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Taci! il nemico ti ascolta...

di Luciano Fuschini - 13/06/2010

 




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Dittatura e totalitarismo non sono sinonimi. La dittatura è il governo assoluto di un uomo o di una oligarchia, che non comporta necessariamente l’imposizione di un’ideologia unica a tutto il tessuto sociale. Si possono dare spazi di autonomia a chiese, a correnti artistiche e letterarie, a ricercatori scientifici, purché non disturbino il manovratore; le comunità locali possono continuare a vivere secondo i loro costumi e tradizioni. Il totalitarismo invece pretende di imporre un’ideologia onnipervasiva. Le chiese devono piegarsi, gli artisti, gli scrittori, i registi devono adottare i temi e i moduli espressivi dettati dagli ideologi del Potere, la ricerca scientifica non può pervenire a conclusioni che mettano in dubbio gli schemi dominanti; la visione del mondo che si vuole diffondere e i comportamenti conseguenti sono imposti anche nella vita delle comunità, nel privato, nel costume, addirittura nell’abbigliamento. La dittatura si accontenta di impedire l’espressione del dissenso, il totalitarismo vuole impadronirsi delle menti.
La liberal-social-democrazia, giunta all’attuale stadio estremo, è un totalitarismo. L’ideologia liberal-social-democratica, coi suoi corollari progressisti, scientisti, tecnicisti ed economicisti, pervade ogni àmbito, occupa ogni spazio. Le religioni sono inaridite, artisti, scrittori e registi sono emarginati se non si adeguano ai gusti del mercato, a loro volta imposti, la legge del profitto governa  anche la ricerca scientifica; costumi, usanze, modi di vivere sono omologati attraverso tecniche pubblicitarie e processi di emulazione accuratamente sperimentati e messi a punto. Si tratta di un totalitarismo tanto più insidioso per le nostre menti in quanto non imposto con la coercizione poliziesca ma facendo uso di strumenti raffinati che ci fanno credere di essere liberi mentre subiamo un continuo lavaggio del cervello.
Anche tutto il sistema dell’informazione politica ovviamente si muove sotto la cappa totalitaria, esercitata non nel senso della proibizione di dire certe cose ma con le tecniche manipolatorie che le rendono inoffensive e impossibilitate a giungere alla coscienza delle grandi masse. Negli ultimi venti anni però l’oscuramento dei fatti ha  assunto una tale profondità e sistematicità che si può parlare di salto qualitativo. La mia tesi è che è già in corso il massiccio martellamento tipico della propaganda di guerra.

Limitiamoci per ora alle vicende recentissime. Qualche mese fa una nave russa dal carico misterioso veniva assalita e sequestrata da pirati al largo della Finlandia (pirati finlandesi? Ma quando mai?); un’imponente flotta da guerra russa, con apporto di unità americane, si metteva subito in caccia e dopo qualche giorno intercettava e liberava il cargo; negli stessi giorni strane esplosioni devastavano basi russe, una in particolare dove venivano distrutti “documenti segretissimi” secondo l’ammissione delle stesse autorità di quel Paese; sempre negli stessi giorni il primo ministro israeliano si rendeva improvvisamente irreperibile ai componenti stessi del suo governo; si sarebbe saputo poi che si era precipitato a Mosca per un colloquio tempestoso coi capi del Cremlino. Queste le poche notizie trapelate. Evidentemente è successo qualcosa di enorme gravità, come di enorme gravità fu la vicenda di Ustica. Ma allora almeno qualcuno ebbe la forza di imporre un’inchiesta seria. Questa volta silenzio assoluto. Chi erano i sequestratori della nave, a loro volta catturati? Cosa c’era su quella nave? Cosa si nasconde dietro le vicende frenetiche di quei giorni? Silenzio abissale, giustificabile solo con la censura dei tempi di guerra.
Ancora più recente è la vicenda delle navi, prevalentemente turche, che cercavano di portare aiuti umanitari a Gaza e sono state assalite sanguinosamente dai soldati israeliani. C’è voluta una vicenda tanto tragica perché finalmente ci si decidesse ad ammettere che due milioni di persone a Gaza sono sottoposte a un blocco che le affama. Prima, silenzio abissale. Nello stesso giorno dell’assalto israeliano, una base turca veniva pesantemente colpita con razzi dagli insorti curdi. Questi ultimi quando la Turchia era un fedele cane da guardia dell’Impero israelo-americano erano definiti “terroristi”, non sarà che ora sono diventati “combattenti della libertà” armati da Israele e USA, come furono del resto i guerriglieri islamici afghani quando si opponevano all’invasione sovietica, diventati ora improvvisamente “banditi” e “terroristi” perché difendono le loro terre dai “liberatori” della NATO? Nessuno affaccia queste ipotesi, perché agisce già la censura dei tempi di guerra. Ancora: lo stesso giorno dell’assalto israeliano ai pacifisti, si dimetteva non un pirla qualunque, ma il presidente della Repubblica federale tedesca, lo Stato cardine dell’UE. La notizia, che doveva essere clamorosa, è passata quasi sotto silenzio. Perché? Per parlarne si sarebbe dovuto chiarire che il presidente si era dimesso in seguito alle reazioni per sue dichiarazioni rilasciate nel corso di un’intervista. Aveva detto metà della verità, finalmente almeno metà: i soldati tedeschi e di altre nazioni sono in Afghanistan non per la lotta al terrorismo ma per motivi economici e commerciali. L’altra metà non ammessa è che tutto ciò che si è fatto dopo l’evento tuttora misterioso dell’11 settembre è stato un attacco imperialista per impadronirsi delle riserve strategiche di petrolio e per circondare Russia e Cina con basi militari, operazione che del resto fa capire anche le ragioni vere dell’invasione dei Balcani da parte della NATO nel 1999 col pretesto di un inesistente genocidio nel Kossovo. Non si è dato risalto alle dimissioni del presidente tedesco perché si sarebbe dovuto affrontare un tema troppo scottante. Considerazioni analoghe andrebbero fatte per le dimissioni del capo del governo giapponese, criticato per aver rinnovato l’affitto agli americani della base di Okinawa. Parlarne diffusamente avrebbe comportato il rischio di far ricordare il nostro asservimento alla potenza americana e alle sue basi sparse in tutto il mondo.
Queste omissioni, questi silenzi, queste censure, sono qualcosa di più della soggezione a un potere politico. Sono la prova che già agisce il controllo ferreo tipico dei tempi di guerra. Siamo al “Taci! Il nemico ti ascolta”. Non siamo ingenui. Sempre gli organi di informazione sono manipolati, sempre, anche in tempo di pace, fervono i preparativi per nuove guerre. Ma quando c’erano i due blocchi contrapposti nella “guerra fredda”, l’uno smascherava le menzogne dell’altro. Ora è calata una cappa pesante sul mondo intero. Non è più semplice dittatura né totalitarismo. Le reticenze e le deformazioni dei fatti sono quelle dei tempi di guerra. L’Impero sta già conducendo una guerra mondiale preventiva. Presto vi si contrapporranno alleanze che vanno delineandosi. Cerchiamo di esserne consapevoli. Da tempo i Poteri sanno che l’attuale sistema non regge più e lavorano per azzerare le loro contraddizioni con l’estrema risorsa: la guerra totale. L’apparato dell’ informazione è già diventato strumento di propaganda bellica.