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Le Regioni autonome tra spese e privilegi: ecco chi fa e chi disfa

di Marcello Foa - 13/06/2010

Tre al Nord, due al Sud; unite dai privilegi. E dai miliardi. Tanti miliardi. Da sempre le cinque Regioni a statuto speciale se la cavano egregiamente. Vecchia storia, che suscita non poche invidie tra i contribuenti delle Regioni ordinarie. Vecchia, ma in gran parte inesplorata. Quanto ci costano davvero? E come spendono i fondi? Il viaggio nei conti di Valle d’Aosta, Trentino-Alto Adige, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna inizia con una sorpresa.
CHI SPENDE DI PIÙ?
È opinione condivisa, anche se non sempre gradita, che il Nord mantenga il Sud. Il che è vero per l’Italia nel suo insieme, ma esaminando solo le cinque Regioni a statuto speciale, emerge un quadro alquanto diverso. Qual è la Regione con la spesa pubblica pro capite più elevata? Secondo i calcoli dal Centro Studi Unioncamere del Veneto riferiti a bilanci del 2009, il poco onorevole primato spetta alla Valle d’Aosta con 8.744 euro. Al secondo posto il Trentino-Alto Adige con 5.830 euro, poi il Friuli-Venezia Giulia con 4.481 euro, quarta la Sardegna con 3.723, ultima la Sicilia che con 3.163 euro spende mediamente per ogni cittadino, meno di tutte le altre.
Possibile? Sì. Il sociologo Luca Ricolfi conferma. Elaborando i dati del 2006 con il criterio della spesa discrezionale, la graduatoria risulta analoga. Dunque: la Sicilia è la regione meno assistita. In teoria, la realtà è diversa. Molto diversa.
ENTRATE E DISAVANZI
Per scattare una fotografia più nitida, la spesa da sola non basta; bisogna considerare anche le entrate e dunque il cosiddetto residuo fiscale. Gergo strano, quello degli economisti, e non di immediata comprensione. Il residuo fiscale è semplicemente la differenza fra tutte le entrate (fiscali e di altra natura) che le amministrazioni pubbliche prelevano e le risorse che spendono in un determinato territorio. La ricerca più recente è quella della Cgia di Mestre.
Premessa: nessuna delle cinque Regioni è in attivo. Sebbene possano trattenere gran parte delle imposte raccolte e godano di una spiccata autonomia legislativa, sono tutte in rosso. Ma con differenze sostanziali. Al primo gruppo appartengono Friuli-Venezia Giulia e Trentino-Aldo Adige con un deficit pro capite attorno ai 2mila euro; le altre sfondano quota 4mila con il primato negativo della Valle d’Aosta che sfiora i 5mila euro. Un altro duro colpo alla reputazione dei valdostani.
Eppure considerando le cifre assolute il quadro cambia ancora. Il deficit della Valle D’Aosta risulta di appena 617 milioni di euro, quello della Sicilia di quasi 22 miliardi, la Sardegna segna 7 miliardi, le altre due regioni si limitano a rossi di due miliardi ciascuna. Dunque, riepilogando: le tre regioni settentrionali costano alla collettività 4,8 miliardi, le due del sud ben 28,8 miliardi.
Un abisso, che fa riflettere. E che ribalta il responso della prima tappa. La Sardegna da sola genera un deficit che è una volta e mezzo quello delle tre regioni del Nord, la Sicilia addirittura quattro volte e mezzo. E non è finita qui.
IL VERO SPRECO
Luca Ricolfi è piemontese. I suoi modi sono garbati, l’eloquio è raffinato, ma il suo spirito è libero. Contrariamente a molti accademici non cerca di seguire l’onda, né di assecondare il pensiero dominante; ma va a verificare, di persona, dati e situazioni. Nel bel saggio Il sacco del Nord (Guerini e associati editore), il sociologo ha indossato anche i panni dell’economista, con risultati sorprendenti.
«Il residuo fiscale indica quanto di spende, ma non come si spende», dichiara al Giornale. Ovvero: i fondi generosamente elargiti dallo Stato centrale sono usati per arricchire il territorio o finiscono nel nulla? Il responso di Ricolfi è netto: «Il livello della spesa pubblica delle tre Regioni a statuto speciale del nord è eccessivo, ma i risultati che ottengono sono spesso eccellenti». Qualche esempio: la Giustizia civile di Bolzano è la più efficiente d’Italia e ogni anno contende il primato a Torino. I livelli scolastici del Friuli o del Trentino sono ottimi, ben sopra gli standard europei. Insomma, molto spesso c’è un ritorno sul territorio, a beneficio, diretto o indiretto, del cittadino, confermato dai dati sulla ricchezza personale. Le tre Regioni del Nord registrano redditi pro capite di circa 23 mila euro, oltre la media della Ue. E sperperano poco.
Il sociologo torinese ha esaminato le voci che riguardano sanità, scuola, giustizia civile e sistema carcerario, che rappresentano il 75 per cento della spesa complessiva. Nelle tre Regioni settentrionali il tasso medio di spreco è molto basso, inferiore al 15 per cento.
Nel Mezzogiorno è un’altra storia. Il livello di spesa di Sicilia e Sardegna è accompagnato da un pessimo utilizzo delle risorse finanziari. In queste due regioni il tasso di spreco è superiore al 50 per cento. Dunque, i servizi pubblici costano molto e rendono poco, meno della metà di quanto dovrebbero. I redditi pro capite crollano sotto i 14mila euro.
Se si considera l’evasione fiscale, il contesto diventa ancora più fosco. Ricolfi definisce l’intensità dell’evasione (contributiva e fiscale) come il rapporto tra gettito evaso e gettito proveniente da redditi occultabili (praticamente tutti eccetto le pensioni e gli stipendi pubblici). Seguendo questo criterio il Friuli-Venezia Giulia è la regione più virtuosa con un’intensità di evasione pari al 24,7%, seguita dal Trentino-Alto Adige con il 26,2% e la Valle d’Aosta con il 27,6%. Poi si apre una voragine: la Sardegna è al 51,3%, la Sicilia al 63,4%. Dunque, a Cagliari e dintorni solo un cittadino (o un’azienda) su due pagano il dovuto al fisco, a Palermo meno di quattro su dieci.
E tutto torna. Anche a statuto speciale, e dunque privilegiate rispetto a quelle ordinarie, le Regioni del Nord sono di gran lunga più efficienti e trasparenti di quelle del Sud. Rendono di più e costano, in assoluto, di meno.