel McD
Nel 2008, il panino “280gr” al parmigiano è stato il primo a inaugurare l’utilizzo di prodotti della tradizione italiana nel fast food.
Andando nello specifico si possono analizzare i dati relativi alla fornitura del parmigiano reggiano. Ebbene le richieste di fornitura del fast food hanno inciso per lo 0,05% sulle vendite del più famoso formaggio italiano. Dalle parole del presidente del consorzio Giuseppe Alai a Radio 24, si apprende infatti che sono stati venduti circa 5 milioni e mezzo di panini “280gr” al parmigiano. In ogni hamburger di questo tipo le fette di formaggio pesano circa 16 gr. Facendo un paio di calcoli, per grossolani che possano essere, si evince che la McD ha acquistato circa 88 000 Kg di formaggio, pari a circa 2200 forme. Se il parmigiano 13 mesi (quello utilizzato negli hamburger) costa 8.6 euro al Kg (dato Ismea prezzo al mercato di Modena dell’8/02/2010), alla fine le vendite al McD hanno fruttato ai produttori di parmigiano circa 760 000 euro (il giro di affari al consumo nel 2009 è stato di 1533 milioni di euro, Ansa 28/01/2010). Esso viene fornito in fette da 2 a 2,5 mm o come si legge dal sito “realizzato in questa forma particolare per McD” da Parmareggio (l’unico conferente). Sicuramente un dato importante, ma che poco incide sull’economia generale del principe dei nostri formaggi, oggi in crisi. Il lavoro da fare è ben più complesso. In primis si dovrebbe puntare sull’unicità del prodotto che si basa anche sulle diverse identità dei caselli. Differenza, non omologazione.
Resta da capire, a questo punto, quanto va in tasca al contadino? Dove sono i vantaggi per l’agricoltura italiana, se la M dorata continua ad acquistare prodotti da industrie alimentari, mantenendo così la filiera troppo lunga, dove i contadini restano al gradino più basso?
Intanto i veri problemi dell’agricoltura restano.

Olio extra vergine dei Monti Iblei
Come è già avvenuto per il Parmigiano Reggiano, anche in questo caso a fornire la McD è un unico produttore di olio dop Monti Iblei. Che bisogno c’era di un accordo commerciale con la multinazionale americana? Se lo chiedono soprattutto alcuni produttori che hanno preso le distanze,ritenendo l’operazione dannosa per l’immagine del loro prodotto.
Giuseppe Rosso, produttore di dop Monti Iblei da agricoltura biologica, da noi interpellato, conferma di sentirsi assolutamente demotivato a seguire la strada intrapresa dal Consorzio: «Alla luce di tutto il lavoro e di tutta la passione che sta dentro una bottiglia del nostro olio». Un olio di qualità, stando ai riconoscimenti e alle menzioni ottenute nelle varie edizioni dei più importanti saloni internazionali tematici. «Piuttosto esco dalla dop e continuo a produrre il mio extra vergine» conclude amaramente Rosso. Ancor più preoccupante secondo lui il fatto che alcuni componenti del Consorzio di tutela ritengono, in totale buona fede, questa iniziativa una grande opportunità, e abbiano appoggiato la concessione dell'uso del logo e del nome a questo accordo commerciale. Altra perplessità di Rosso riguarda le quantità prodotte dal Consorzio, a suo dire «assolutamente risibili». «Ricordo con nostalgia i tempi eroici – continua – quando ci battevamo contro alcune iniziative promosse dalle multinazionali dell'olio! Allora credevamo nelle dop come strumento di crescita economica attraverso la valorizzazione della grande qualità. Allora eravamo i "nemici" dell’industria alimentare, oggi ne siamo diventati i promotori, gli sponsor!»
A questa iniziale voce isolata si è unito di recente Sergio Gafà, altro produttore della dop Monti Iblei. In una lettera aperta Cafà espone le stesse perplessità di Rosso: «Se crediamo ancora alla Dop – scrive Gafà - il logo di un fast food non può diventare una medaglia al merito». Chi elegge i locali del fast food come tappa della propria pausa pranzo, sarà spinto poi ad andare alla ricerca della dop Monti Iblei nelle migliori enoteche e gastronomie? Riguardo il prezzo pagato al produttore pagato dalla McD, non può che essere basso. Quindi un danno d’immagine importante a fronte di un vantaggio risibile al fornitore, tra l’altro a oggi unico.
Il Presidente del Consorzio dop Monti Iblei, Salvatore Spatola, da noi raggiunto telefonicamente, ci tiene a precisare che il Consorzio non ha parte alcuna nelle scelte commerciali dei vari membri. Comunque egli ritiene positive le ricadute dell’operazione McItaly sul comparto in generale.
In realtà questo timido entusiasmo viene esaltato nel comunicato dello stesso Consorzio, dove l’accordo viene quasi acclamato come un’investitura onorifica: «L’operazione McItaly è seguita dal Consorzio con grande interesse, poiché l’olio dei suoi produttori è stato prescelto da McD, per questo progetto su scala nazionale, assieme a altri Consorzi ben più importanti». Parafrasando Gafà, non dovrebbe essere questa la medaglia al merito a cui una pregiata dop dovrebbe ambire.



