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Quisquilie di guerra

di mazzetta - 13/06/2010



Il recente massacro israeliano a bordo di una delle navi della Freedom Flotilla ha indubbiamente scosso la palude del conflitto israelo-palestinese. L'evidenza del crimine e la sua violenza, il fatto che sia stato commesso per difendere un blocco illegale - perché lede i diritti umani dei detenuti a Gaza da Israele - e le immagini che hanno mostrato un assalto piratesco in acque internazionali, hanno avuto vasta eco. Il pessimo lavoro della propaganda israeliana, assolutamente stonata, ha ottenuto il solo risultato d'amplificarne a dismisura l’insuccesso.

A versare benzina sul fuoco è giunta l'arroganza del governo israeliano, un governo che si dice sia ostaggio dell'estrema destra e dei fanatici religiosi; destra e fanatici, in effetti, un seguito robusto ce l'hanno. A testimoniarlo ci sono il maccartismo e le aggressioni, anche fisiche, a chi si permette di dissentire; prendersi del traditore è un attimo. E' servito a poco pubblicare qualche minuto di video con “violenze” dei passeggeri, la censura del resto delle immagini ha fatto più rumore. La società dell'immagine in casi del genere si accorge dell'assenza di ciò che si aspetterebbe di vedere: non è così per le guerre, delle quali non vediamo nulla, non sentiamo mai l'opinione delle persone coinvolte e non ce ne meravigliamo affatto.

Anche il governo americano, pur proteggendo Israele (con l'aiuto dell'Italia e dell'Olanda) di fronte all'ONU, non ha potuto fare a meno di sollecitare un'inchiesta, accontentandosi anche di un'inchiesta israeliana con “osservatori” internazionali: “Ci aspettiamo che il governo israeliano conduca un'inchiesta veloce, credibile, trasparente e imparziale, che sia conforme agli standard internazionali e in grado di portare alla luce tutti i fatti che riguardano questo tragico incidente”.

Dall’insediamento di Obama questo genere di soccorsi un po' imbarazzati sono letti in Israele come la conferma del fatto che il presidente è uno sporco antisemita e un musulmano travestito, perché se fosse amico d'Israele avrebbe ignorato e basta. Ovviamente l'antisemitismo di Obama non è in questione, così come non è che gli Stati Uniti e la loro opinione pubblica siano percorsi da venti d'antisemitismo. E’ solo che dopo anni che Israele ha abusato delle leggi e della protezione occidentale, adesso è all'angolo, senza troppe opzioni praticabili.

Che gli States non siano antisemiti lo testimonia l'episodio che ha visto la decana dei corrispondenti della Casa Bianca costretta alla pensione per una battuta di pessimo gusto contro i coloni israeliani. Inutile dire che lo stesso genere d'affermazioni e ben altri livelli di razzismo sono stati tollerati per anni quando rivolti agli “islamici”. Fossero lucidi commentatori in missione, o persone travolte dalla senilità come la decana americana o come la Fallaci, sugli “islamici” hanno vomitato di tutto e hanno avuto un grande successo editoriale, con testi che possono essere considerati una specie di “I protocolli dei Savi di Teheran”, ovvero la riedizione dell'infame trucco già usato contro gli ebrei: far leva sulle pulsioni razziste per creare un nemico utile alla dittatura razzista.

Questa volta c'era da rimpiazzare il comunismo ormai evaporato e i musulmani sono andati benissimo, è bastato armarne un po' e provocarli ed ecco di nuovo l'utile nemico in splendida forma. Un nemico tanto temibile da giustificare l'occupazione delle pietraie afgane più a lungo della permanenza in Vietnam, passando per la demolizione dell'Iraq e molto altro.

