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Il Pentagono a caccia dell’uomo degli scoop

di Paolo Valentino - 13/06/2010



Il fondatore di Wikileaks potrebbe mettere online migliaia di file top secret

Migliaia di documenti segreti della diplomazia americana potrebbero entro breve fare la loro apparizione sulla rete e mettere in serio pericolo la sicurezza nazionale degli Stati Uniti. I servizi del Pentagono stanno freneticamente cercando di rintracciare l'australiano Julian Assange, fondatore del sito Internet Wikileaks, specializzato nella pubblicazione di carte top secret, in un disperato tentativo di convincerlo a non far uscire il materiale apparentemente in suo possesso, la cui pubblicazione metterebbe in grave imbarazzo Washington, rivelando analisi, giudizi riservati e orientamenti strategici degli Usa sull'intera regione mediorientale.

Secondo il Daily Beast, il quotidiano online diretto da Tina Brown, le autorità americane sono convinte che Assange abbia ricevuto in tutto o in parte i 260 mila fascicoli riservati del Dipartimento di Stato, che un analista dello spionaggio militare, Bradley Manning, ha scaricato dai computer governativi e trasmesso al fondatore di Wikileaks per farli pubblicare. Manning, 22 anni, era di stanza in Iraq ed è ora agli arresti in Kuwait, in attesa che un’indagine chiarisca l'entità dell'infrazione. «E' una cosa che prendiamo molto sul serio. Il danno potenziale ai nostri interessi è molto alto», ha detto il portavoce del ministero degli Esteri, P. J. Crowley.

Manning avrebbe avuto accesso ai cable, anche vecchi di alcuni anni, preparati dai diplomatici americani in tutto il Medio Oriente, riguardanti il lavoro dei governi arabi e dei loro leader. Le memorie fisse dei computer da cui ha scaricato i file sono attualmente all'esame degli specialisti del Pentagono. «A Hillary Clinton e ai suoi ambasciatori verrà un infarto, quando una mattina scopriranno che un intero archivio riservato di politica estera è a disposizione del pubblico» avrebbe detto Manning a Adrian Lamo, l'ex hacker che lo ha denunciato al Pentagono, dopo una serie di conversazioni online, durante le quali l'analista si era vantato delle sue imprese. Fra le altre cose, Manning avrebbe anche ammesso di essere stato lui a fornire a Wikileaks il video del 2007, mandato in rete da Assange nello scorso marzo, dove si vede l'attacco di un elicottero americano a Bagdad nel quale vennero uccisi 12 civili, compresi due dipendenti dell'agenzia Reuters.

L'uscita del video mandò in bestia i comandi militari Usa. Ma anche se coronata da successo, la caccia del Pentagono ad Assange potrebbe non servire a nulla. Gli stessi inquirenti coinvolti nella ricerca dell'australiano ammettono che non sia affatto chiaro cosa potrebbero legalmente fare per bloccare la pubblicazione dei documenti sul suo sito. Cerchiamo la sua cooperazione», ha detto al Daily Beast uno dei funzionari coinvolti nell'inchiesta. Assange non ha una dimora fissa. In marzo ha trascorso alcune settimane a Reykjavik, in Islanda, dove aveva organizzato il lancio del video dell'elicottero, titolato «Collateral Murder », assassinio collaterale.

In aprile era stato negli Usa, dove aveva rilasciato alcune interviste. Ma la scorsa settimana, atteso a New York al Personal Democracy Forum, si era collegato via Skype dall'Australia, dicendo che i suoi avvocati gli avevano raccomandato di non tornare in America. Venerdì mattina infine Assange doveva parlare a una conferenza internazionale di giornalisti investigativi a Las Vegas, ma all'ultimo momento ha cancellato per email l'impegno, invocando «problemi di sicurezza». Nel frattempo, Wikileaks mantiene un atteggiamento di ambiguità sulle sue intenzioni. Dapprima ha definito «non corrette », ma non le ha smentite del tutto, le informazioni secondo cui il sito avrebbe ricevuto i 260 mila cable di Manning. Poi, ieri mattina, ha messo le mani avanti, annunciando via Twitter che «ogni segno di comportamento inaccettabile da parte del Pentagono o dei suoi agenti verso di noi sarà condannato». Secondo gli inquirenti federali, il sito fa dei «giochetti semantici », mentre si prepara alla pubblicazione del materiale top-secret: «Forse non hanno tutti i 260 cablogrammi, ma ne hanno abbastanza per combinare guai», ha commentato un analista della Difesa.