La M fatta di asiago

Sembra spregiudicato e a nostro avviso scorretto l’uso di prodotti dop come l’asiago per raffigurare nelle pubblicità la M di McD. Sbagliano innanzitutto i consorzi, perchè poche forme vendute non possono ripagare il danno d’immagine. Senza poi dimenticare che i beneficiari all’interno dei consorzi sono sempre un’esigua minoranza, quando non addirittura unici (come succede per il Parmigiano Reggiano e l’olio extravergine dop dei Monti Iblei). Le dop sono il punto più alto come simbolo del Made in Italy nel mondo. «Del resto – scrive ancora Giampaolo Fabris nell’articolo su La Repubblica – già da tempo McD opera in una prospettiva di crescente captatio benevoltiae nei confronti di alcuni trend sociali emergenti – il glocal, la riscoperta del genius loci – ma soprattutto di difesa proattiva nei confronti di un crescendo di accuse che gli vengono rivolte. Promuovendo marginalmente la presenza di alcuni prodotti del territorio soprattutto per bonificare anche sotto il profilo nutrizionale la sua offerta. In realtà un’eccellente operazione di Pr. Flirtare con l’italianità - certificata in modo tanto autorevole – porta solo vantaggi alla multinazionale americana».

100% italiano. Un messaggio fuorviante?

«Il Gusto McD ha un nuovo sapore. Tutto italiano». Questo è lo slogan pubblicitario per il McItaly, dove troviamo sotto specificato: «formaggio asiago dop, crema di carciofi e pane all’olio extravergine di oliva. Sono solo alcuni degli ingredienti 100% italiani che oggi McD celebra con McItaly, un evento all’insegna dei sapori tipici della nostra tradizione».
Prendiamo in esame il pane. Vero è che, secondo il diritto comunitario e le recenti norme italiane che hanno dovuto adeguarsi, è considerabile "Made in Italy" il pane della McItaly anche se fatto con materia prima proveniente dall'estero, purché l'ultima trasformazione sostanziale avvenga in Italia. Ma se la farina utilizzata fosse stata prodotta con grano estero? Un ingrediente così fondamentale proveniente da chi sa dove ci farebbe considerare, nei fatti e non per legge, il pane ancora 100% italiano? La Richetti, di Caltagirone (Ct), da noi interpellata ci ha detto con orgoglio di essere la fornitrice del pane per il McItaly (2 milioni di pezzi surgelati da 125 gr al mese): usano nell’impasto farina di Manitoba e di semola con il 5% di olio dop Monti Iblei. Ma l’azienda siciliana non specifica se il grano utilizzato provenga dalla Penisola. La stessa pubblicità dell’insalata con bresaola igp pone il problema, sapendo che la maggior parte della carne utilizzata per produrre il salume valtellinese proviene dal Brasile. Anche qui lo slogan McD la presenta come ingrediente 100% italiano. Poco importa se il disciplinare prevede sia sufficiente che una fase del processo produttivo avvenga in una particolare area per ottenere la certificazione Igp. Bresaola fatta con carne brasiliana è 100% italiana? E cosa ne dice il Ministro Zaia che ha sempre tentato di spostare l'elemento centrale dell'origine sulla materia prima o almeno sulle tradizioni italiane?

McItaly, una brutta storia
McD contribuirà a salvare l’agricoltura italiana? La M dorata riuscirà a educare i propri clienti più giovani a una corretta dieta, facendo apprezzare loro i prodotti tradizionali dell’italica gastronomia? Non nascondiamoci dietro un dito. Il McItaly è una furbissima quanto efficace operazione di marketing, simile alle tante che abbiamo visto in questi anni dall’industria alimentare. Ma una realtà che considera il cibo come commodity e i clienti come semplici consumatori ha un’unica stella polare: il fatturato. Poco da obiettare, McD faccia i propri interessi, ma non fatecela passare come mission economico-educativa dalle alte valenze etiche. Per noi rimane sempre una brutta storia.

Trasmissioni sull’argomento (clicca sul titolo per andare sul pod cast)
Baobab – Radio Uno (4 febbraio)
Il Gastronauta – Radio24 (6 febbraio)
Omnibus – La7 (11 febbraio)

Articoli
Lettera al panino McItaly di Carlo Petrini (La Repubblica, 03/02/2010):
La Repubblica 3:2:2010.pdf

La resa di Zaia a Big Mac di Giampaolo Fabris (Affari&Finanza, 08/02/2010):
Affari e Finanza 8:02:2010.pdf

Clicca qui per leggere l'articolo Mc Donald's contro Slow Food - La carne è italiana... ma di vacca apparso su Nòva - Il Sole 24 Ore 3/08/10.

E qui dallo stesso autore e testata l'articolo Le vere origini dell'hamburger Mc Donald's che la pubblicità nasconde

A cura di
Luca Bernardini

Con la collaborazione di
Valter Musso
Daniela Corso