Non c'è stata nessuna sanzione per chi ha vomitato razzismo sugli immigrati islamici, per chi li ha accusati di essere quinte colonne di chi progettava il “califfato” e la conquista dell'Europa. L'unico giornalista occidentale punito per le sue spudorate invenzioni é stato Renato Farina, subito premiato però con l'elezione in Parlamento, dove ora continua come se niente fosse ad informare i colleghi della grande minaccia. Sarebbe stato opportuno invece il contrario, ma l'aria che tira nel nostro paese la consociamo tutti e l'aria che tirava negli Stati Uniti ai tempi di Bush pure.

Quello che scoraggia è vedere che l'aria non è cambiata molto nemmeno negli Stati Uniti di Obama, che infatti su certe questioni sul piano internazionale si trova isolato, in compagnia del nostro paese e di pochi altri, come accadeva a Bush. Non deve stupire, perché del cambiamento annunciato da Obama non si è vista traccia. L'Iraq è ancora occupato e per niente sicuro, l'Afghanistan del “Surge 2, la vendetta” vede i talebani in discreta forma e il paese è guidato da un presidente che non ha alcuna autorità fuori da Kabul e che gli stessi americani hanno accusato di aver vinto le ultime elezioni con i brogli e la frode.

In più la guerra americana si è estesa al Pakistan e allo Yemen, proprio mentre la crisi batte forte alle porte e, pur distraendo gli americani dai teatri di battaglia, svuota le casse. Un vero problema esistenziale per un apparato bellico costosissimo che assorbe più della metà delle spese militari del mondo, costi delle guerre a parte. Anche Guantanamo è ancora aperta e si parla di Baghram in Afghanistan come della nuova Abu Ghraib.

Ancora tortura, ancora l'uso di espedienti giuridici del tutto illegali, come la creazione di una categoria giuridica di fantasia per i nemici catturati, che non sono criminali e nemmeno prigionieri di guerra: sono solo senza diritti destinati a vivere in luoghi sottratti a ogni giurisdizione che non sia quella militare. Per questo gli americani hanno detenuto parecchi innocenti per anni, cui non è nemmeno permesso fare appello; devono solo aspettare e sperare che gli americani prima o poi li liberino.

È la mancata soppressione di questa invenzione bushista la causa della permanenza di Guantanamo, non certo la paura che i “terroristi” fuggano dalle carceri americane, che tra i milioni di ospiti hanno personaggini che il feroce saladino se lo mangiano a colazione, ma che non riescono ad evadere dalle carceri di massima sicurezza.

Ora che l'ex-presidente Bush si è lasciato scappare che è vero che ha autorizzato la tortura e che lo rifarebbe, mandando in malora anni di negazionismo della sua amministrazione, la questione si salda con un'altra certezza: quella che l'amministrazione Bush (con lo zampino del governo Berlusconi e la complicità di quello di Blair) abbia falsificato brutalmente e dolosamente le “prove” con le quali ha giustificato l'aggressione all'Iraq, aggressione che di conseguenza si configura come un crimine contro l'umanità. Altro che guerra preventiva, altra categoria giuridica fantasy coniata e affermatasi recentemente.

Una posizione imbarazzante quella degli Stati Uniti, che però non sembrano voler affrontare la questione concludendo che, in ogni caso, “abbiamo fatto bene ad abbattere Saddam”. Sarà forse vero, ma non sposta i termini della questione e qualcuno in Israele si è risentito che proprio gli americani si siano messi a obiettare chiedendo inchieste e mettendo in questione ciò che fino a l'altro ieri non è mai stato minimamente in questione.

In effetti, c'è da chiedersi quando un paese - o un gruppo di paesi o un'organizzazione internazionale - si rivolgeranno mai al governo americano dicendo a proposito dell'invasione dell'Iraq: “ Ci aspettiamo che il governo americano conduca un'inchiesta veloce, credibile, trasparente e imparziale, che sia conforme agli standard internazionali, in grado di portare alla luce tutti i fatti che riguardano questo tragico incidente”. Sarebbe interessante leggere le risultanti di una simile inchiesta..